mercoledì 2 gennaio 2013

Questo è il mio Lessico famigliare


Una famiglia è anche (forse soprattutto) fatta di voci che s'intrecciano; è un linguaggio comprensibile solo a chi lo pratica, una rete di ricordi e richiami. Così è scritto nella quarta di copertina della mia edizione a Lessico famigliare di Natalia Ginzburg (Einaudi 1963). Eppure rileggendo il libro e in particolare queste parole mi sembra che ci sia qualcosa che stona, qualcosa che ha poco a che fare con le persone che mi circondano. La lingua nativa è uno dei primi fattori di condivisione e riconoscimento tra coloro che appartengono a una stessa tribù. Funziona così anche nelle famiglie moderne. Certi modi di dire, certi intrecci linguistici sono come parole d'ordine, vanno a creare una lingua segreta parlata solo da coloro che appartengono a quella famiglia.


Se le stesse usanze linguistiche vengono riprodotte al di fuori del nucleo famigliare, siamo solitamente tentati a guardare con ammirazione e rispetto chi le ha pronunciate e, con la mente, ritorniamo al luogo e al momento in cui, per la prima volta, le abbiamo sentite. Talvolta l'indifferenza o la distrazione, delle quali parla anche Natalia Ginzburg, possono confondere gli incontri famigliari e la lingua nativa perde d'efficacia. Credo che ci voglia coraggio per ammettere che il tempo ha inacidito gli animi, che la storia ha offuscato le buone intenzioni, che si sono persi i motivi per i quali una famiglia deve restare unita. Ci vuole coraggio per ammettere tutto ciò specie se si tratta della famiglia d'origine, quella che conserva le proprie radici, quella dalla quale si proviene, quella che, in un modo o nell'altro, ci ha cresciuti, ci ha educati.

E' qui che Lessico famigliare suona anacronistico; si sfogliano le pagine con rabbia e con altrettanta rabbia si trangugiano parole e frasi, detti e proverbi che forse abbiamo anche sentito dire, in un tempo remoto, e che ci avrebbero fatto sorridere, sempre in un tempo remoto, ma adesso hanno l'aspetto delle cose mal riposte e l'odore delle cose ammuffite. Leggere Lessico famigliare e accorgersi che quella famiglia fatta di voci intrecciate è una famiglia in cui regna rumore; il lessico come fonte di ricordi, è una lingua morta soppiantata da altre parole, un sostrato dolce e crudele al tempo stesso, che illude l'orecchio, ormai avvezzo ad altri suoni.

Nonostante ciò, gli "antichi rapporti", l'infanzia e la giovinezza, legate indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole" riecheggiano nei miei ricordi, nei gesti, nella parola mimata prima ancora che espressa verbalmente e questo, non altro, è la testimonianza di ciò che ero prima, molti anni prima di diventare la persona che sono adesso. Questo è il mio Lessico famigliare.

2 commenti:

  1. Sarà la mia prossima lettura, è sul comodino che scalpita =)
    Il tema delle radici credo che stia reclamando i propri diritti, a volte assume anche toni inquietanti, ma, forse per la crisi, forse per la crescente difficoltà a crearne uno proprio, il nucleo d'origine sta diventando sempre più importante, o meglio torna ad esserlo.

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  2. Hai ragione... anche se, come ho scritto, mi ha fatto venire un po' tristezza e tanta rabbia la rilettura di questo romanzo. Forse perché ancora non ho accettato certi cambiamenti nel mio nucleo d'origine. Non so... è un po' comes e dovessi rielaborare un lutto...

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