La Ragazza Tatuata: il realismo americano di Joyce Carol Oates

"Si sapeva che il suo nome era Alma e per un po' di tempo non ebbe il cognome". Alma arriva a Carmel Heights, un piccolo paese che si affaccia sul lago Ontario, in autunno. E' spaesata, impaurita e tanto affamata da sedersi, con una certa noncuranza, al tavolo di un ristorante sgranocchiando gli avanzi di cibo lasciati nei piatti dagli altri clienti. Credeva di non essere scoperta, quella ragazza sgraziata nei movimenti con una strana voglia sulla guancia. E invece Dmitri, uno dei camerieri del ristorante la osservò, senza dare nell'occhio e soprattutto senza avvertire il proprietario mentre, di tavolo in tavolo, Alma mangiava le croste del pane e l'insalata di pollo. 


Dmitri avvicinò la ragazza e le chiese, "con rudezza", se quella sulla guancia fosse una voglia o un tatuaggio. E' così che per Alma, conosciuta poi come la ragazza tatuata, inizia l'inferno. Dmitri sfrutterà l'innocenza, ma anche l'ignoranza, di questa ragazza senza nome e senza passato per guadagnare soldi, per soddisfare le sue perversioni. La farà prostituire in luridi motel al di là del fiume, la farà ubriacare, le somministrerà delle droghe, riderà di lei con gli amici, la guarderà con disprezzo dandole calci al ventre, al seno. La umilierà. Mentre Alma lo amerà, amerà questo "bastardo", nonostante tutto.

A Carmel Heights abita Joshua Seigl, uno scrittore che ha conosciuto una certa notorietà grazie a un libro edito molti anni prima. Da qualche tempo la sua verve ha subìto un brusco arresto, l'ispirazione gli manca, ma soprattutto gli manca qualcuno che stia accanto a lui. Seigl capisce che è giunto il momento di uscire da quel cono d'ombra e solitudine che si era creato nella casa ereditata dai genitori. Decide di dare uno slancio alla sua vita: assumere un collaboratore che lo aiuti a ripubblicare romanzi, racconti, saggi e traduzioni che, per anni, ha scritto rintanato nel suo studio. Seigl è ebreo e come tale si porta dentro un dolore ancestrale, quello dei suoi genitori, dei nonni, dei bisnonni e di tutta la sua gente. Ombre che si spostano da una terra all'altra, che vagano. Ombre di se stessi. E non a caso, il romanzo pubblicato anni prima da Seigl si intitola Le Ombre. Un romanzo sull'Olocausto dove "siamo obbligati a immaginare ciò che lo scrittore non rivela, diventiamo collaboratori nel creare ombre". A parlare è Essler, iscritto al terzo anno di dottorato, sta scrivendo una tesi sulla letteratura dell'Olocausto e si candida come assistente di Seigl. Ma lui non vorrà accanto a sé Essler, il ragazzo che è riuscito a metterlo con le spalle al muro, che ha sviscerato e capito perfettamente ciò che Seigl ha voluto dire con il romanzo Le Ombre.

No, Seigl accanto a sé sceglierà proprio Alma. Incontrata per caso come commessa della libreria di Carmel Heights, colpito dalla sua bellezza, un poco sfigurata da quella voglia sulla guancia, dai suoi modi maldestri, dalla lentezza con la quale riponeva i libri negli scaffali. Seigl viene colpito da Alma e la vuole con sé. Grazie a questo lavoro, Alma abbandonerà, lentamente, Dmtri, chiudendosi dapprima in uno stato di timore reverenziale verso il suo nuovo "datore di lavoro" (come lo chiama Alma), misto all'odio per le sue origini ebraiche.

Nel contempo Seigl, entusiasta per avere un'assistente che lo aiuterà a mettere ordine nella sua vita, scoprirà di essere affetto da una malattia neurologica degenerativa. I sintomi sono chiari fin dall'inizio, chiari per Alma e per le persone del paese, per la sorella (che si intrufola nella vita di Seigl riaprendo ferite mai cicatrizzate e andandosene con la stessa violenza di un uragano). L'unico che fatica ad accettare la realtà è Seigl. Sarà durante il ciclo di chemioterapie che Alma si avvicinerà a Seigl, dimenticando l'odio verso gli ebrei che le avevano inculcato da bambina, e guardandolo come si guarda un uomo innamorato. 

La ragazza tatuata è stato scritto da Joyce Carol Oates, edito da Mondadori a gennaio 2012. La Oates è una di quelle scrittrici la cui scrittura può incantare oppure no. Non ci possono essere vie di mezzo proprio perché la sua stessa lingua non conosce freni inibitori. La perversione è una caratteristica tanto delle storie narrate quanto del linguaggio e delle figure utilizzate. La forza insita nella sua scrittura può far male come la lama di un coltello. Il realismo americano raccontato da Joyce Carol Oates potrebbe far pensare a un quadro di Hopper alla tensione metafisica e poetica che avvicina lo spettatore, facendolo riflettere sulle reali intenzioni dell'artista. 

Che sia una storia vera, quella raccontata dalla Oates in questo libro, non c'è dato da sapere. Di certo il lettore deve immaginare ciò che lo scrittore non rivela, così come disse Essler a Seigl riguardo al suo romanzo Le Ombre.

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