lunedì 12 settembre 2011

Non tutti i bastardi sono di Vienna di Andrea Molesini

Una guerra che opprime e logora chi ne fa parte, chi tenta di sfuggirle invano, chi non ne vuole parlare e chi, invece, cerca di dimenticare. Una guerra che porta, inevitabilmente alla miseria, al disagio, alla povertà d'animo oltre a quella materiale, una guerra che consegna solo vinti e nessun vincitore. Questo è il punto di partenza della storia narrata da Andrea Molesini nel suo romanzo Non tutti i bastardi sono di Vienna, edito da Sellerio e vincitore del Premio Campiello.

Non tutti i bastardi sono di Vienna è una storia che fa riflettere, a metà tra il saggio storico e il romanzo. Ambientata nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, la nostra penisola trasuda una sconfitta che reca il sapore amaro della sofferenza, del dolore, del rispetto perduto, dell'onore calpestato, ma anche dell'umanità dimenticata, l'umanità dei molti giovani lasciati marcire nelle trincee. Molesini, tuttavia non si sofferma sull'orrore e sulla macabra estetica della guerra in trincea che aliena e svuota l'uomo ma indaga sul rapporto tra soldati e civili, tra chi aspetta il ritorno del figlio, o del marito, dal fronte e chi vuole mettersi in prima linea per difendere quell'Italia schiacciata dagli austriaci. L'autore indagata anche la vita quotidiana dei civili stessi.

E sarà proprio una facoltosa famiglia che vive a Refrontolo, paesino vicino al Piave, il fulcro di questo romanzo. La villa di famiglia, Villa Spada, diventa il luogo in cui si annida la paura, il dolore, la sete di vendetta ma anche le passioni e i sentimenti verso una guerra che non esclude nessuno. Non escluderà neppure il padrone della Villa, Guglielmo, un anziano e colto signore, a cui piace "incasellare in sentenze le cose del mondo", che si chiude nel Pensatoio ogni giorno e per tutta la giornata scrive un libro che mai verrà pubblicato, che crede in Buddha senza averne una conoscenza approfondita ma che non si tira indietro e guarda negli occhi il nemico quando questi bussa alla porta della sua villa per trasferirsi con i suoi soldati. E così Villa Spada diventa teatro di un'altra guerra, quella personale tra il nemico e l'oppresso, tra i vinti e i vincitori, tra la ferocia di cui è capace l'uomo in determinate situazioni e la vendetta, soprattutto dopo che il nemico abusa, non solo della casa, ma anche degli angeli del focolare, violentando donne e giovani ragazze. 

Paolo, la voce narrante, diciotto anni compiuti da poco, segue i consigli di Renato, il custode della villa, che fa parte del Servizio Informazioni dell'esercito italiano, e insieme offrono un rifugio ad un soldato americano. Appoggiato dal nonno, dalla nonna Nancy, dagli altri inservienti, Paolo continua questa sua silente battaglia contro il nemico. Eppure la perfezione dei suoi piani fallisce a causa di Loretta, la figlia di una inserviente che, animata da un odio innato e atavico, rivela agli austriaci i segreti di Paolo e del custode, mettendo in pericolo la loro vita. A nulla servirà fuggire, se non ad aggravare la loro, già precaria, situazione, trascinando nel baratro anche il nonno Guglielmo e il soldato che non vedrà mai la sua America.

Miseria e desolazione sono lo sfondo di questa storia intricata, dove c'è spazio anche per sentimenti come l'amore, in particolare quello di Paolo nei confronti di Giulia, poco più grande di lui, che sembra ricambiare il suo amore, salvo poi sottrarsi ogni volta alle effusioni, seppur adolescenziali. Il possesso che travolge l'animo di Paolo (possesso del corpo di Giulia oltre al suo cuore, ma anche di una vittoria negata, di una dignità oltremodo annichilita) portano il ragazzo a diventare uomo ancor prima che se ne renda conto. Gli ultimi attimi trascorsi con il nonno, i loro sguardi che si incrociano, i corpi che vorrebbero unirsi in un abbraccio senza fine, rivelano una maturità precoce, erroneamente precoce, che forse non avrebbe avuto senso di esistere se non ci fosse stata la guerra.

Andrea Molesini mette in scena una tematica forte quanto difficile da raccontare. L'autore, già conosciuto dal pubblico e dalla critica come traduttore e scrittore di opere per ragazzi, conserva lo stile favoleggiante, una certa visione poetica della realtà,una scrittura che, il più delle volte, appare pulita e in linea con la narrazione. Tuttavia alcune pagine sembrano faticose e alcuni punti dell'intreccio narrativo rivelano una certa complessità che appanna la storia e rende nebulosa la comprensione.

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