Valentina Movie - Palazzo Incontro Roma: Le tentazioni sono proporzionali ai destini


Se Lou Salomé non avesse affascinato il drammaturgo Wederink, se il regista Georg Wilhem Pabst non avesse girato il film Lulu, se Louis Brooks non fosse diventata un mito e Guido Crepax non avesse tratto ispirazione da una sua  foto, che Valentina sarebbe stata?

E' proprio il caso di domandarselo. Che Valentina sarebbe stata? La cinematografia coinvolse Crepax già agli inizi della sua carriera, le inquadrature oblique, la metonimia nel fumetto, ovvero quei particolari che rappresentano la parte per il tutto (U.Eco), i disegni di ampio respiro, grandi e immensi in cui i riferimenti letterari, le atmosfere degli anni '60, '70 e '80, la musica Jazz, formano le radici stesse di Valentina
Partendo da "un curioso pensiero" che non ha mai abbandonato Vincenzo Mollica, il curatore della mostra Valentina Movie, vengono portate alla luce strisce (alcune delle quali inedite), video e installazioni, quel marasma di emozioni e sensazioni che aveva guidato la penna di Crepax durante la gestazione che portò alla nascita di Valentina.




Bataille affermò che la nudità è uno stato di comunicazione, che rivela la possibile totalità dell'essere, al di là del ripiegamento su se stesso. I vari momenti della storia di Valentina vengono offerti al lettore, all'osservatore, allo spettatore. Crepax scardinò l'assetto fumettistico così come era stato concepito fino agli anni '50. Lo spazio è l'appendice di un momento, il tempo un compagno desiderato, insieme cavalcano l'onda della passione, chiudono gli occhi e abbracciano orizzonti non ancora immaginati. E se la storia, all'inizio, si avvicina ai tanti gialli che alimentavano la filiera editoriale degli anni '50, le immagini acquistano un valore aggiunto. Trasformate in frammenti, attimi di momentanea felicità, tensione, voluttà, le immagini sono epifania di una narrazione in continuo mutamento.



Allo stesso modo, il mutamento investe Valentina. Gli anni correranno veloci sulla sua pelle, si stupirà ad osservare la caducità del suo corpo, sfinito dagli eventi, carne stanca dentro a un corpo spossato. Quando l'occhio inizia a perdere il guizzo che lo caratterizzava un tempo e lo sguardo si abbassa sotto palpebre afflosciate, si avverte un senso di approssimazione, tutto scivola via velocemente e si ha la sensazione di essere troppo stanchi e deboli per correre dietro alle redini di una storia che, forse, ci apparteneva. Chissà se Valentina, fotografa di moda, ha provato queste sensazioni mentre gli anni avanzavano e lei stessa diventava testimone di un tempo che cambiava.


Valentina non è sola, altri personaggi salgono sul palco per raccontare la loro storia, invadere lo spazio della fotografa milanese, tentare un approccio verso il pubblico. Eppure la vera protagonista resta sempre lei, Valentina. E' lei che ritorna e si impossessa della scena, modifica la storia, gioca con essa, riprende in mano le redini della situazione e sposta l'obiettivo della macchina fotografica su se stessa. La storia assume i contorni sfocati di un sogno o di un'allucinazione, le musiche ovattate di Beethoven o Brahms, i ritmi incalzanti di jazzisti come Gerry Mulligan e Chet Baker fanno da sottofondo alle situazioni "surreali e pericolose" che vedono Valentina "in perenne equilibrio tra incoscienza e razionalità, sottomissione e ribellione". 

E se anche certe cose ormai fanno parte della mia giovinezza, non ho perso il vizio di mettermi nei guai. Con la sola differenza che ormai ho imparato a controllare le mie evasioni. 





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