sabato 17 novembre 2012

Letteratura per l'infanzia: editoria, televisione e radio. Intervista a Janna Carioli


Di armonia fra testo e illustrazione si è parlato alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna del 2007. In quell'occasione furono portati degli esempi illustri come i libri di Maurice Sendak, i progetti editoriali di Leo Lionni, ma anche le sperimentazione di Bruno Munari. Recentemente mi sono accostata ai libri illustrati dedicati ai bambini e ai ragazzi cercando anche di approfondire le conoscenze sull'argomento discutendone in un lungo articolo. Ho quindi presentato libri letti, alcuni dei quali hanno attirato la mia attenzione proprio per la particolare armonia fra testo e illustrazione. E' stato il caso di Giordano del faro (Edizioni Lapis), scritto da Janna Carioli e illustrato da Marina Marcolin. Ho avuto il piacere di poter rivolgere qualche domanda a Janna Carioli, affascinata da questa storia oltre il tempo. L'intervista è un modo per farsi un'opinione critica sulla letteratura per l'infanzia guardandola attraverso gli occhi di chi se ne prende cura da anni.

Leggendo i dati AIE aggiornati al 30 settembre 2011, nel 2010 il 58,4% dei bambini e adolescenti dai 6 anni ai 17 dichiarava di aver letto almeno un libro non scolastico nei dodici mesi precedenti. Questo segnava un aumento del 18,3% rispetto al decennio 2000-2010. Come leggeresti, alla luce della tua esperienza, questi dati?

Mi pare che in questi anni le iniziative che si occupano di libri per ragazzi si siano moltiplicate in modo esponenziale in tutte le città italiane. Anche questo, probabilmente, ha inciso sul numero maggiore di libri che leggono i ragazzi. Certo è che i bambini leggono di più della media degli adulti.  

Girando per librerie mi sembra che ci sia un'attenzione maggiore ai libri illustrati per bambini e ragazzi. Sembra, quindi, che si stia facendo spazio ad un immaginario differente rispetto a ciò che è avvenuto negli anni Ottanta e per tutto il decennio degli anni Novanta. C'è del vero in questa percezione oppure è pura suggestione di una lettrice e osservatrice incallita?

Credo che tu abbia ragione. Il numero degli albi illustrati, spesso molto belli, ora ha conquistato molto più spazio sugli scaffali delle librerie. A volte si tratta di illustrazioni che ammiccano più agli adulti che ai bambini, ma se questo contribuisce a creare un ponte fra grandi e piccoli, ben venga. 

Sei scrittrice di libri e autrice di programmi radiofonici e televisivi per ragazzi oltre che giornalista. Quando e come ti sei avvicinata al mondo dei più piccoli e perché hai scelto un target così affascinante ma difficile da conquistare?

Veramente non mi sono mai posta il problema della scelta. Io ho insegnato per parecchi anni e rivolgermi ai ragazzi per me è entusiasmante e naturale. Non trovo che parlare con i ragazzi sia difficile. Anzi! L’importante è proporre storie avvincenti, con dei contenuti. Il feeling si crea naturalmente.  


Come è cambiato il tuo modo di scrivere in relazione ai mutamenti generazionali e tecnologici?

Beh, l’uso del telefonino generalizzato anche fra i bambini ha creato un po’ di variazioni della scrittura dei miei gialli per ragazzi. A volte in un plot è  necessario che un protagonista sia in pericolo, che si perda, che venga rapito ecc. E avere un cellulare  potrebbe semplificare troppo l’avventura. Ma in questo caso basta dire… che non c’è campo!! 

Editoria, televisione, radio. Quale settore ti affascina maggiormente e nel quale hai (e stai tuttora) riversando gran parte delle tue energie?

Sono “fascinazioni” diverse. Un programma televisivo è un prodotto collettivo. A Melevisione, per esempio, lavorano complessivamente una  ottantina di figure professionali fra cui  gli autori.  Chi scrive i copioni deve tenere presente un sacco di cose: l’ampiezza delle scene, il tempo di ripresa, la disponibilità dei costumi, gli effetti speciali possibili,… ecc. E’ dunque una scrittura vincolatissima da mille argini. Ma è anche affascinante perché vedere una puntata scritta da noi, ma “passata” attraverso la recitazione, il montaggio, la grafica ecc, è sempre sorprendente. E’ un prodotto riconoscibile come proprio, ma sostanzialmente diverso da come è uscito dalla mani di chi l’ha scritto. Scrivere un libro, invece è una attività creativa solitaria e indipendente da tutto. L’unico vincolo è… che piaccia all’editore al punto da decidere di pubblicarlo!  Io quindi non scelgo, perché mi piacciono entrambe le attività. 

Quali sono le tue fonti di ispirazione? Come sceglie le tue storie e cosa provi quando finisci di scrivere una storia?

Io mi ispiro moltissimo alla realtà (che spesso è più incredibile delle fantasia). Attorno a un fatto letto magari su un giornale, una storia che mi hanno raccontato, un personaggio che mi ha incuriosito, costruisco il mio romanzo, mischiando realtà e invenzione. L’importante, infatti, non è che sia tutto “vero” ma che sia tutto credibile, autentico, verosimile.  Quando finisco un libro sono contenta. E’ come spedire un figlio in giro per il mondo.  


Quale consiglio ti sentiresti di dare a un giovane che aspira al tuo stesso lavoro?

Di non darsi alibi e cominciare a scrivere subito ma tenere conto che questo è un bel mestiere che non richiede solo “ispirazione”. Richiede anche tanta fatica, disciplina, costanza. Ore davanti al computer, studio, scrittura e riscrittura senza fermarsi alla prima versione. Serve anche un po’ di umiltà. Se un editore chiede cambiamenti a un libro che dentro di te ritieni perfetto, bisogna saper  ascoltare, riflettere e confrontarsi. Spesso hanno ragione. E allora bisogna rimboccarsi le maniche, limare, riscrivere, perfezionare… Un altro suggerimento è quello di fare anche un altro lavoro: con i libri, tranne la Rowling, non si diventa ricchi. Perciò non c’è nessun discredito a fare l’idraulico-scrittore.

E quale consiglio ti sentiresti di dare a un genitore che vuole raccontare storie al proprio figlio o che vuole avvicinarlo alla lettura?

Non dica  al figlio “leggi”. Dia semplicemente l’esempio:legga. Cominci quando i bambini sono piccoli a leggere una bella storia al giorno a voce alta, magari prima di andare a dormire. Permetta ai figli di leggere di tutto: fumetti, albi illustrati, grafic novel… non ci sono forme espressive di serie A o di serie B. Ci sono solo belle storie o brutte storie raccontate in modo diverso. E poi ami i libri, ne abbia in casa. Porti il figlio in biblioteca e gli faccia scegliere i libri che vuole leggere, anche se non gli sembrano sempre “giusti”. Gli regali dei libri.  Il leggere è una malattia contagiosa che si prende per contatto diretto con il virus libro. 

Janna Carioli è giornalista, autrice di programmi radiofonici e televisivi. Appassionata di cinema, scrive canzoni, testi teatrali e libri per ragazzi. E' ricercatrice di musiche e tradizioni popolari. Maggiori informazioni sui suoi libri e programmi potete trovarle qui.

4 commenti:

  1. Un'intervista davvero interessante.
    Io rientro nella categoria "giovani che vogliono fare il suo stesso lavoro". O, meglio, scrivo libri per bambini (e non solo) e so che non vivrò mai di quello. Intanto studio per diventare insegnante. Se mi sarà possibile, continuerò a fare le due cose.

    RispondiElimina
  2. Grazie, ho voluto sfruttare la grande esperienza che ha Janna Carioli in materia di letteratura per l'infanzia.
    Parli con una che è insegnante e che scrive (o almeno provo a farlo) per adulti. C'è da dire che in questo periodo è difficile fare entrambi i lavori.

    RispondiElimina
  3. Io scrivo un po' di tutto (poesie, racconti, romanzi, fiabe...) e lo faccio solo per passione, perché non guadagno nulla. Insegnare non è una professione semplice di questi tempi ma credo sia un lavoro bellissimo. Quando sarò laureata spero di trovare lavoro e poter insegnare e continuare anche a scrivere.
    Io insegnerò alla scuola primaria, e tu?

    RispondiElimina
  4. Anch'io ho insegnato per anni alla scuola primaria, quest'anno per la prima volta in una privata. Concordo è un bel lavoro (duro ma bello!) :)

    RispondiElimina