Nel mondo eBook: forza delle parole, qualità e rapporto con il lettore
Ho letto con interesse l'articolo di Pierdomenico Baccalario su Repubblica, con piacevole interesse, vorrei sottolineare, dal momento che si riporta l'attenzione sul contenuto senza con questo screditare o gettare fango sui contenitori ma evidenziando una tendenza che, se reiterata, potrebbe spersonalizzare il contenuto stesso, privarlo di quella ragion d'essere in nome della quale ci siamo battuti e infervorati fino ad oggi.
Ci tengo a precisare che non voglio [e non ho alcuna intenzione] vestire i panni dell'avvocato difensore del buon vecchio e caro [anche economicamente parlando] libro cartaceo in quanto sarei in netta contraddizione con ciò che ho affermato fino ad ora sulla questione dell'editoria digitale, sullo stato degli ebook in Italia e, più in generale, sulla cultura imposta dalla digitalizzazione. Tuttavia, la tesi di Baccalario mi ha fatto riflettere sulla qualità del contenuto e sul rapporto con i lettori nel panorama digitale.
Secondo Baccalario, la maggiore attenzione di cui stanno godendo i contenitori sui contenuti potrebbe riversarsi sulla qualità del prodotto. Se a questo sommiamo il fatto che spesso alcune strategie di marketing, per avvicinare anche i lettori più negligenti e ampliare il ventaglio dei possibili fruitori, optano per soluzioni poco igieniche dal punto di vista della salvaguardia della buona letteratura, approdiamo a una situazione poco rassicurante che vede un appiattimento delle "vendite sugli acquisti d’impulso legati al basso prezzo, a scapito della qualità" [Marco Ferrario, fondatore di Bookrepublic].
Per non "perdere di vista la qualità e il rapporto con i lettori" Baccalario propone di stabilire una "terminologia condivisa" che verta alla formazione del lettore su termini come ebook, Kindle, AZW e Mobi, DRM, e-ink, App etc. Insomma è necessario redigere un dizionario specializzato nell'editoria digitale .
Accogliendo la tesi di Baccalario sulla formazione [seppur basilare] del lettore, mi sono ritrovata tuttavia a ripensare alla questione della forza delle parole nel digitale, della qualità del contenuto e del rapporto con il lettore. Le parole, all'interno della "digitoria", hanno una forza e un peso forse maggiore di quel che avveniva nell'ambiente editoriale tradizionale e questo è dovuto al fatto che si muovono contemporaneamente all'interno di differenti ma paralleli contenitori [penso ai social network e agli aggregatori], viaggiano ad una velocità sorprendente e vengono arricchite dalle meta-informazioni.
Il digitale offre una moltitudine di possibilità sia di interazione con il lettore sia di accrescimento della qualità. Attraverso i link, il lettore viene trasformato in protagonista attivo e partecipativo nei confronti della notizia stessa. I link nutrono e arricchiscono un testo, attraverso gli stessi il lettore raggiunge, in tempo reale, la fonte. In questo modo ha un'idea precisa e totalmente personale sulla questione in atto e, quindi, potrà scriverne offrendo, a sua volta, un'opinione differente ma ugualmente valida.
Di conseguenza anche la qualità è migliore in quanto il link [il rimando alla fonte, una delle regole basilari del mondo digitale] presuppone una conoscenza approfondita di ciò che si sta scrivendo e la consapevolezza che ci si sta confrontando con altri autori che hanno affrontato e discusso circa la stessa tematica. Si creano delle notizie correlate, indicizzate da Google, riprese dagli aggregatori, linkate, commentate, arricchite da ulteriori approfondimenti e contributi.
Nel panorama digitale l'apertura e il confronto devono essere i primi passi verso una realtà che sia veramente e fino in fondo digitale, che sia accessibile a tutti, accogliente nei confronti delle nuove proposte, finanziata da enti e ministeri. Sarebbe interessante puntare su esperimenti settorializzati che rispondano alle esigenze di tante tipologie di pubblico.
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