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Così scriveva Lev Tolstoj in una lettera del 1864. E chissà cosa direbbe se sapesse che, dopo la sua morte, ieri come oggi e per molti decenni ancora, uno dei suoi racconti, Il diavolo (Passigli Editori), uscito postumo per volontà dell'autore stesso, viene letto e riletto.
La figlia, Tatjana Tolstoj, ha delineato, con chiarezza d'intenti, il motivo per il quale il padre si oppose alla pubblicazione de Il diavolo: "esso contiene più di un tratto autobiografico. Egli preferì dunque nasconderlo per non ridestare una non sopita gelosia della moglie. L'argomento de Il diavolo fu ricavato dalla storia di un giudice della provincia di Tula che aveva una tresca con una contadina".
E difatti una serie di personaggi appartenenti all'alta società russa, circondati da tenute in campagna, terreni e aziende da amministrare, affiancati da contadini umili e, talvolta, spregiudicati anima il vertiginoso fluire degli avvenimenti di una storia (in parte autobiografica) che presenta molteplici chiavi di lettura.
Se ci poniamo nell'ottica del protagonista, Evgenij Irtenev, un giovane di buona famiglia a cui spetta una brillante carriera in ministero, la storia può essere letta come un lento e inesorabile declino del protagonista stesso il quale, incapace di tenere a bada l'istinto, trasforma, per sua stessa mano, una scappatella primaverile con una giovane contadina in una tragedia che lo porterà ad un'unica via d'uscita (due per essere precisi).
Trasferitosi nella tenuta in campagna per amministrare la proprietà in seguito alla morte del padre, chiudere i debiti che quest'ultimo aveva lasciati aperti, gestire lo zuccherificio e i terreni, Evgenij scopre non solo di aver bisogno di possedere un corpo femminile ma, soprattutto, di non poterne fare a meno. Dopo i primi e frettolosi incontri con Stepanida, una contadina del luogo il cui marito è sempre in città per lavoro, Evgenij desidera sempre di più, quasi in modo ossessivo, quel corpo snello, tosto e giovane. Di fronte a questa situazione Stepanida gioca dapprima con il suo corpo e, in seguito, con gli strani e morbosi sentimenti che il giovane Evgenij mostra per lei. A questo si aggiunge che Evgenij le dava spesso del denaro come aiuto alla sua famiglia e la cosa, venuta alle orecchie dei familiari della ragazza, aveva spinto gli stessi ad incoraggiare Stepanida nel mantenere viva la storia clandestina con il ricco e magnanimo Evgenij.
Invece la storia non poteva continuare, soprattutto dopo che Evgenij conosce Liza, una ragazza dolce, elegante nel comportamento e ingenua nei pensieri. Evgenij decide di chiedere la sua mano, nonostante la sua condizione economica non sia brillante. I due si sposano e a coronare il loro matrimonio sembra esserci tanto amore che darà vita (dopo un aborto) ad una figlia meravigliosa. Il quadro sembrerebbe essere perfetto ma qualcosa turba Evgenij soprattutto ogni volta che rivede Stepanida. La desidera, la vuole, lascia andare l'istinto e solo il fato gli impedisce, più volte, di tradire la moglie.
La situazione precipita quando Evgenij ammette a se stesso di essere posseduto da Stepanida, il diavolo tentatore si è nascosto nel suo corpo e sta cercando di distruggere un giovane di buona famiglia. Questo è ciò che pensa Evgenij. Ma le elucubrazioni non si arrestano. Doveva per caso vivere con Stepanida e ammettere di essere stato "preso" da lei? oppure è con Liza che deve stare, una donna pulita con la quale ha una figlia? Evgenij non riesce più a sostenere una situazione del genere e la sua vita sembra essere arrivata a una scelta: Stepanida o Liza? Chi sceglierà e chi invece farà sparire dalla sua vita? O forse è lui che deve sparire?.
Il racconto prevede, nella versione originale, due diverse varianti nel finale.
In entrambi i casi l'autore riflette sul concetto di pazzia e asserisce che siamo tutti pazzi, "in particolar modo quelle persone che vedono negli altri i segni di una pazzia che non arrivano a scorgere in se stesse".
In entrambi i casi l'autore riflette sul concetto di pazzia e asserisce che siamo tutti pazzi, "in particolar modo quelle persone che vedono negli altri i segni di una pazzia che non arrivano a scorgere in se stesse".
Il diavolo nell'edizione di Passigli, non è solo un racconto dove l'amore diventa desiderio ossessivo del corpo di una donna, Il diavolo è soprattutto una riflessione circa i sentimenti, l'animo umano spesso in balia delle più bieche tentazioni di fronte alle quali non sa come comportarsi. Pensando alle tracce autobiografiche conservate in questo lungo racconto, Il diavolo appare anche come una confessione nella quale l'autore ammette ciò che immagina siano le sue colpe, fantasticando sull'epilogo di una storia strascicata e rosicchiata dal tempo e dai rimorsi. Ma forse anche queste sono elucubrazioni che lasciano il tempo che trovano, la verità è racchiusa nella memoria di uno dei più grandi scrittori dell'Ottocento.