Il Festival Internazionale del Giornalismo chiude. L'edizione prevista per la primavera del 2014 non si farà per mancanza di fondi. Arianna Ciccone e Christopher Potter hanno dato la notizia attraverso un comunicato stampa. Leggi tu stesso il comunicato per farti un'idea della situazione Festival Internazionale del Giornalismo: stop at the top.
Da sette anni il Festival di Perugia ospita giornalisti, blogger, personalità di spicco nel mondo della comunicazione e dei nuovi media non solo del panorama italiano ma anche a livello internazionale. Un momento di grande confronto e dialogo, un momento che fa crescere chi deve imparare ancora tanto e fa riflettere coloro che hanno delle idee. Seguito a distanza per sette lunghissimi anni (mi trovavo ancora a Parma e frequentavo l'università, il mondo del giornalismo era già in fermento ma nella piccola provincia lo scossone arriva dopo e sempre più affievolito) ho sempre guardato al Festival come qualcosa che mi avrebbe dato tanto, delle giornate in cui non solo avrei avuto la possibilità di ascoltare (e quindi non solo più leggere) i giornalisti seguiti online ma anche di porre domande, di entrare in relazione, di capire che cosa significa fare giornalismo.
Dopo la laurea specialistica mi sono trasferita a Roma. Volevo lavorare nel mondo dell'editoria e del giornalismo e Perugia era sempre più vicina. Il prossimo anno ci sarei andata, già lo dicevo i mesi scorsi, rompendo le scatole a chi mi sta vicino ogni giorno e che ormai del mio lavoro o di quello che sto provando a fare non ne può quasi più. Già a Firenze, al Dig.it mi sono emozionata molto e ho avuto modo di imparare tantissimo anche attraverso le testimonianze di ragazzi giovani che stanno seguendo i loro progetti in collaborazione con testate giornalistiche. Ebbene tutto questo è sfumato ieri, con la lettura del comunicato stampa. Ora qualcuno sta analizzando il problema. Ma il fatto sconcertante è che la politica ragiona in altri termini ovvero meglio dare supporto (economico, intendo) alle sagre e agli eventi sportivi (soprattutto se si tratta di calcio) la cultura viene dopo, quella può aspettare.
Dal mondo del giornalismo, in qualsiasi forma e dimensione lo vogliamo intendere, si sta levando un coro di protesta perché non deve chiudere il Festival. E io mi unisco a questo coro. E lo faccio perché Il Festival, anche se seguito a distanza, mi ha dato tanto e sono sicura che avrebbe tantissimo ancora da darmi. Ora il punto è che è troppo comodo scrivere un articolo su un giornale e dire quanto dispiaccia che il festival chiuda. Perché se chiude significa che c'è un problema di comunicazione e ascolto. Anche quei giornalisti che stanno gridando a gran voce "il festival deve restare aperto" che cosa fanno in termini di ascolto? Si limitano ad ascoltare la loro voce dietro a un microfono? (ovviamente poi ci sono sempre le eccezioni ma sono poche).
Pensiamoci, perché il problema del nostro Paese è proprio questo. E Il Festival del Giornalismo di Perugia ne è un triste esempio.
Se invece vuoi leggere cosa ho scritto sull'argomento per il magazine CaffeNews clicca qui
Da sette anni il Festival di Perugia ospita giornalisti, blogger, personalità di spicco nel mondo della comunicazione e dei nuovi media non solo del panorama italiano ma anche a livello internazionale. Un momento di grande confronto e dialogo, un momento che fa crescere chi deve imparare ancora tanto e fa riflettere coloro che hanno delle idee. Seguito a distanza per sette lunghissimi anni (mi trovavo ancora a Parma e frequentavo l'università, il mondo del giornalismo era già in fermento ma nella piccola provincia lo scossone arriva dopo e sempre più affievolito) ho sempre guardato al Festival come qualcosa che mi avrebbe dato tanto, delle giornate in cui non solo avrei avuto la possibilità di ascoltare (e quindi non solo più leggere) i giornalisti seguiti online ma anche di porre domande, di entrare in relazione, di capire che cosa significa fare giornalismo.
Dopo la laurea specialistica mi sono trasferita a Roma. Volevo lavorare nel mondo dell'editoria e del giornalismo e Perugia era sempre più vicina. Il prossimo anno ci sarei andata, già lo dicevo i mesi scorsi, rompendo le scatole a chi mi sta vicino ogni giorno e che ormai del mio lavoro o di quello che sto provando a fare non ne può quasi più. Già a Firenze, al Dig.it mi sono emozionata molto e ho avuto modo di imparare tantissimo anche attraverso le testimonianze di ragazzi giovani che stanno seguendo i loro progetti in collaborazione con testate giornalistiche. Ebbene tutto questo è sfumato ieri, con la lettura del comunicato stampa. Ora qualcuno sta analizzando il problema. Ma il fatto sconcertante è che la politica ragiona in altri termini ovvero meglio dare supporto (economico, intendo) alle sagre e agli eventi sportivi (soprattutto se si tratta di calcio) la cultura viene dopo, quella può aspettare.
Dal mondo del giornalismo, in qualsiasi forma e dimensione lo vogliamo intendere, si sta levando un coro di protesta perché non deve chiudere il Festival. E io mi unisco a questo coro. E lo faccio perché Il Festival, anche se seguito a distanza, mi ha dato tanto e sono sicura che avrebbe tantissimo ancora da darmi. Ora il punto è che è troppo comodo scrivere un articolo su un giornale e dire quanto dispiaccia che il festival chiuda. Perché se chiude significa che c'è un problema di comunicazione e ascolto. Anche quei giornalisti che stanno gridando a gran voce "il festival deve restare aperto" che cosa fanno in termini di ascolto? Si limitano ad ascoltare la loro voce dietro a un microfono? (ovviamente poi ci sono sempre le eccezioni ma sono poche).
Pensiamoci, perché il problema del nostro Paese è proprio questo. E Il Festival del Giornalismo di Perugia ne è un triste esempio.
Se invece vuoi leggere cosa ho scritto sull'argomento per il magazine CaffeNews clicca qui
Nessun commento:
Posta un commento