lunedì 21 gennaio 2013

La casa rossa di Mark Haddon


"Come parlano chiaramente le case, di paesaggio e intemperie, di chi le ha costruite e delle famiglie che le hanno abitate, di ricchezza, paure, bambini, domestici". Con lirismo poetico Mark Haddon mette in scena quella che potrebbe essere una rappresentazione teatrale costruita sullo stile pirandelliano: La casa rossa (Einaudi, 2012) è la storia di otto personaggi in cerca d'identità, la crisi del matrimonio e delle istituzioni tradizionali, la religione messa in discussione dai giovani e poi dagli adulti. Un romanzo che potrebbe apparire come una sceneggiatura per il modo, assolutamente contemporaneo, di mettere in scena i personaggi in un lasso di tempo determinato (una settimana) e per la loro peculiarità interpretativa, la caratterizzazione attraverso la quale ognuno è riconoscibile dal lettore fin dalle prime pagine. Solo loro non si riconoscono, solo i personaggi non si sentono appartenenti a un gruppo, a una famiglia, a una coppia. I personaggi vivono in una solitudine abbacchiata da una modernità che non sanno, e talvolta alcuni non vogliono, riconoscere e condividere.

"Dietro a ogni cosa c'è una casa. Dietro a ogni cosa c'è sempre una casa". E' il grido disperato di Angela, insegnante, madre di tre figli, Alex, Daisy e Benjy, moglie di Dominic, madre di una quarta figlia, Karen, colei che si staglia sull'orizzonte della campagna inglese, la cui presenza aleggia sulla casa rossa come una condanna o come un invito a ricordare ad Angela di non far decadere nell'oblio il passato di una vita insieme; è il grido di Dominic, l'antieroe moderno, colui che fugge dalla famiglia nascondendosi tra le braccia di Amy (amante, amica, confidente, mamma), un rifugio effimero, dal quale Dominic scapperà per tornare di nuovo tra le mura della casa rossa, animato da poca convinzione. Ma è anche il grido dei loro figli: Alex innamorato, Alex eccitato, Alex amante della storia e della filosofia, Alex dalle spalle robuste che si fa carico dei problemi dei suoi fratelli e degli adulti che lo circondano; Daisy che arranca per sentirsi qualcuno, per capire qualcosa di qualcuno ma la prima a non capire è proprio stessa; Benjy "il bambino allo stato liquido contenuto nello spazio che di volta in volta occupava". E' il grido di Richard, il fratello di Angela, il medico sotto accusa per un intervento andato male, l'uomo che si è rifatto una vita con Louisa, ma soprattutto colui che non dimentica, colui che sa cosa nasconde la casa rossa, per lui i ricordi sono difficili da sostenere ma comunque vividi nella memoria; è il grido di Louisa, la donna dal passato "torbido" che vorrebbe essere allo stato liquido, come il piccolo Benjy, ma non può, le responsabilità le impediscono ciò; ma è anche il grido di Melissa, figlia bella, stronza e supponente di Louisa.

Ogni personaggio urla la propria disperata solitudine ma nessuno corre in soccorso. Nessuno si salva da solo come ha scritto la Mazzantini. E difatti all'interno della claustrofobica casa rossa i personaggi parlano una lingua muta, si perdono e si ritrovano tra quelle mura, e la vacanza organizzata da Richard stesso assume i contorni di un'indefinita storia poetica che cela, nel passato di ognuno di loro, la risposta alle tante domande presenti.  

2 commenti:

  1. Sono anch'io d'accordo che le case parlino.
    E questo libro, che non conoscevo, mi sembra da aggiungere alla mia lista.
    Grazie Sara!
    Lara

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  2. E' un libro che fa riflettere soprattutto se si ha qualcosa di irrisolto con il proprio passato.

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