La piroettante fantasia di David Vecchiato (Diavù), trascina in un vortice immaginario, in una realtà traslata da una mente brulicante di idee fumettistiche, una visione dell'arte che attinge all'underground e ai graffiti. Romano d'origine ma cosmopolita d'adozione, David Vecchiato è un artista che ama l'arte in ogni sua forma e la difende facendosi spazio tra il rumore di fondo creatosi negli ultimi anni attraverso il web. La miriade di lavori e progetti ai quali ha partecipato (e parteciperà) sono caratterizzanti di una mente poliedrica, instancabile e animata dalla passione, una mente che riesce a trasporre, con un vago retrogusto pop, la realtà circostante.
1) Cosa ti ha spinto ad avvicinarti al pop surrealism e cosa ti attrae in particolare di questo movimento artistico?
Non mi attrae per niente, anzi mi sta pure antipatico ultimamente il Pop Surrealism, con tutti quegli occhioni e quel mescolare bambolette e sangue mi sembra diventato una terapia di gruppo. Però sono consapevole che come etichetta ha un suo senso dal punto di vista della critica e so di starci dentro con tutte le scarpe, ma questo non dipende da mie scelte stilistiche o di genere, ma dal fatto che sono cresciuto artisticamente con le stesse influenze dei miei colleghi d'oltreoceano che hanno dato il via a questa corrente. Quando esponevo i miei quadri e i miei fumetti al Leoncavallo o al Forte Prenestino negli anni 90 e quando mostravo i miei lavori "fumettosi" alle gallerie che li evitavano come la peste perché troppo ispirati da culture pop o cosiddette "basse", tanti altri artisti facevano lo stesso in altre parti del mondo.
Riconosco inoltre che questi immaginari includono molti più stili e ricerche artistiche di quelli che citavo prima, ovviamente, e sono anzi l'espressione visiva più prepotente e più semplice dei segnali del tempo in cui si sta vivendo.
Ma io non guardo e non ho mai guardato ai pop surrealisti, sono troppo vecchio, io ho guardato agli immaginari underground e ai graffiti.
2) Artista e curatore delle mostre alla galleria MondoPOP di via dei Greci a Roma (tra l'altro MondoPop è un tuo progetto insieme alla gallerista Serena Melandri). Ma di te si legge anche che sei musicista, fumettista e articolista. Quale ruolo prediligi e come gestisci questa pluralità di passioni?
Non ne faccio una questione di ruoli né mi azzardo a gestire le mie passioni che sarebbe come pretendere di cavalcare tigri. Sono un artista, è un mestiere che ingloba tutto il resto. Diceva Warhol che una macchina da presa in mano non faceva di lui un regista, era comunque un artista ma con la cinepresa in mano. Quando un artista visivo si appropria di una nuova tecnica così come di un nuovo linguaggio, pittura, scultura, cinema, fumetto, moda, design, musica o programmazione web che sia, quel linguaggio e quella tecnica entrano da quel momento a far parte della sua ricerca stilistica. Io disegno da quando ho preso la prima matita in mano, scrivo canzoni fin da quando ero ragazzino, ho pubblicato un cd nel 2000 e poi mi sono occupato di colonne sonore, pubblico fumetti ed espongo le mie opere dagli anni '90, curo mostre ed eventi artistici da circa cinque anni.
Gli articoli che scrivo e le interviste che faccio per La Repubblica XL o per altre riviste sono un discorso a parte. Scrivo perché mi ritengo fortunato per gli spazi di visibilità che mi vengono offerti e, siccome so quanto sia difficile essere visibili da un ampio bacino di utenza, col mare immenso di internet che sforna novità ogni secondo, allora mi piace promuovere "in grande" ciò che per me merita di essere conosciuto e apprezzato. Il gusto di condividere conoscenza l'ho sempre coltivato e da questo gusto ha spiccato il volo anche il progetto MondoPOP, che è una art agency ma anche una galleria d'arte, nata per sopperire a quella mancanza di gallerie che ho sofferto io stesso con molti miei colleghi per tutti gli anni '90 e i primi anni del 2000. Sono passati solo 5 anni ma sembra un secolo perché ora sono in tanti ad apprezzare e ad imitare quegli immaginari newpop che prima nessuno metteva in mostra. So che abbiamo contribuito anche Serena e io col progetto MondoPOP a questa diffusione, e ne sono contento, però ti dico che in Italia manca ancora il giusto supporto di critici, riviste d'arte e curatori a dare la giusta credibilità agli occhi dei collezionisti e delle istituzioni artistiche a correnti come l'Urban Art e il Pop Surrealism.
3) Parlando del tuo modo di fare arte mi vengono in mente tre concetti: libertà, provocazione, ironia. E' esatto definirla in questi termini?
Può darsi, vediamo. Se libertà, come cantava Gaber, è partecipazione allora si. Mi piace partecipare alla vita pubblica in un certo senso, ovvero mettere mani, avambracci e braccia nella merda, non mi ci vedo a pontificare a distanza o ad accodarmi a polemiche e chiacchiericci dal calduccio di casa mia, dalle pagine web di un social network, da quelle cartacee di un giornale o cogli amici al bar. Quella non è libertà, quella è una catena rassicurante.
Se poi con "ironia" intendi osservare e canzonare con distacco queste e altre nostre gabbie quotidiane allora si. Non sono uno granché allegro io, ma ironico si. Scherzo leggero sulla morte, sulla religione, sulla follia, su qualsiasi cosa riguardi l'umano che trovo così comico di per sé. Alcuni amici (e colleghi artisti) mi prendono in giro sostenendo che il Giorno del Giudizio io sarò là, serafico, a cazzeggiare e a finire il mio disegno sulla tovaglietta del tavolo dell'osteria mentre tutti scappano gridando per l'Apocalisse. Ma che scappi a fare? Goditi lo show e finisci il vino piuttosto, che è peccato buttarlo.
La "provocazione" non la cerco, ho smesso di farlo anni fa, ora è lei che cerca me semmai. Allora può diventare provocazione una semplice opinione fuori dal coro, che se viene espressa con un linguaggio artistico provoca una reazione. Ma d'altronde io credo che maggioranza sia sinonimo di prepotenza e molte opinioni considerate normali dai più provocano me e la mia idea di mondo, quindi la soluzione è sopportarci a vicenda senza farci la guerra, no?
4) Quali sono le tue fonti di ispirazioni?
Qualsiasi cosa. Ogni argomento può ispirare un'opera d'arte e mi rendo conto che a me piace mescolare influenze che provengono da culture "basse" con altre che arrivano da culture "alte" e, come dei cocktail o dei collage, vedere cosa vien fuori. Non so, per esempio usare la carta del Purgatorio di Dante per dipingerci delle finte pubblicità, piuttosto che prendere una cartolina anni 70 di buon compleanno o buon onomastico e riprodurre il bambino che c'è sopra in maniera barocca ma peloso come un piccolo Chewbecca, o ancora dipingere la Mona Lisa sulla superfice di un toy gigante rendendola così tridimensionale. Mi attrae il paradosso, e porto io stesso all'estremo certi concetti apparentemente contrastanti "per vedere l'effetto che fa", come cantava Jannacci.
5) A cosa non potresti rinunciare?
A disegnare, alla mia musica o, più in generale, non rinuncio alla gestione del mio tempo. Ho sempre perso le staffe quando qualcuno ha preteso di comprare e pianificare il mio tempo ottenendo da me obbedienza. Nel mio scrigno del tesoro non ci sono soldi né beni materiali, c'è il mio tempo e ci sono i miei amori e le mie passioni.
complimenti per il blog e per i post, sono sempre molto interessanti e ben curati :) Trovo sempre un sacco di spunti
RispondiEliminaTi ringrazio molto!! E' una bella soddisfazione leggere le tue parole!! a presto :-)
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