Rileggendo questo libro, edito alcuni anni fa e uscito in Italia per Einaudi, sono tornata con la mente al terremoto dell' 11 marzo avvenuto in Giappone. Tutti i figli di Dio danzano è una raccolta di racconti, sullo sfondo il terremoto che ha colpito Kobe nel 1995. Le immagini di quello che è accaduto, il terrore della gente, le lacrime che silenziose scivolano sui volti di coloro che hanno perso i propri cari, vengono descritte da Murakami con astuta eleganza, con tono pacato e con un senso del rispetto difficile da spiegare.
I racconti si susseguono e il lettore raggiunge l'ultima pagina senza neppure accorgersene. La raccolta si apre con un racconto mistico, un uomo viene improvvisamente lasciato dalla moglie, la quale scrive un biglietto che lascia poco spazio all'immaginazione: "non ho intenzione di ritornare mai più" e poi ancora "vivere accanto a te è come avere al proprio fianco una bolla d'aria". Queste parola sono pietre scagliate contro un uomo che affronta la disperazione di un lutto (ogni storia che finisce è come un lutto, ognuno perde qualcosa, anche se in modo differente) seguendo il consiglio di un collega: una settimana di vacanza in un'altra regione per consegnare un pacchetto prezioso alla sorella. Il secondo racconto narra di un uomo, Miyake, che ha trovato il contatto con il suo essere attraverso i falò. Ma in realtà quello che lui cerca sembrerebbe proprio la morte, come il protagonista di quel racconto di Jack London, dal titolo Farsi un fuoco, tanto caro a Miyake e alla sua migliore amica Junko. Insieme infatti decideranno di morire. La morte torna in uno dei racconti centrali, Thailandia. Satsuki, una donna in carriera, cerca di staccare la spina facendo un viaggio in Thailandia. Per tutta la durata della vacanza sarà seguito da Nimit, una guida turistica che presto si rivelerà una giuda spirituale. Nimit infatti accompagna Satsuki da una signora anziana che vive in un villaggio povero, circondato da campi di riso a terrazze e animali magri. Il luogo sembra surreale così come le parole dell'anziana signora. Una specie di "divinazione", concluderà Satsuki ma Nimit le chiarisce le idee: quello che voleva dire la signora è che non serve investire troppe energie nel vivere, ci si deve preparare anche alla morte, "in un certo senso vivere e morire si equivalgono".
La magia che scaturisce dalla penna di Murakami travolge chiunque si accosti ai suoi romanzi. Traspare poesia, misticismo, amore. Murakami riesce a rendere ogni racconto, con perfetta maestria, un momento di riflessione anche per coloro che sono digiuni di cultura giapponese. Della sua nazione viene dipinto un quadro ricco di dettagli che aiutano a capire la mentalità dei giapponesi. Non ci sono fronzoli letterari, la scrittura è lineare ma efficace, il narrare un modo delicato di entrare nel mondo reale, quasi in punta di piedi sapendo però di avere tanto da dire.
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