Diario della Domenica: alba a Roma
Svegliandomi presto, come accade spesso, mi sono sorpresa a osservare la luce, chiara ma indefinita, del primo mattino. Durante la settimana non ho tempo di soffermarmi su questi particolari, schiava di un tempo che sceglie per me ciò che devo e ciò che non devo fare. La domenica ha un sapore differente, sa di riflessione, di pausa, di respiro lungo e cadenzato dopo l'euforia del sabato (quel sabato del villaggio cantato da Leopardi).
Non abitando nel centro di Roma ho il privilegio di ascoltare il canto degli uccelli al mattino, un continuo cinguettio che diventa sempre più folto di voci, rumori e trilli. Certo mi sono negate le rovine della capitale ma nulla mi preclude dal prendere la macchina e percorrere pochi chilometri per raggiungere Prati e zone limitrofe.
Illuminata da quella luce strana, Roma, forse per la prima volta, mi è sembrata sedotta e non seduttrice, innamorata e non olimpica città a cui tutti ci aggrappiamo con ambiziose speranze. Ecco, Roma mi è apparsa arrendevole, felicemente arrendevole, in liturgico silenzio, in attesa di un'epifania naturale.
Ho voluto accompagnare queste estemporanee riflessioni, questi pensieri sparsi, come amo definirli, a un quadro di Van Gogh che penso sia rappresentativo per luce e colori a ciò di cui ho appena parlato.
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