venerdì 30 dicembre 2011

"Homemade Christmas Card" di Camille Rose Garcia

Lo stupore e la fascinazione si provano ogni volta che ci si trova dinanzi alle opere di un artista amato e conosciuto. E quando l'umorismo e la fantasia diventano caratteristiche proprie di queste opere, non ci resta altro da fare che applaudire alla bravura e all'originalità dell'artista in questione.

E' quello che è accaduto quando, qualche giorno fa, ho letto l'ultimo post di Camille Rose Garcia sul suo blog, Snowy Brown Christmas. Non si tratta di quadri pop surrealisti; nel post Camille parla di Natale, di vacanze natalizie ma soprattutto di "Homemade Christmas Card", una follia, come viene chiamata dall'artista pop surrealista americana, che ha inizio ben dieci anni fa e sottolinea la sua passione per tutto ciò che è possibile creare con le proprie mani.

Infatti Camille Rose Garcia ammette che "this yearly tradition started many years ago, first because I didn’t want to buy and send out a bunch of things that would just end up in the landfill, second because I enjoy making things, and third, because no matter what is going on in the world that is awful, hopeless, maddening, and tragic, putting faces on miniature snowmen and bumbling around in the glitter bin takes my mind off of the noisy collapse of empire".

Come si può vedere dalle immagini, dietro alle Christmas Card, c'è un lavoro lungo che offre spazio alla creatività e all'immaginazione, oltre al concetto di riciclo dal momento che tutto ciò viene fatto con materiali antichi, in questo caso la scatola della nonna dimenticata in soffitta. Forse queste "Homemade Christmas Card" possono dare ispirazione a qualcuno per i prossimi biglietti d'auguri. 

giovedì 29 dicembre 2011

Heike Weber: Installazioni psichedeliche su pavimenti e pareti

Heike Weber è un'artista tedesca che realizza installazioni psichedeliche grazie all'uso di pennarelli indelebili su pavimenti e pareti che arrivano a ricoprire fino a 600 metri quadrati. 

Come si può notare dalle immagini, l'effetto è sorprendente. Un flusso di linee che si susseguono e si intrecciano creando un'entità vagamente reperibile ma impossibile da fissare nella mente, tanto che il risultato appare proprio come un'evoluzione continua che tende a incantare l'osservatore. 
La tridimensionalità e l'effetto ondulatorio (quindi il movimento) sono caratteristiche lampanti delle installazioni di Heike Weber. L'artista, presente alla mostra collettiva nel primo trimestre del 2011 presso la Galleria Zak a Castello Di Monteriggioni, ha riscosso e sta riscuotendo tuttora molto successo organizzando anche mostre personali all'interno delle quali le installazioni sono le protagoniste indiscusse. 

Miss Mirma - Martina Corradi: quando il surrealismo diventa noir

Martina Corradi (in arte Miss Mirma) è una visual designer che ama definirsi semplicemente artista. Diplomata in Grafica Pubblicitaria a Modena e successivamente laureata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha iniziato a lavorare come visual designer per l’ufficio stile di Alessandra Gandolfi per brand quali Guru, Ferrari e Lapin House. Tuttora lavora come visual designer a Carpi per Gaudì Jeans and Style

Ispirata continuamente dai suoi sogni, Miss Mirma dice di sognare tantissimo e di attingere da quel pozzo di immagini simboliche e archetipiche per inseguire un immaginario fantastico e onirico velato, tuttavia, da misteri e incertezze. L'arte di Miss Mirma fa appello al surrealismo e al simbolismo, alla pittura dei Preraffaelliti, dei Fiamminghi e di tutta quella schiera di artisti del Nord Europa che hanno cercato di andare oltre la classicità iconografica legata al Cristianesimo. 

Attingendo dall'arte italiana e fiamminga del '400 e quindi dalla confraternita nata nell'800 in Inghilterra, i Preraffaelliti appunto, Miss Mirma si avvale di un tratto personale volto a rappresentare volti e corpi femminili calati in atmosfere cupe ma intriganti. I dipinti di quest'artista italiana sono costruiti su intrecci narrativi fiabeschi che, tuttavia, si tingono di noir. Fiabe d'altri tempi, con "principesse" vestite (o meglio svestite) di nero e accompagnate da animali notturni. Le protagoniste di questi dipinti ammaliano l'osservatore, creando un'intimità con il pubblico che le ammira. 

Ci si domanda, guardando le opere di Martina Corradi, dove finisce il sogno e dove inizia la fiaba. E, nel contempo, ci si immerge in un mondo immaginario che esce dagli schemi del surrealismo tradizionale italiano per calarsi in atmosfere dalle quali sembra impossibile sottrarsi.


Una curiosità: Martina Corradi ha realizzato una linea di t-shirt che sottolinea la sua propensione ad unire l'arte alla moda. Questa linea è stata chiamata Black Forest, rievocando quelle atmosfere cupe, misteriose ma anche intriganti proprie dei dipinti dell'artista. Gli elementi ricorrenti sono le figure femminili e gli animali oltre a teschi e farfalle.  

mercoledì 28 dicembre 2011

Il nudo nelle fotografie di April-Lea Hutchison

Trattando di fotografia, talvolta si rischia di cadere nella trappola che vuole separare la fotografia digitale da quella analogica: il divario fra tradizione e tecnologia pura. Per coloro che sono appassionati di fotografia, nel senso lato del termine, spesso sono costretti a fare i conti con questi due stereotipi. Da una parte la fotografia analogica come mezzo comunicativo espressivo e tradizionale che innalza la fotografia stessa al ruolo che le compete, in opposizione il digitale quindi l'innovazione, la novità e, per alcuni, la semplificazione di un lavoro duro e faticoso.

Eppure dietro a queste due tecniche, spesso si trovano le medesime motivazioni in primis la ricerca, ma anche la scoperta, la voglia di indagare, la sete di conoscenza, il bisogno di sapere, di guardare oltre, sempre più in profondità. Rompere i classici canoni di bellezza. Quest'ultimo è solo uno degli obiettivi di April-Lea Hutchison. 

Il suo modo di raccontare attraverso la fotografia tende alla fusione fra ricerca di intimità con la persona che si trova di fronte all'obiettivo e nostalgia di un attimo che sfugge ancor prima di poter essere immortalato. Gli scatti di April-Lea Hutchison sono rivolti a corpi femminili nudi che sembrano voler esprimere una triste sensualità, fine a se stessa e priva di erotismo. Il nudo come sinonimo di imperfezione ma anche di solitudine. Corpi e volti femminili che spezzano il legame con il loro tempo, collocandosi in una dimensione che non conosce limiti e incertezze, dove le emozioni primeggiano sulla ragione e la razionalità. 

April-Lea Hutchison è fotografa e modella canadese. Utilizza diversi tipi di pellicole comprese polaroid.

lunedì 26 dicembre 2011

Oltre il racconto autobiografico: Annie Ernaux "L'écriture comme un couteau". Entretien avec Frédéric-Yves Jeannet

In occasione dell'uscita della nuova edizione per Gallimard del libro “L'écriture comme un couteau”. Entretien avec Frédéric-Yves Jeannet nel quale Annie Ernaux esplicita il suo approccio alla scrittura e rende conto della sua “posture d'écrivain”, propongo una mia traduzione dell’incipit.



In partenza


All’inizio di questa intervista sui libri che ho scritto e sulla mia pratica, il mio rapporto con la scrittura, ci tengo a segnalare i pericoli e i limiti di un esercizio nel quale tuttavia mi impegnerò con attenzione nella direzione della verità e della precisione. Notate che non ho usato la parola «opera». Per quanto mi riguarda, non è una parola che penso né che scrivo, è una parola per gli altri, come d'altronde la parola «scrittore». Sono quasi parole da necrologio, o quantomeno da manuali di letteratura, quando tutto è compiuto. Sono parole chiuse. Preferisco «scrittura», «scrivere», «fare libri», che evocano un’attività in corso.

Questi pericoli e questi limiti, dunque, sono più o meno gli stessi che si incontrano in ogni discorso retrospettivo su di sé. Voler chiarire, collegare ciò che era oscuro, informe, nel momento stesso in cui scrivevo, significa condannarmi a non rendere conto degli scivolamenti e delle sovrapposizioni di pensieri, di desideri, che hanno portato a un testo, a trascurare l'azione della vita, del presente, nell'elaborazione di quel testo. Quando si tratta di ricordare la scrittura, anche recente, la memoria vacilla ancor più che per qualsiasi altro evento della vita. Forse, alla fine, sarò costernata, oppressa dalla serietà, dalla gravità di questo tentativo di spiegazione – un fenomeno apparso nel XX secolo, prima non ci si spiegava così sul proprio lavoro. (No, nel XIX secolo, dimenticavo, Flaubert, da cui nasce tutto il male!) Forse avrò semplicemente voglia di ricordare una bambina che leggeva i racconti di L'Écho de la mode o scriveva lettere a un’amica immaginaria, sui gradini della scala, nella cucina stretta tra il caffè e l’emporio, e dire: deve essere cominciato lì. Sono già nel mito, quello della predestinazione alla scrittura…

 


Da “L'écriture comme un couteau”. Entretien avec Frédéric-Yves Jeannet - Éditions Stock, 2003, nuova idizione Gallimard , 2011




martedì 20 dicembre 2011

Street Art around the world

Oggi voglio far parlare queste immagini che raccontano quanto sia viva e forte la Street Art tanto che la si incontra in ogni angolo del mondo.






Una vita di donna: Annie Ernaux racconta la madre

“Era lei, le sue parole, le sue mani, i suoi gesti, la sua maniera di ridere e camminare, a unire la donna che sono alla bambina che sono stata. Ho perso l'ultimo legame con il mondo da cui provengo.”


--Annie Ernaux, Una vita di donna (Guanda, 1988, traduzione di Leonella Prato Caruso)--


Libro trovato, con fatica, in biblioteca. Un libro che mi è entrato dentro come tutto quello che sto scoprendo, da alcuni anni a questa parte, di Ernaux, scrittrice francese immensa.



Ho ripensato ad un’altra mia amatissima, Marguerite Duras che ha scritto “Ho avuto in sorte una madre dominata da una disperazione totale, dalla quale nemmeno i rari momenti felici della vita riuscivano a distoglierla. (...) Succedeva ogni giorno. Di questo sono sicura. Bruscamente. A un dato momento, ogni giorno, appariva la disperazione”. Annie Ernaux attraverso la scrittura rimette al mondo la madre. E scrivendo decide, forse per l'ultima volta, di abitare quel luogo e quel vuoto che il materno rappresentava, quell'altrove dopo averlo rinnegato per troppo tempo e tentato di riempirlo con il cibo e con il sesso, con i silenzi e le distanze. “Niente del suo corpo è sfuggito al mio sguardo. Credevo che crescendo sarei diventata come lei” scrive Annie Ernaux nel 1987.

lunedì 19 dicembre 2011

Few and Far all'Art Basel: la Street Art femminile in mostra a Miami


Art Basel Miami Beach è la mostra d'arte più prestigiosa d'America. Svoltasi dal 6 al 9 dicembre, l'undicesima edizione di Art Basel ha ospitato 260 gallerie provenienti da tutto il mondo ed oltre 2000 artisti. Le gallerie hanno dato spazio sia ad artisti affermati ma anche alle new entry del panorama artistico internazionale. Performance art, progetti di arte pubblica e video-arte sono solo solo una porzione di ciò che si poteva ammirare.  




E proprio per coloro che non hanno avuto la fortuna di essere presenti all'Art Basel Miami, ecco alcune fotografie scattate da Erin Ashford, famosa fotografa di Los Angeles, che ha immortalato alcuni momenti della composizione del murales di Few&Far. Dipinto in tre giorni mentre il pubblico ammirava, questo gruppo di artiste si sono fatte notare per la loro bravura e per il loro spiccato senso dell'umorismo.

Few&Far è un movimento che riunisce le donne di talento che amano e praticano la Street Art. Donne creative, artiste che sanno quello che vogliono e non temono di esibire le loro preferenze e i loro gusti in campo artistico e culturale. Forte dello scambio libero di idee, questo movimento promuove e celebra il potere e l'espressione della Street Art femminile. E la cosa interessante è l'apertura di questo gruppo di artiste verso  il confronto e lo scambio sociale nonché verso tutte le donne che condividono la stessa passione e sono pronte a dimostrarla in pubblico.

Lego house di Mike Doyle

Non si può dire che Mike Doyle sia privo di pazienza. Guardando le fotografie di queste case vittoriane realizzate con i Lego, una delle prime cose cui verrebbe da pensare è proprio il numero delle ore trascorse per realizzarle. Si parla di un quantitativo che si aggira tra le 400 e le 600 ore utilizzando circa 200.000 pezzi.
Creatività oltre a tenacia e pazienza. 

Come afferma lo stesso artista, le case vittoriane rappresentano "l'imprevedibilità intrinseca di quelle cose che sono il nostro fondamento". Le costruzioni "non offrono risposte o necessariamente una qualche speranza, ma i punti di fragilità della vita."










Cinderella e altre fiabe: il pop surrealismo della magaka Junko Mizuno

Se la fiaba di Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie, è stata più volte rivisitata da artisti del panorama pop surrealista ma anche da registi del calibro di Tim Burton , allo stesso modo la fiaba di Cenerentola è stata rimaneggiata nel corso degli anni e rivista ora in chiave moderna ora in chiave surreale. Ed è proprio la rivisitazione surreale e gotica di Junko Mizuno che ha attirato la mia attenzione.

Junko Mizuno è un'artista e fumettista giapponese che ha raggiunto il successo proprio grazie alla fiaba di Cinderella. Quest'ultima, secondo l'inclinazione artistica di Junko Mizuno, da giovane romantica e succube delle angherie familiari si trasforma in una ragazza dai modi accattivanti e sensuali, circondata tuttavia da un'atmosfera cupa e gotica: la matrigna, le sorellastre, il padre e persino il principe sono rappresentati come degli zombie; inoltre Cinderella, allo scoccar della mezzanotte,  perde l’occhio e quindi, per ritrovarla, il principe viaggerà di casa in casa alla ricerca della ragazza mentre le aspiranti pretendenti si toglieranno un occhio per dimostrargli che sono loro le prescelte.  

Ma Cenerentola non è l'unica fiaba rivisitata dall'artista giapponese. Negli ultimi anni gli Stati Uniti e l'Europa hanno conosciuto anche la versione di Junko Mizuno de La Sirenetta e Hansel e Gretel. Se nella prima fiaba la protagonista, metà donna e metà pesce, si prende gioco dei marinai per poi cibarsi di loro, in Hansel e Gretel il cibo è un trionfo di colori proprio per renderlo ancora più succulento e appetibile agli occhi del lettore.

Quello di Junko Mizuno è un mondo bizzarro e colorato, vivace e gioioso ma anche macabro e sensuale. Difficile non immaginare le sue opere. Basta un pizzico di fantasia e una certa attitudine ai sogni stravaganti ed ecco comparire nella nostra mente un'illustrazione di Junko Mizuno. L'arte psichedelica di quest'artista giapponese ha abbracciato la pop art americana e il pop surrealism trasformandolo in una giocosa e simbolica avventura, sottraendosi così alla rigidità del design e delle regole imposte nella sua terra.

"Esistono così tante sfaccettature in me stessa e nel mondo, non tutto è ciò che sembra, senza contare che il concetto di bello varia da persona a persona. Quindi mi limito a disegnare ciò che mi viene, senza riflettere se può risultare repellente o attraente per gli altri". Questa è la filosofia di Junko Mizuno.
L'artista, presentata a Roma, alla Galleria Mondo Bizzarro, tra la fine del 2010 e gli inizi del 2011, ha raggiunto notorietà anche nella capitale e le sue opere hanno colpito per la vivacità dei colori e l'umorismo, oltre alla sensualità, dei soggetti rappresentati. Di recente Junko Mizuno è stata presente a Rio Comicon a Rio de Janeiro dal 20 al 23 Ottobre.

domenica 18 dicembre 2011

Da Saramago a Hélia Correia con Bastardia: quando l'arte abbraccia la letteratura

Esattamente un mese fa si parlava, tra le pagine di questo blog, della raccolta di scritti e interviste di José Saramago, Pensar pensar y pensar edito da Datanews alla fine del 2010. Questa raccolta, come avevo anticipato, ha sollecitato la mia curiosità verso un dibattito attuale e interessante che vede la fusione tra arte e letteratura. 

Se José Saramago si è fatto interprete di un discorso personale che mette sotto i riflettori la letteratura stessa come modo di esprimersi e comunicare così come lo sono altre forme d'arte (pittura, scultura e ballo), il romanzo che presento oggi allarga la prospettiva conducendo verso un discorso che ha un rapporto speciale con l'arte (in particolare con il pop surrealismo, il simbolismo e il realismo magico, argomenti ampiamente trattati in questo blog).

Sto parlando del romanzo di Hélia Correia, Bastardia, edito da Caravan a maggio 2011. Un gioiello del panorama letterario portoghese, Bastardia racconta la storia di Moisés Duarte un giovane di Carnica, primogenito e unico figlio maschio, che decide di raggiungere il mare in seguito al racconto dello zio Cruz e della sua esperienza a contatto con le sirene. 

"Il mare entrò nella mente di Moisés, lì dove Dio non gli aveva concesso di entrare". E da questo momento in poi la storia assume contorni favolistici e si riempie di figure archetipiche: le donne rappresentate non come angelo del focolare ma corpi sudici che nascondono segreti, donne succubi di una vita che non le rappresenta. La condizione di succube viene vissuta, in particolar modo, dalle sirene, figure mitiche presenti nel racconto dello zio Cruz e che risalgono ad Ulisse, "mostri impossibili da comprendere, un'assoluta bizzarria (...) le sirene che esistono nella realtà non distruggono più per annegamento. Gli basta assistere alla delusione".
Ed è una delusione tutta terrena quella che vivono gli uomini, marinai specialmente, dopo aver incontrato le sirene. 

Moisés vuole raggiungere il mare, afferma di "voler sapere". La sua sete di conoscenza è così profonda e così dannatamente testarda che lo farà viaggiare per intere giornate, rocambolesche avventure che lo porteranno sempre più in là, dove un "mare d'argento" sfiora la linea dell'orizzonte. E difatti la meta di Moisés è proprio "il punto dove il sole sarebbe tramontato". Un tramonto metaforico, che segna la fine del suo viaggio, anche di quello interiore che lo vede combattere contro ogni avversità, in primis le reticenze della sua famiglia, pur di avere delle risposte, pur di sapere e conoscere. E in questo, il legame con Ulisse appare tanto forte quanto significativo se inserito all'interno di un contesto letterario di ampio respiro che abbraccia tutta la letteratura occidentale e non solo.

"Moisés vide la lunga spiaggia e in fondo, finalmente, il mare". Qui il ragazzo avrà le risposte che tanto cercava e conoscere le sirene. A sopraffarlo non sarà la delusione, ma solo l'amara verità che si trova, spesso, nascosta dietro ogni prezioso segreto.

venerdì 16 dicembre 2011

I Love Candies: toys pop surrealisti alla Dorothy Circus Gallery

Alessio Vidal
Olivas e Peters
La scultura Pop Surrealista fa sfoggio di alcune delle sue opere migliori in prossimità delle feste natalizie. Dal 16 dicembre al 15 gennaio, la Dorothy Circus Gallery di Roma, aprirà le porte ad una mostra collettiva, I love Candies, che riunirà i toys di alcuni famosi artisti della scena pop surrealista nazionale e internazionale.

Nomi come Ron English, Franz Kozik, Kathie Olivas e Brandt Peters, ma anche Alessio Vidal, Yosuke Ueno, Stefano Bessoni saranno presenti con le loro sculture immaginifiche e surreali. Artisti a trecentosessanta gradi, che abbracciano la pop art e la street art (lo si è visto, proprio in un articolo  qualche settimana fa a proposito di Ron English) ma non disdegnano neppure altre forme d'arte che ambiscono alla creazione pura, un flusso di coscienza che attinge le radici nella mente per scivolare nelle mani di questi artisti.

Stefano Bessoni
I toys di Ron English sono divenuti famosi per il loro design accattivante e per le motivazioni che muovono l'artista verso forme sempre più esplicite per fare propaganda o per comunicare con la gente. La coppia Peters-Olivas presenterà alcune sculture volte a colpire l'attenzione del pubblico, già affascinato dai loro famosi teschi. E di teschi (ma non solo) è pregna anche l'arte dell'artista giapponese Yosuke Ueno. Opere, le sue, bizzarre e surreali, che associano la pop art con la magia e il mistero della cultura nipponica. Interessanti sono anche le sculture dell'artista italiano Alessio Vidal, Manny e Big Tender, che rappresentano invece la rivelazione del made in italy, così come firmati made in italy sono anche i toys di Stefano Bessoni, teschi, ossa di animali e bambole macabre.

giovedì 15 dicembre 2011

Juxtapoz Magazine Gennaio 2012: Audrey Kawasaki e Peter Beste

La copertina di Juxtapoz Magazine -
Gennaio 2012

Juxtapoz Magazine augura un buon 2012 anticipando la nuova copertina di Gennaio che vedrà protagonista Audrey Kawasaki oltre ad altri artisti tra cui Peter Beste. Il nuovo anno apre il sipario all'arte pop surrealista velata da eleganza e raffinatezza, caratteristiche proprie dei dipinti di Kawasaki. L'artista, già presentata tra le pagine di questo blog, è famosa per i suoi quadri su tavole di legno, per gli acrilici brillanti, per la sensualità dei soggetti femminili disegnati ma anche per l'erotismo che gli stessi sprigionano. 

Audrey Kawasaki è un'artista giapponese che tende, nelle sue opere, a fondere l'arte dei manga con lo stile dell'Art Nouveau. In particolare, la critica tende a considerarla la vera erede di Klimt proprio per la sua capacità di riprodurre, sul legno, la vena artistica del grande pittore austriaco, la sua propensione al simbolismo, all'evocazione e all'eleganza. Se nei quadri di Klimt l'intreccio narrativo alterna reale e non reale, nei quadri di Kawasaki l'immaginifico, il surreale e l'inconscio sono parti integranti di ogni suo quadro, quel valore aggiunto che dona, alle opere stesse, una qualità espressiva difficilmente classificabile.

Nel numero di Gennaio 2012, Juxtapoz Magazine presenta anche altri artisti pop surrealisti, street artist e fotografi di fama internazionale. Tra questi Peter Beste, fotografo newyorkese, si distingue per aver concentrato le sue attenzione sulla scena black metal norvegese. I suoi lavori sono raccolti nella monografia True norwegian black metal. In questo libro fotografie e musica black metal scandinava si fondono creando un ritmo sospeso tra le atmosfere enigmatiche e silenziose del Nord Europa e la magia di uno scatto che tende ad immortale, con assoluta perfezione, tutto ciò che incontra. 

venerdì 9 dicembre 2011

Taetrum et Dulce: il Pop Surrealism dalla California all'Italia in mostra a MondoPop Gallery

Taetrum et Dulce è il titolo della mostra collettiva che Mondopop Gallery di Roma ospiterà da domani, 10 dicembre, fino al 21 gennaio 2012. Un appuntamento, curato da David Vecchiato e Dan Barry, che vede riuniti gli artisti di punta del pop surrealism e della lowbrow art come Victor Castillo, Tiffany Liu, Paola Sala, Nicola Alessandrini, Charlie Immer oltre agli stessi Vecchiato e Barry.

La cultura pop americana si unisce, ancora una volta, a quella italiana evidenziando un fil rouge che da oltreoceano si è diffuso anche nel nostro Paese. Più volte infatti, tra le pagine di questo blog, si è parlato della correnti artistiche americane nate intorno agli anni '70 e sviluppatesi nel corso degli ultimi decenni con  forti ripercussioni anche sul panorama culturale internazionale.

Charlie Immer
MondoPop Gallery offre la possibilità di toccare con mano l'evoluzione del pop surrealism e della lowbrow americana in Italia passando dall'arte visionaria e straordinariamente vibrante di Charlie Immer (giovane illustratore americano che ha incantato pubblico e critica grazie ai suoi dipinti caratterizzati da bizzarri personaggi sottomarini e non che mostrano l'interno del loro corpo) a quella più squisitamente sognante di Tiffany Liu (originaria di Taipei - Taiwan che si è formata all'Art Center College of Design, Pasadena in California) dove cultura giapponese e americana si fondono in dipinti surreali e onirici, per arrivare alle opere dell'italiano Nicola Alessandrini, dove la pop art americana si fonda con un mondo immaginifico e figure archetipiche dove trova spazio anche la riflessione sulla forza irrazionale umana.
Tiffany Liu
Come detto poc'anzi, tra gli artisti italiani sarà presente anche uno dei due curatori della mostra, David Vecchiato, il quale, oltre ad essere un artista pop surrealista di fama internazionale (espone anche negli Stati Uniti, nelle gallerie di punta dell'arte lowbrow a Los Angels) collabora periodicamente con La Repubblica XL.

giovedì 1 dicembre 2011

Cotton Party: il pop surrealismo di Yoko D’Holbachie in mostra dal 3 dicembre a Mondo Bizzarro Gallery

 La prima volta che ho visto i suoi quadri sembrava di stare in un sogno: colori vivaci, soggetti strani, a metà tra pesci e insetti, tentacoli, sguardi ipnotici. Sto parlando dei lavori di Yoko D’Holbachie, artista giapponese nata a Yokohama, che ora vive e lavora a Tokyo. Yoko D’Holbachie ha raggiunto presto la notorietà tanto da esporre in famose gallerie pop surrealiste italiane e d'oltreoceano. Dal 3 dicembre, infatti, Mondo Bizzarro Gallery, a Roma, ospiterà le opere di questa artista fino al 10 gennaio 2012 in una mostra dal titolo Cotton Party.

I soggetti dei quadri di Yoko D’Holbachie sembrano provenire da un sogno. Difficili da identificare, questi strani personaggi riflettono la fantasia dell'artista, la sua vena pittorica, un flusso di coscienza che affonda le radici nell'infanzia di D’Holbachie caratterizzati da una creatività esplosiva e da una madre che la stimolò, fin dalla tenera età, a dipingere utilizzando colori vivaci.

La stessa  Yoko D’Holbachie, come ha dichiarato in un intervista apparsa sul sito Slowart.it, non saprebbe definire i personaggi dei suoi quadri, né dare loro un significato. D’Holbachie riesce ad esternare le immagini che popolano la sua mente ormai da anni, attraverso un processo doloroso e felice al tempo stesso, apportando quindi una forma e un'identità a queste figure che, nella mente dell'artista, apparivano sfocate. Come Yoko D’Holbachie ha asserito, le immagini non si esauriscono mai e questo l'aiuta a lavorare come fosse un'artista.  

Yoko D’Holbachie utilizza colori ad olio e acrilici brillanti per realizzare i suoi soggetti che richiamano il pop surrealism e i mangaka di Junko Mizuno, l'arte Kawaii e lo stile più spiccatamente pop surrealista di Mark Ryden. Tutto questo e molto ancora si potrà ammirare a Mondo Bizzarro Gallery a partire dal 3 dicembre. L'arte pop surrealista e psichedelica, onirica e immaginifica di Yoko D’Holbachie attrae e fa sognare, conducendo l'osservatore in un mondo meraviglioso dove le regole vengono sovvertite.

AAA Attention Ausgang! - Mondo gatto: Anthony Ausgang dal 2 dicembre alla Galleria Antonio Colombo

Sarà presente da domani, 2 dicembre, alla Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea di Milano, Anthony Ausgang, illustratore californiano che vive a lavora a Los Angeles, uno dei maggiori esponenti del pop surrealism. Le sue opere vedono la fusione di questa "giovane" corrente artistica con la pop art di stampo americano e la street art, oltre ad un evidente amore per i cartoni animati risalenti agli anni '50.

La Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea, nata con l'obiettivo di promuovere e sponsorizzare gli artisti esordienti, aprendo loro la strada verso il pubblico e accrescendone la popolarità, ha visto il passaggio di molti artisti italiani e non che hanno apportato, grazie alle loro  opere, una ventata di freschezza e originalità al panorama artistico italiano. Da domani, 2 dicembre, sarà possibile ammirare i quadri di Anthony Ausgang. L'evento rappresenta la prima personale dell'artista californiano: AAA Attention Ausgang! (Mondo gatto)

La mostra, curata da Luca Beatrice, sarà animata dai dipinti in acrilico di Ausgang dove pop music, arte contemporanea e avanguardie stilistiche trovano spazio in quadri psichedelici e surreali, umoristici e bizzarri. Quadri come singole vignette di fumetti, pezzi di storia illustrata dove il dipinto sostituisce la forza della fotografia e del cinema stesso. Anthony Ausgang è consapevole delle influenze che ha ricevuto il pop surrealism negli ultimi anni in California, tuttavia ha coscienza anche della manifestazione di queste correnti artistiche nel panorama italiano, soprattutto nella capitale.

La copertina del gruppo MGMT disegnata da
Ausgang
Anthony Ausgang è infatti entrato in contatto più volte negli ultimi anni, in seguito agli inviti da parte di varie Gallerie d'arte, con il pop surrealism e la street art romana. Già presente alla mostra Big Bang organizzata da MondoPop Roma a marzo del 2011, al festival Urban Superstar Show, a maggio del 2010 a Napoli, organizzato da Napoli Comicon e MondoPop Roma (con la partecipazione di David Vecchiato), e nel 2009 a Fantasilandia, alla Galleria Antonio Colombo, curata da Julie Kogler, Ausgang è venuto a contatto con pop e street artist con i quali ha potuto confrontarsi e conoscere meglio le condizioni delle avanguardie artistiche nel nostro Paese. 

Le sue opere hanno come soggetto privilegiato il gatto. Felini enormi e coloratissimi che fanno surf, indossano stivali, sparano, giocano e si rincorrono richiamando i personaggi dei fumetti. L'elemento surreale dona una forza narrativa al quadro, basato su simbolismo e astrattismo psichedelici. Gli acrilici brillanti accentuano questi aspetti e le immagini sembrano, talvolta, balzare fuori dalle tele  impressionando il pubblico.