martedì 2 dicembre 2014

venerdì 28 novembre 2014

Qual è l’innovazione nel giornalismo odierno?



Innovazione significa investimento ovvero credere nella professionalità, essere consapevoli della non centralità dei giornali e del fatto che il lettore d’oggi è anche produttore di informazioni, innovare significa anche sperimentare, innovare significa offrire servizi oltre ai contenuti e capire che il ruolo del giornalista, come afferma Jeff Jarvis, “è quello di dare una mano alle comunità a organizzare le loro conoscenze e quindi se stesse”. Se si capisce questo “allora è chiaro che siamo nel business dei servizi e che dobbiamo attingere a vari strumenti, contenuti inclusi, e porre valore nelle relazioni che costruiamo con i membri della comunità e che potranno assumere molte forme. E quindi siamo nel business delle relazioni. Cominciamo perciò a catalogare le forme che queste relazioni possono assumere nei confronti delle persone a cui ci rivolgiamo, dell’ecosistema in cui si opera e dei nostri soci in affari” .


Continua la lettura su Medium: https://medium.com/@SaraDurantini/qual-e-linnovazione-nel-giornalismo-odierno-e87cdcab2b95

venerdì 21 novembre 2014

La velocità del lettore cambia il Giornalismo Digitale (oppure è il contrario?)


Se fino a qualche anno fa mi ritrovavo a discutere, con chi ne sapeva di più, di racconti brevi e brevissimi di Cechov, oggi mi ritrovo a discutere di una stessa letteratura che sembra, talvolta, fare a pugni con le esigenze di un lettore sempre più “veloce”. Dove per velocità intendo l’attitudine a balzare da un concetto all’altro, da un link all’altro, da un video a un’infografica, da un tweet a uno status su facebook.

Continua la lettura su Medium e rispondi alla domanda:
https://medium.com/@SaraDurantini/giornalismo-digitale-siamo-tutti-lettori-veloci-a3a92d07699e

mercoledì 19 novembre 2014

Giornalismo Digitale: lo stato di salute dell'informazione online in Italia

Pier Luca Santoro, durante il suo workshop al GlocalNews, (Festival del Giornalismo Digitale) focalizzato sul social media marketing per i giornali, ha parlato di quattro parole chiave: comunità, condivisione, cura e conversazione.



Leggendole ho ripensato ad alcuni articoli, molti dei quali scritti da giornalisti ed esperti del settore statunitensi, che approfondiscono proprio questi aspetti con grande semplicità. Le citazioni che riporterò, correlate tra loro, sono la dimostrazione di quanto asserito dallo stesso Santoro in apertura dell’articolo apparso su @DataMediaHub in seguito al suo intervento: “Capita che torni da una tre giorni sulle evo­lu­zioni del gior­na­li­smo digi­tale in cui si dileg­gia, su quanto avan­zato sia lo stato dell’informazione online nel nostro Paese, per avere la con­ferma che in realtà la situa­zione è di un’arretratezza sbalorditiva”.

Continua la lettura su Medium.com: https://medium.com/@SaraDurantini/giornalismo-digitale-cosa-manca-in-italia-882bfe77a31c 

martedì 18 novembre 2014

Social Media e Strutture Museali



Tempo fa sono stata invitata dal Caos di Terni a parlare dell’utilizzo dei Social Media per le strutture museali. Dopo vari spostamenti di giorni e date, l’incontro è avvenuto ieri.

Chi mi conosce sa che sono, da sempre, vicina (umanamente e professionalmente) ai musei. Per questo l’argomento in questione mi stuzzicava parecchio. Le slide che ho preparato non hanno la presunzione di esaurire un discorso tanto complesso, soprattutto in un Paese, come il nostro, dove il retaggio culturale cui si tenta di restare fedeli può far sorgere fraintendimenti e discostare da quelle che sono le reali potenzialità dei media sociali.

Continua la lettura su Medium: https://medium.com/@SaraDurantini/social-media-e-musei-qualche-riflessione-a21278d99464

lunedì 1 settembre 2014

Il Posto di Annie Ernaux: la Storia di un uomo come tanti

Il posto è stato da poco tradotto da una piccola casa editrice romana. Ne avevo parlato qui 

Intanto, Annie Ernaux sarà a Mantova al Festival della Letteratura e poi a Roma presso Villa Medici e a Firenze al Caffè Letterario delle Murate.


E visto che non potrò essere presente a nessuno dei suoi appuntamenti, mi farà compagnia la sua parola scritta. 



domenica 4 maggio 2014

Il posto di Annie Ernaux: la scrittura tra letteratura, sociologia e storia

Dopo anni di assenza, ritrovo un nuovo libro di Annie Ernaux tradotto in italiano per mano di una piccola e neonata casa editrice romana, L'orma editore.

Una mia riflessione su quest'opera commovente, che sembra rifarsi all'autobiografismo ma in realtà racconta qualcosa che riguarda tutti noi a partire dalla storia di suo padre. Per saperne di più su questa scrittrice che seguo da anni, potete andare qui o cercare nel tab della ricerca.





Tra le pagine de Il posto, Annie Ernaux si muove su un filo sottile e straordinariamente preciso, a metà tra la narrativa letteraria, l'indagine sociologica e la cronaca storica. È una scrittura che pulsa di tensione, dove ogni frase sembra portare il peso di un'eredità culturale e familiare, mentre al tempo stesso sussurra una malinconica intimità. Ernaux non si limita a raccontare: disseziona, analizza e riflette, trasformando i frammenti della sua vita in un quadro universale della società francese del XX secolo.

Il cuore pulsante del libro è il rapporto con il padre, un uomo che appartiene a una classe sociale che Annie, attraverso il suo percorso di emancipazione culturale e intellettuale, sembra inevitabilmente superare. È un divario che non si colma mai del tutto, e la scrittura di Ernaux si carica di questo scarto doloroso, di questa distanza che non è solo geografica o temporale, ma anche linguistica. La lingua diventa, infatti, uno dei temi centrali: quella del padre, fatta di frasi brevi, pragmatiche e di silenzi pieni di significato, si contrappone al registro più analitico e letterario che Annie acquisisce attraverso la scuola e la scrittura. È una frattura che Ernaux non tenta di sanare, ma che al contrario esplora con una lucidità che disarma.


Ernaux si colloca a metà tra il testimone e l'antropologa della propria esistenza. Ogni dettaglio del quotidiano — il caffè del villaggio, la bottega di alimentari gestita dai genitori, le fotografie scolorite — viene trattato con una precisione quasi documentaristica, come se quei particolari apparentemente insignificanti fossero in realtà pezzi di un puzzle più grande: quello di una Francia che cambia, che si modernizza, che lascia indietro intere generazioni di lavoratori e contadini. Eppure, Ernaux non indulge mai in sentimentalismi. La sua è una scrittura essenziale, spogliata di orpelli, che riesce però a evocare un mondo intero con poche, calibrate pennellate. Quando descrive il padre, lo fa con una semplicità chirurgica. Non c’è nostalgia, solo la volontà di fissare su carta ciò che è stato.


Ma Il posto non è solo un memoir; è anche una testimonianza storica. Attraverso il racconto del padre e della sua vita, Ernaux tratteggia un affresco della classe operaia e piccolo-borghese del dopoguerra, con tutte le sue contraddizioni, i suoi sogni infranti e le sue fatiche quotidiane. In questo senso, la sua scrittura si intreccia con la sociologia, perché non si limita a raccontare un destino individuale, ma lo inscrive all’interno di una struttura sociale più ampia. La scalata sociale della stessa Ernaux — dalla figlia di un piccolo commerciante a una scrittrice affermata — diventa così il simbolo di un cambiamento collettivo, ma anche di una perdita: quella delle radici, della lingua e di un senso di appartenenza che, una volta abbandonato, non può più essere recuperato.


E poi c’è il tempo, un altro dei grandi temi che attraversano Il posto. Il tempo che scava solchi nei volti e nei ricordi, che trasforma i gesti quotidiani in reliquie, che porta con sé il peso della morte. La scrittura di Ernaux diventa quasi una lotta contro l’oblio, un tentativo di salvare, almeno sulla pagina, ciò che è destinato a scomparire. Eppure, anche qui, Ernaux non si lascia andare al lirismo o alla commemorazione: la sua è una memoria critica, lucida, che non idealizza ma cerca di comprendere.


Più leggo questa scrittrici francese e più mi è chiara la sua grandezza che sta proprio nella capacità di intrecciare i fili della narrazione in modo così naturale e fluido da far sembrare che appartengano sempre e comunque allo stesso tessuto. 


È una lettura che non lascia scampo, perché ci ricorda che, in fondo, la nostra identità è sempre il risultato di una lotta: tra ciò che siamo stati, ciò che siamo diventati e ciò che abbiamo lasciato indietro.

mercoledì 16 aprile 2014

Quando la felicità...

Stringo i pugni perché non se ne vada la felicità...






Bicycle, street art firmata Mart

lunedì 14 aprile 2014

Dalton Ghetti Sculpture

Tutto ciò che vuoi creare nasce dall'esigenza di comunicare con il cuore e non con le parole.




Dalton Ghetti Sculpture



giovedì 10 aprile 2014

venerdì 4 aprile 2014

La forza artistica di Katerina Plotnikova

Di Mare e Tempesta. Così tra noi si consuma l'inevitabile.






Katerina Plotnikova

giovedì 3 aprile 2014

Fantasia di Bruno Munari: un museo portatile su Twitter

Su Twitter si riscrive Fantasia di Bruno Munari. Seguendo l'hashtag #mmgFantasia gli utenti stanno creando il primo museo portatile realizzato su Twitter attraverso un processo collaborativo, insieme a Meet the Media Guru, Twitteratura e Tweetbook.

Ecco alcune immagini rappresentative di questa iniziativa:




sabato 8 marzo 2014

Workshop: Scrivere per il web

Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto.
Italo Calvino

E' con Calvino che voglio riprendere il discorso. Recentemente abbiamo parlato di folla ospitando un guest blogger, abbiamo parlato di libri, di alcuni abbiamo letto solo delle citazioni e magari li abbiamo poi segnati nel nostro diario, come prossime letture. Abbiamo paralato di arte, street art in particolare, illustrazioni e fotografia.
E' da molto che non scrivo. E spiegherò subito il motivo: lavoro e corsi. Recentemente vi ho parlato di me, del mio percorso professionale motrandovi il mio biglietto da visita virtuale about.me. Alla mia attività si affianca anche la formazione per aziende e privati. Di cosa sto parlando?

Strutturando progetti di marketing sul web che hanno come obiettivo la costruzione della brand awareness e brand reputation del Cliente sul web, mi trovo ad affrontare anche il discorso della scrittura di testi ottimizzati per i motori di ricerca. Le richieste arrivano dal singolo cliente che ha magari una piccola attività e vuole gestirsi in autonomia il suo blog aziendale ma arrivano, anche e soprattutto, da aziende che hanno bisogno di un supporto costante. 

Presso la Suite Coworking di Terni, dove la mia azienda, Labbit srl, ha aperto un distaccamento rispetto alla sede principale a Roma, terrò proprio un workshop di scrittura per il web.
Il workshop è organizzato da Labbit srl, in collaborazione con Suite Coworking e Umbria Lab.

Immagine realizzata dai professionisti di Suite Coworking

sabato 1 febbraio 2014

Indagine sulla Follia - Fotografare il manicomio

Questo articolo è un guest post di Luca Sempre.



Mi piace concludere questa serie di articoli dedicati al tema della Follia nella Arti parlando del potere della fotografia e delle storie che un semplice scatto può raccontarci.

# Come questo viaggio folle è iniziato

Ricordo che ero su Flipboard e quasi per gioco ho iniziato a raccogliere fotografie di manicomi abbandonati in giro per l’Italia (e non solo), luoghi oggi divenuti meta di pellegrinaggio da parte di visitatori estemporanei, turisti improvvisati che con i loro scatti hanno documentato corridoi e stanze per molto tempo inaccessibili a sguardi esterni.

E così, di fotografia in fotografia, senza seguire un percorso logico, ho creato il magazine Follia. Un percorso visivo in quei luoghi abbandonati che un tempo ospitavano i “pazzi”, persone a cui un certo punto il cervello ha fatto crac ed è partito per un viaggio senza ritorno in mondi per noi inaccessibili e incomprensibili.

La rivista – al momento composta da 275 fra articoli e immagini – ha raccolto in appena un anno dalla sua creazione circa 2.700 lettori, e le sue pagine sono state sfogliate ben 67.990 volte.

Era nata per gioco. Non pensavo potesse riscuotere così tanti apprezzamenti.


# I luoghi, i volti e le storie che la Follia ci racconta


Sfogliando il magazine troverai:

·         Lettini dove un tempo veniva praticata la lobotomia transorbitale, pratica per molti anni accettata dalla medicina ufficiale ma oggi quasi del tutto inutilizzata.
·         Scritte sui muri dal significato spesso ambiguo e inquietante, il più delle volte incomprensibile.
·         Diagnosi di pazienti “a rischio suicidale” abbandonate su scrivanie piene di polvere e calcinacci.
·         Pupazzi, scarpe e vestiti un tempo appartenuti agli ospiti dei manicomi.
·         Un generale senso di vuoto che disorienta e disturba lo spettatore.
·         E poi, se guardi bene – oltre il lettino, la sedia vuota, l’ennesima stanza abbandonata – non avrai difficoltà ad ascoltare quelle cantilene prive di senso e quei discorsi senza significato che ogni giorno riempivano il silenzio dei manicomi.
 Se vuoi puoi sfogliare la versione web del magazine. Se invece sei su Flipboard, per una migliore esperienza di lettura ti consiglio la navigazione su iPad o tablet. Che poi chiamarlo magazine fa molto glamour, anche se c’entra davvero poco con l’orrore invisibile e silenzioso che trasuda da ogni fotografia.

# Il film della follia (non per cuori deboli)
E così siamo arrivati alla fine di questo breve (e spero per te interessante) viaggio in un mondo senza contorni che tanto ci affascina e inquieta.

La degna conclusione del viaggio è un breve documentario della durata di 6 minuti ad opera del fotografo statunitense Jenn Ackerman  - già autore della splendida serie Trapped (letteralmente Intrappolato) dedicata ai pazienti rinchiusi negli ospedali psichiatrici americani – che ci fa entrare nella sezione dedicata al trattamento dei disturbi mentali del Kentucky State Reformatory (KSR).

Il video è stato premiato più volte, e a mio parere è tra i migliori corti amatoriali di sempre mai girati. Piccola raccomandazione per coloro che decideranno di vederlo: Ackerman stavolta la follia te la sbatte in faccia senza alcun filtro. Ecco il link: http://vimeo.com/817045



Bene. Siamo arrivati alla fine di questo breve viaggio oltre la… normalità. 

Ringrazio Sara per avermi dato l’opportunità di prendere “possesso” del suo blog per un’intera settimana (ho fatto danni, Sara?) e ringrazio anche te, caro lettore, che hai voluto dedicare un po’ del tuo tempo ai miei articoli.

Ci vediamo presto in giro per il web. Se vuoi mi trovi qui.


Luca Sempre
Sito personalelucasempre.com
Figurine (sito dedicato al racconto): http://figurine-racconto.weebly.com
Twittertwitter.com/lucasempre_ ( @lucasempre_ )

domenica 26 gennaio 2014

Have a nice day



Chi ha l'occhio, trova quel che cerca anche a occhi chiusi. (Calvino)

martedì 21 gennaio 2014

Le illustrazioni di Amelia Soler Escrivà

"El meu cel" Photography, ink and chalk on paper - 21x29cm 

Credo di avervi già parlato delle bellezze di Valencia e ci come, questa città, mi ha rapito per sette giorni e soprattutto sette notti trasformandosi di ora in ora in una donna sempre più seducente. Sono passati alcuni anni da quando ho visitato Valencia ma i ricordi sono vividi come fosse ieri e le feste, le notti in piazza, il mare, i locali stracolmi di gente, le birre ghiacciate, le patatine fritte con salse infinitamente piccanti, i piedi nudi sui davanzali mentre i bagliori dell'alba accecavano e costringevano a indossare occhiali da sole, bè quei ricordi stanno proprio lì, pronti per essere rispolverati per le grandi occasioni. Come questa che sto per presentarvi.

Si tratta di Ame Soler, una giovanissima studentessa valenciana (classe 1994) vincitrice del primo premio Campus artistico Antonia Mir nel 2010. 

Le illustrazioni di Ame Soler sono un inno alla natura, alla seduzione, al fascino del corpo femminile alla sua conturbante bellezza. Pur svelandosi, i corpi disegnati da Ame Soler, nascondono un segreto e hanno un retrogusto amaro che contrasta quella dolcezza dalla quale per un attimo, siamo stati avvolti. 

E in quello che potrebbe essere un gioco di contrapposizioni ho rivisto una città tanto affascinante quanto abbandonata e terrificante (mi riferisco a certi quartieri sulla costa), una Roma solo più esotica e balneare di quella che in realtà conosciamo.  





giovedì 16 gennaio 2014

Creativo sì, #coglioneNO



Partiamo dal video realizzato dal collettivo Zero, Creativo sì #coglioneNO. Lo avete visto tutti, vero? Non c'è bisogno che mi metta a raccontarvelo ma inserisco il link alla pagina ufficiale in cui potrete trovare i video realizzati dal collettivo, perché non fa male riguardarli magari una seconda volta. O una terza volta. http://zerovideo.net/coglioneno


Quanti di voi fanno i web writer? I copywriter? E quanti svolgono un Lavoro Creativo? So per certo che qualcuno tra i follower è un creativo fino al collo e chissà magari anche tu che stai leggendo annuisci pensando che quelle frasi le conosci bene.

Questa pubblicità sta facendo il giro del web e in molti ne stanno parlando e scrivendo. Pure io. 
Anch'io sono stata una che ha fatto quella figura, proprio quella lì, sì. E ho fatto anche la stessa faccia quando mi sono sentita dire che ero io a non aver capito bene, che nessuno aveva stanziato un budget per quel progetto (già portato a termine) o deciso di investire su di me.

Il problema, almeno in parte, credo che stia nella parole di Benedetto Motisi nel suo commento all'articolo di Riccardo Esposito: "credo che le professioni creative lato web, non avendo lo stesso storico di altri “mestieri di concetto” come l’avvocato o il notaio, ancora devono guadagnarsi la fiducia dell’utente tipo italiano".

Nel suo post, Riccardo Esposito, pone una domanda dando una possibile risposta ovvero lui si (e ci) chiede come possiamo risolvere questo problema? La risposta è investire sul proprio nome: studiano, lavorando, scrivendo, specializzandosi per fare in modo che in qualsiasi occasione qualcuno dica: “ok, lui/lei è in gamba”, “ho sentito parlare di questa persona”, “ho letto il suo blog: mi piace”, “l’ho sentito a quell’evento: chiamalo”.

In un mondo migliore queste frasi portano riconoscimento per ciò che è stato fatto fino a quel momento, portano domande, offerte, portano lavoro. In un mondo migliore nessuno ti frega l'idea e nessuno vuole farti le scarpe appena giri le spalle perché ognuno è consapevole e forte delle sue competenze e non ha bisogno di copiare o peggio ancora screditare per raggiungere un obiettivo. Ma qui non siamo in un mondo migliore, siamo in un paese che costruisce (poco) e distrugge (tanto) comprese le speranze dei nostri figli. Da madre sto cercando di mettere a disposizione tutti gli strumenti possibili che consentano a mio figlio (se lui vuole) di andare all'estero per studio o per diletto. In ogni caso sarà una crescita.

Quindi d'accordo con Riccardo, investire sul proprio nome ma occhio a non disperdere le energie perché sono troppi gli specchietti per allodole che dietro la visibilità nascondono lo sfruttamento e magari quel tempo lo togliamo alla nostra (vera e utile) formazione e professionalità. 

Ma non abbiamo ancora risposto del tutto alla domanda, come risolviamo? Sono sincera, oltre alle cose dette e sulle quali concordo, per il resto ancora non lo so.

Voi cosa ne pensate?

lunedì 13 gennaio 2014

Leoncavallo: la street art al centro della tavola rotonda "Associazione per dipingere"



Le Grand Jeu, dopo il progetto La Tour Paris 13, inno alla street art e a questo modo di vivere e creare l'arte, ha deciso di partecipare alla tavola rotonda "Associazione per dipingere", organizzata da Leoncavallo, che ha visto riuniti attorno a uno stesso tavolo rappresentanti del Comune, avvocati, writers e street artists.

La linea dura seguita a Milano da circa quindici anni (prima dalla giunta Moratti e oggi, anche se con dei distinguo, dalla giunta Pisapia) è simile in molti punti a quella già messe in atto in altre città europee con risultati spesso insoddisfacenti. Il numero di atti di vandalismo è infatti in costante ascesa, nonostante le somme ingenti spese dal Comune per finanziare campagne antigraffiti.

Nei prossimi mesi, la giunta Pisapia rischia di affrontare una situazione critica. Polizia e magistratura stanno infatti istruendo nuove indagini e processi per danneggiamento (art. 635 c.p.), deturpamento (art. 639 c.p.) e associazione per delinquere (art. 416 c.p.), contro dei writers e degli street artists che chiedono alle istituzioni e attendono inutilmente da anni valide alternative agli interventi illegali.

Un dibattito destinato a lasciare il segno e che non si può dirsi chiuso con la tavola rotonda.

Sono intervenuti:
- 2501: street artist.
- Domenico Melillo: avvocato.
- Mirko Mazzali: consigliere del Comune di Milano, presidente commissione sicurezza e coesione sociale.
- Mr. Wany: writer e street artist.
- Soviet: writer, VolksWriters.

Moderatore:
Christian Omodeo: fondatore dell’associazione Le Grand Jeu




giovedì 9 gennaio 2014

Tre parole per il 2014

Fonte: Hub09

Vi ricordate le tre parole per il 2013, la rubrica inaugurata lo scorso anno da Daniele Imperi? Ebbene quest'anno si parte con le tre parole per il 2014.
Alcuni di voi, quelli che mi hanno seguito nei giorni scorsi, probabilmente staranno già intuendo quello che andrò a scrivere. Ma non lasciatevi ingannare dall'apparenza, niente in questo blog si ripete (come nella vita. Eccezion fatta per le belle coincidenze).

L'anno nuovo inizia con una sfida sul piano professionale. Mi trovo a gestire il distaccamento di un'azienda di Roma a Terni, mi ritrovo anche a investire su me stessa e a dosare la forza per costruire, giorno dopo giorno, quel progetto al quale ho dedicato tempo, studio e fatica per anni. E quindi ecco che la prima parola del 2014 è sfida. In questa parola risiede "forza", ne parlavo lo scorso anno ed era legata per lo più alla scrittura. Nel tempo il discorso si è evoluto, la scrittura è diventata anche un lavoro e non solo una passione e la forza, quando si parla di lavoro, è importante e strettamente legata alle sfide quotidiane.

Ombre. La seconda parola del 2014 è ombre. Anche in questa risiede la parola vita che mi ha accompagnata lo scorso anno. Ombre rimanda, nella maggior parte dei casi, a significati reconditi, che celano qualcosa del quale nessuno vuole parlare. In realtà la mia idea di ombre si lega a quanto affermato qualche giorno fa ovvero "al passato che mi ha plasmata e ha consentito che sia la persona che conoscete oggi".


Felicità. Quanti concetti racchiude la parola felicità? C'è la felicità fatta di piccole cose, la felicità delle grandi gioie, quelle delle occasioni speciali, quelle in cui ti senti fragile come un bambino, c'è anche la felicità che rende forti e fa sentire più grandi di quel che siamo, e poi c'è la felicità degli attimi e delle incertezze, del "speriamo che duri per sempre" e "è stato il momento più felice della mia vita". E concludo con una frase sulla felicità scritta qualche giorno fa: "non ne ho mai avuta abbastanza, forse è tempo di esserne avari".

A proposito di me... About.me

Da social addicted quale sono, non potevo mancare all'appuntamento con about.me. Di cosa si tratta? Sono sicura che moltissimi di voi già lo conoscono ma per coloro che ancora non sanno di cosa si tratta posso riassumere dicendo che è un biglietto da visita virtuale. Totalmente personalizzabile, about.me permette di inserire la biografia, la foto, i contatti social, eventuali link a siti e tutto ciò che può completare il vostro profilo professionale. 

E' meno impegnativo di linkedin ma sicuramente ha un impatto visivo maggiore. Diciamo che c'è molto dello storytelling visuale attorno al quale tanto si discute in questo periodo.

Insomma, se volete, questo è il mio biglietto da visita virtuale:






lunedì 6 gennaio 2014

sabato 4 gennaio 2014

Fotogiornalismo: in viaggio con Gianluca De Bartolo


Alla scoperta dell'Africa e dei villaggi asiatici, raccontando una quotidianità inimmaginabile per molti "occidentali". Gianluca De Bartolo non ha bisogno di presentazioni ma se volete sapere qualcosa in più sulla sua vita vi suggerisco di leggere la sezione dedicata alla carriera sul suo sito
Noi, invece, almeno per oggi, viaggiamo insieme a lui attraverso l'immaginazione. Buon viaggio!








Alla scoperta dell'Africa e dei villaggi asiatici, raccontando una quotidianità inimmaginabile per molti "occidentali". Gianluca De Bartolo non ha bisogno di presentazioni ma sse volete sapere qualcosa in più sulla sua vita vi suggerisco di leggere la sezione dedicata ala carriera sul suo sito
Noi invece, almeno per oggi, viaggiamo insieme a lui almeno con l'immaginazione. Buon viaggio!









I viaggi di Brian Dettmer: libri scolpiti e mondi immaginati



È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.

Le parole di Pessoa, nonostante gli anni, conservano una forza inaudita che pretende di essere trattenuta. Non posso fare a meno di immaginarmelo sulle sponde dell'oceano mentre pensa e scrive queste parole ma forse è una visione troppo romantica per essere vera. Ad ogni modo, Pessoa parla di paesaggi, immaginazione e viaggi tre concetti facilmente riconducibili alle opere di Brian Dettmer.

I libri scolpiti di Brian Dettmes non solo solo delle opere di scultura ma sono dei meravigliosi viaggi all'interno dei libri, mondi sempre differenti e sconosciuti. E' interessante ascoltare Dettmes mentre racconta come si svolge il suo lavoro, dalla scelta del volume, la qualità della carta o la dimensione a quello che prova mentre scolpisce i libri. 

E il risultato è stupefacente: