Nato come graffitista (per cui è stato più volte arrestato), Keith Haring si collocò, nel corso degli anni '80 fino al 1990 quando incontra la morte dopo aver contratto l'HIV, nel panorama artistico internazionale che, sulla scia dei lavori di Jean-Michel Basquiat, aveva scoperto una certa predilezione per i colori brillanti e urlati sulle tele e sulle mura nonchè la sperimentazione di tecniche pittoriche frutto di ciò che stava accadendo nel campo della Pop Art e delle nuove avanguardie europee.
Il colore, le linee nette, i movimenti, i giochi di luce. Queste alcune delle caratteristiche dell'arte di Keith Haring la quale, tuttavia, non si può certo riassumere in poche parole.
Nato a Kutztown, già dall'età di un anno (ma si vocifera anche prima) Keith dopo cena sedeva in braccio al padre e scarabocchiava fogli bianchi con i pastelli a cera. Con il tempo il padre gli insegnò a disegnare dei cerchi che poi lui trasformava in personaggi che potevano ricordare quelli dei cartoni.
Inizia tutto così. Disegnando su carta, colorando con la vernice le pareti della cantina, continuando a disegnare anche durante l'adolescenza, ascoltando musica e seguendo, appena dodicenne, un gruppo di Hare Krishna. Non che ci capisse molto Keith Haring dell'obiettivo di questo gruppo ma sapeva che gli aderenti erano diversi dagli altri e lui era alla ricerca di qualcosa di diverso. In seguito Keith ebbe il suo periodo "Gesù Freak" a cui si associa l'uso di droghe. Tuttavia non abbandonò mai l'arte che, al contrario, divenne fedele compagna della sua vita.
Ossessionato dai cartoon televisivi come Daffy Duck e Bugs Bunny, dai colori pop e dalla loro qualità, Keith Haring riversa l'amore per il colore sgargiante nella sua arte. L'aspetto ludico e l'approccio infantile, volutamente infantile, testimoniano un nuovo modo di fare l'arte che affonda le radici in retaggi culturali risalenti, come si è appunto detto, agli anni sessanta e che viene influenzato poi, ma non assogettato, dalla Pop Art di Andy Warhol.
Fu propri Warhol che lo scoprì, come scrive Fernanda Pivano nella prefazione alla biografia scritta da John Gruen. Warhol, che vide le sue opere in un seminterrato insieme a Tony Shafrazi, famoso gallerista, si rese conto che "qualcosa stava cambiando". Haring venne invitato alla Factory di Warhol, e questo invito cambiò la sua vita. La fama crebbe così come la sua genialità. Iniziò ad esporre esponeva nei Club, ma anche nelle metropolitane, disegnava sia in luoghi riconosciuti dalle autorità sia in luoghi scelti da lui stesso. Più tardi, grazie a Shafrazi, espose anche nelle gallerie.
I suoi disegni sono sparsi nelle città di tutto il mondo, donano colore, forza, enegia, spensieratezza. Le figure mitiche disegnate da Keith Haring hanno aperto la strada a famosi Writers (ma anche ai meno conosciuti) degli anni '90 fino ai giorni nostri. Figure disegnate coi gessetti che hanno immortalato un artista scomparso prematuramente e che soppravvivono a lui sancendo la nascita, come afferma la Pivano, di quella che più tardi si sarebbe chiamata hip hop culture.
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