Le storie raccontate dal vento: L'Arpa d'Erba di Truman Capote


http://bloglibri.hoepli.it/public/arpa-erba_truman-capote.jpgE in un attimo sembra che tutto scompaia. Ma proprio tutto. Il tempo, i viaggi, i sogni, il fango che ci portiamo addosso (si dissolve anche quello), i rancori, gli schiaffi morali ricevuti, le gioie. I sorrisi. Restano solo le fatiche di un quotidiano che fingiamo non ci appartenga e invece ci siamo dentro, ci siamo dentro fino al collo. E' un crescendo di fatiche che ci risucchiano, che gestiscono la nostra vita. Eppure, se mettiamo insieme i pezzi di questo mosaico quello che ne esce è storia, la nostra storia che qualcuno racconterà, celebrerà, che altri ignoreranno. Chissà se anche noi in un giorno d'autunno mentre raccogliamo radici nel Bosco del fiume riusciremo mai a sentire L'Arpa d'Erba che racconta qualche storia. Quell'Arpa che conosce la storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, quell'Arpa che racconterà anche la nostra storia quando saremo morti. 

Ho letto L'Arpa d'Erba nel lontano 2006, quando l'Università assorbiva la maggior parte del mio tempo e quello che rimaneva lo trascorrevo tra libri, racconti e scaffali delle biblioteche. Niente ebook, Kindle, ipad, iphone, twitter, in una parola sola niente digitale. Poi è esplosa, veloce come un battito di ciglia, la passione per una tecnologia sempre più isterica (ma dalla quale non si può trascendere). A distanza di sei anni riprendo in mano quello che la critica ha definito il capolavoro di Truman Capote (che scrittura particolare e che uomo controverso) con una tranquillità d'animo e una voglia di soffermarsi sui dettagli che solo l'età riesce a donare.

Il sicomoro, al di là di ogni significato religioso o pseudo tale, mi sembra così grande, accogliente e spaventoso al tempo stesso da incutere attrazione e timore reverenziale. Collin, il protagonista del romanzo, ne parla come di una casa aerea mentre Dolly (e a lei che è venuto in mente di andare ad abitare sul sicomoro) gli racconta del vento che "raccoglie e racconta tutte le nostre voci, poi le manda a parlare all'infinito fra le foglie e nei campi...". Il vento siamo noi, dice Dolly e in quel momento, in quel preciso istante, non sta parlando a Verena (zitella come Dolly ma fatta di una mente severa e poco incline ai sogni) e neppure con Collin, Dolly sta parlando con noi, con ogni lettore che ha tra le mani questo libro.

Il vento è la voce dell'Arpa d'Erba, raccoglie le storie e le tramanda di generazione in generazione. Collin è orfano di madre e viene affidato alle due zitelle Dolly e Verena. Sarà Dolly a insegnargli ad ascoltare la voce del vento, a farsi rapire dalle sue storie, a pazientare tra una pausa e l'altra. 

L'amore. "Stiamo parlando di amore. Una foglia, una foglia, una manciata di semi... Comincia con queste cose. Impara che cosa sia amare. Prima una foglia o uno scroscio di pioggia... Poi qualcuno per ricevere quello ciò che una foglia ti ha insegnato, ciò che uno scroscio di pioggia ti ha fatto maturare. Non è un processo facile, intendimi; potrebbe richiedere una intera vita, come è accaduto a me". 

Riprendere in mano L'Arpa d'Erba è stato come sedersi e ascoltare la voce del vento, sentire le storie che ha tenuto in serbo per me per poi affidargliene alcune. La quotidianità invece ci vuole oberati dagli impegni e immersi nel caos informativo. Per fortuna la voce del vento a volte riesce a distinguersi anche nel rumore.    

Nessun commento:

Copyright by Sara Durantini. Riproduzione riservata. Powered by Blogger.