Un libro e una scrittrice dimenticati: L'estate di Anna di Lea Quaretti
Essere felici è forse toccare un punto che ci spezza. Già l'intuizione della felicità è simile a un dolore insostenibile. Ma per il dolore, la natura ha difese inesauribili, per la felicità no.
La voce di Lea Quaretti è una melodia che si insinua nella trama sottile e intricata della letteratura femminile di fine anni cinquanta, quando anche Montale faceva distinzione tra scrittore e scrittrice. Un io narrante feroce e spietato, che alterna momenti di forte lucidità in cui i ricordi sono diapositive a colori, immagini rasserenanti di un'epoca controversa sia dal punto di vista culturale che sociale; un io narrante che si fa oltremodo desiderare agli occhi di un lettore avido di parole.
Razionalità velata da una pacata nostalgia e perversa ricostruzione di un presente tragico dai contorni poco definiti. Questo sembra essere il quadro che emerge dalla lettura del romanzo L'estate di Anna di Lea Quaretti scoperto, con mia grande meraviglia, in un angolo nascosto della mia vecchia e consumata libreria.
Tornare a casa è scoprire un mondo che avevo dimenticato. Rispolverare qualche libro abbandonato è affacciarsi su un momento del proprio passato che potrebbe apparire dimenticato se non fosse per quelle parole, per quel lirismo soffuso, per quel respiro flebile che è la voce, in questo caso, di una scrittirce ingiustamente e sbadatamente accantonata dalla critica, Lea Quaretti.
L'estate di Anna è l'incalzante rievocazione dei ricordi d'infanzia di una giovane donna, ormai rinchiusa in una casa di cura, che ha avuto un'educazione cattolica rigida tanto da inibire, diventata adulta, molte sue pulsioni e desideri. La salvezza, un'illusione che godrà di una breve durata, rappresenta la rinascita di una donna nel fiore degli anni. Eppure la tragedia non tarda a gettare ombra sulla sua vita: l'ennesima delusione d'amore cui si sommano le difficoltà che dovrebbero, secondo Anna, condurla alla felicità. Ed ecco che òa felicità appare proprio come un punto remoto, tanto lontano da sembrare irraggiungibile. Una felicità agognata che spezzerà i suoi sogni.
Dopo Il Faggio (una delle voci più nuove e interessanti che si siano sentite in questi ultimi anni - Bontempelli 1947), Lea Quaretti affida alla carta una scrittura autentica e piena di emozioni, trattando una materia insolita per una "scrittrice" ovvero il ruolo della donna, una donna sempre più consapevole di se stessa, bisognosa di esprimersi, di guardare oltre, di conquistare ciò che le è sempre stato negato. Nella Parma degli anni cinquanta, fatta di lustrini e bicchieri di whisky, si muove Anna, donna dalla forza emotiva travolgente, un fiume in piena che esonda trascinando nella sua malata voglia di vivere quelli che lei considera gli affetti più cari.
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