Le poesie di Philippe Soupault: scrittura automatica e surrealista
Una prima, seppur ridotta, ricostruzione delle fasi del movimento surrealista viene trattata nelle parti prima e seconda del Dossier dedicato alla Storia del Surrealismo dalle origini al Pop Surrealismo. Il dossier tuttavia non ha la pretesa né la velleità di sostituirsi alla cospicua bibliografia alimentatasi negli anni grazie a studi critici, convegni, carteggi e approfondimenti. Ho comunque voluto delineare, nella fase preliminare del dossier stesso, il legame con la psicoanalisi di Freud che ha condotto per mano Breton (e i suoi seguaci) verso i concetti di incoscio, sogno e automatismo psichico puro.
Rileggendo le poesie di Philippe Soupault ho sentito l'esigenza di approfondire il concetto di poesia secondo uno dei principali fondatori (assieme a Breton) del movimento surrealista. Partendo dal testo stesso, ho cercato di sfiorare la personalità del poeta e la sua visione della poesia.
R.S.Borello, La maschera e il vuoto, Aracne.
P. Di Palmo, (a cura di) I surrealisti francesi, Stampa Alternativa.
Rileggendo le poesie di Philippe Soupault ho sentito l'esigenza di approfondire il concetto di poesia secondo uno dei principali fondatori (assieme a Breton) del movimento surrealista. Partendo dal testo stesso, ho cercato di sfiorare la personalità del poeta e la sua visione della poesia.
"(...) Tutte le poesie sono, in qualche modo, ispirate e dominate da ricordi onirici. Certe opere di Freud, riservate nel 1918 a specialisti, ci avevano affascinato. (...) Proposi ad André di proseguire le nostre esperienze. Era più lucido di me. Queste esperienze ci portarono a considerare la poesia come una liberazione, come l’unica possibilità di accordare allo spirito una libertà che non avevamo conosciuto o voluto conoscere che nei nostri sogni, e di liberarci dell’intero apparato logico".
Così scrive Soupault a proposito delle loro prime esperienze surrealiste in campo artistico. Sperimentando un tipo di scrittura, definita dallo psichiatra Pierre Janet, automatica, Soupault capì che avrebbe potuto esplorare un mondo, fino a quel momento, rimasto sconosciuto e a tal fine era necessario liberarsi dagli schemi rigidi e dell'iperrealismo nel quale era immersa la cultura artistica fino a quel momento.
Contemporaneamente ai primi esperimenti di scrittura automatica, Soupault entra sempre più in contatto con la poesia, luogo che meglio si presta a quel tipo di scrittura, dove l'immediatezza e il flusso libero di idee trovano terreno fertile.
"Questa parola, poesia, che per qualcuno è solo causa di fraintendimenti, per me rappresenta un mondo in cui posso finalmente capire perché sono nato. Una parola, un barlume, un suono: ecco quanto basta per ritrovarmi in un universo che mi appartiene, a cui appartengo e con cui, se mi è consentito dirlo, faccio corpo".
Il lirismo che rilasciano i versi di Soupault risentomo di una magia e di un pensiero onirico solitario che scopre, attraverso la poesia come unica possibilità di sentirsi nel mondo, sentirsi parte di esso, il suo stesso essere, la sua stessa ragione di vita. La composizione de Les Champs Magnétiques stravolge e coinvolge totalmente la sua vita, proiettandolo con energica violenza nel surrealismo puro, quello votato alla rivoluzione staliniana. Questo atteggiamento aprirà una frattura tra Soupèault e Breton destinata a non sanarsi mai.
Nella poesia di Soupault non c'è la ricerca utopistica di un benessere interiore che auspica a mutamenti interni ed esterni all'animo umano. Nei suoi versi non si scorge l'espressione pleonastica ma:
"immagini, humour involontario e insolito che emergeva ambiguamente attorno a una frase. Erano continue esplosioni di risate"
"immagini, humour involontario e insolito che emergeva ambiguamente attorno a una frase. Erano continue esplosioni di risate"
Marcia
II 17 febbraio sono partito
Dove
All'orizzonte si allungavano fumi
Sono saltato sopra i libri
C'era gente che rideva
II mio desiderio mi prende per le braccia
Vorrei respingere le case
Andare più in fretta
II vento
E stato proprio necessario che uccidessi i miei amici
La notte non mi ha fatto cadere
Mi sono avvolto nella mia gioia
II grido dei rimorchiatori mi accompagnava
Non mi sono voltato
C'erano tante luci nella città sonora
Tutto è cambiato tornando
Ha rotto le mie idee immobili
I miei ricordi maculati li ho venduti.
L'immediatezza della parola cela barlumi di luce, episodi immaginati, sognati o vissuti veramente.
Grammatica
Forse e sempre forse
avverbi che noia mi date
coi vostri quasi e quasi niente
quando fioriscono gli apostrofi
E tutti voi punti e virgole
che brulicate dentro i vivai
dove nuotano i congiuntivi
io vi impacchetto e vi lego
Siate maledetti paragrafi
perché si avverino le profezie
bastardi timorosi dei grammatici
e pessimi suonatori di sintassi
Succhiate i vostri imperativi
e lasciateci dormire
una buona volta
è la notte
e la canicola.
Questa poesia sembra essere il manifesto programmatico della lingua surrealista di Soupault: gli avverbi gli danno noia, i punti e le virgole vengono impacchettati. Una scrittura automatica rifugge dalle catene della grannatica francese per abbracciare la libertà, ricercare un altrove dove il poeta Soupault si può rifuguare e sentire se stesso.
Da questi versi emerge la speranza, la piena fiducia do Soupault nei confronti della poesia quale atto irrazionale e indefinito, infinitamente protetto da quell'aura di mistero che cela, più o meno esplicitamente, l'Altro quale meta da raggiungere e nella quale trovare rifugio.
Bibliografia:
C. Muscetta, (a cura di), Antologia della poesia moderna e contemporanea, Roma, 2006.
G. Giansante, Philippe Soupault di qua e di là del Surrealismo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane (“Lutetia”, 11), 2003.
P. Di Palmo, (a cura di) I surrealisti francesi, Stampa Alternativa.
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