Giornalismo digitale la nuova frontiera del giornalismo di qualità. Ma deve cambiare l'approccio.
Martin O'Neill
Mesi fa, Pier Luca Santoro, illustrava la situazione carta vs digitale alla luce delle vicende interne, e poi smentite, del Guardian secondo le quali sarebbe passato al digitale interrompendo così la pubblicazione cartacea: Giornali, c'è ancora bisogno della carta. Newsweek aveva da poco annunciato il passaggio, da gennaio 2013, al digitale e la notizia aveva avuto risonanza in tutto il mondo giornalistico. Recentemente Futuro dei periodici si è ampiamente occupato dell'argomento chiarendo il motivo, a suo dire, di un ritardo faticoso da parte di alcuni quotidiani nel passaggio al digitale. A tal proposito vi invito a leggere l'intero articolo: Sarà lento il passaggio dei periodici al digitale.
Al di là di questi articoli che hanno il merito di aggiungere valore alla questione, l'errore che molti fanno e dal quale ancora si fatica a prendere le distanze, è considerare il digitale come un supporto del cartaceo anziché un laboratorio di sperimentazione e conoscenza del tutto innovativo all'interno del quale il giornalista professionista insegna il mestiere al giovane che, probabilmente, è ferrato su concetti quali social network e web 2.0 ma non sa maneggiare gli strumenti con abilità e consapevolezza.
Per fare ciò, tuttavia, dobbiamo cambiare l'approccio verso il digitale stesso. Non più contenitore di news provenienti da ogni dove, elaborate, scritte, talvolta copiate e mal interpretate ma palcoscenico per un nuovo giornalismo al cui interno troveranno spazio inchieste, approfondimenti su fatti di cronaca, politica e questioni culturali, scambi di opinioni, il tutto calibrato secondo le buone norme del giornalismo tradizionale, quelle che Aidan White ha definito con questi termini: "accuracy, reliability, impartiality, respect for humanity and the audience", in altre parole i pilastri del giornalismo di qualità.
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