giovedì 10 dicembre 2015

Sento la scrittura come un coltello. Annie Ernaux conversazione con Frédéric-Yves Jeannet

Ancora sul libro L'écriture comme un couteau”. Entretien avec Frédéric-Yves Jeannet nel quale Annie Ernaux esplicita il suo approccio alla scrittura e rende conto della sua “posture d'écrivain”. Un estratto. Per leggere i i precedenti cliccare qui, oppure qui




La transizione verso questo altro "io" nei romanzi è avvenuta in modo naturale o è stata difficile per lei? Cosa l'ha spinta ad abbandonare una scrittura più "letteraria", benché di uno stile familiare, in favore di un'altra scrittura che definirei "clinica", che alcuni chiamano "bianca" e che lei chiama "piatta" ne La Place stessa?



Credo che tutto in La Place – la sua forma, la sua voce, il suo contenuto – sia nato dal dolore. Quel dolore che ho provato nell'adolescenza, quando ho iniziato ad allontanarmi da mio padre, ex operaio e proprietario di un piccolo caffè-drogheria. Un dolore senza nome, un misto di senso di colpa, incomprensione e ribellione (perché mio padre non legge, perché ha "modi grezzi", come si dice nei romanzi?). Un dolore di cui ci si vergogna, che non si può confessare né spiegare a nessuno.


E poi c'è stato l'altro dolore, quello per averlo perso improvvisamente, nel momento in cui ero andata a passare una settimana dai miei genitori dopo aver, in fondo, realizzato il suo sogno di ascesa sociale per me: ero diventata insegnante, passata in quell'altro mondo, quello per cui noi eravamo "gente modesta", quel linguaggio della condiscendenza... Dovevo scrivere di mio padre, del suo percorso di contadino diventato piccolo commerciante, del suo modo di vivere, ma farlo in un libro giusto, che corrispondesse al ricordo vivo di quel dolore.



Ho tentato a lungo, per cinque anni. Nel 1977, scrissi cento pagine di un romanzo che non ebbi voglia di continuare, perché mi trasmetteva un forte senso di falsità, la cui origine mi sfuggiva e di cui non comprendevo la causa, dato che la scrittura e la voce erano le stesse dei libri precedenti. Nel 1982, intrapresi una riflessione difficile, durata circa sei mesi, sulla mia condizione di narratrice proveniente dal mondo popolare, che scrive, come diceva Genet, nella "lingua del nemico", utilizzando il sapere-scrivere "rubato" ai dominanti. (Questi termini non sono, come si potrebbe pensare, esagerati; ho avuto a lungo – e forse lo sento ancora – la percezione di aver conquistato il sapere intellettuale per effrazione.)



Al termine di questa riflessione, sono giunta a questa conclusione: l'unico modo giusto per evocare una vita, apparentemente insignificante come quella di mio padre, senza tradire (né lui né il mondo da cui provengo e che continua ad esistere, quello dei dominati), era di ricostruire la realtà di quella vita attraverso fatti precisi, attraverso le parole ascoltate. Il titolo che avevo dato a questa impresa per diversi mesi – La Place, che si è imposto solo alla fine – era abbastanza chiaro sulle mie intenzioni: Elementi per un’etnologia familiare. Non si trattava più di un romanzo, che avrebbe derubricato la reale esistenza di mio padre.



Non era neanche più possibile utilizzare una scrittura affettiva e violenta, che avrebbe dato al testo una colorazione populista o miserevole, a seconda dei momenti. L'unica scrittura che mi sembrava "giusta" era quella di una distanza oggettivante, senza affetti espressi, senza alcuna complicità con il lettore colto (complicità che non è del tutto assente nei miei primi testi). È ciò che ho definito in La Place come "la scrittura piatta", la stessa che usavo quando scrivevo ai miei genitori per comunicare loro le notizie essenziali.


Quelle lettere a cui faccio riferimento erano sempre concise, al limite dello spoglio, senza effetti di stile, senza umorismo, tutte cose che sarebbero state percepite da loro come "modi" o "maniere affettate". Attraverso questa scelta di scrittura e in essa, credo di assumere e superare la lacerazione culturale: quella di essere un'“immigrata interna” della società francese.



Porto nella letteratura qualcosa di duro, di pesante, persino di violento, legato alle condizioni di vita, alla lingua del mondo che è stato completamente il mio fino ai diciotto anni, un mondo operaio e contadino. Sempre qualcosa di reale.



Che si voglia collegare questo modo di scrivere alla scrittura "bianca" definita da Barthes, o al minimalismo, è una questione che riguarda i ricercatori in letteratura, il cui compito è determinare correnti, classificare, lavorare su documenti, comparare, e così via. Per me, prima di scrivere, non c’è nulla: solo una materia informe, fatta di ricordi, visioni, sentimenti, ecc. Tutto il lavoro consiste nel trovare le parole e le frasi più giuste, quelle che faranno esistere le cose, che permetteranno di "vedere", dimenticando i singoli termini per essere dentro ciò che percepisco come una scrittura del reale.

Anche se questa formulazione può sembrare vaga o discutibile, se non avesse un senso nel momento in cui scrivo, di certo non passerei ore su un singolo paragrafo…

martedì 24 novembre 2015

Il social media manager: Stati Generali della nuova comunicazione pubblica


Roma - Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Il social media manager”, ovvero gli Stati Generali della nuova comunicazione pubblica, è l'evento organizzato da Agid, Agenzia per l’Italia Digitale, Italia Sicura con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile.

Facciamo un passo indietro.

Di cosa parliamo quando parliamo di Social Media Manager

Tempo fa, su Facebook ho intercettato una discussione nel gruppo #socialgnock dove ci si interrogava sul ruolo del social media manager. E' uscito di tutto. La confusione mi ha sbalordita dal momento che la maggior parte delle persone che hanno preso parte alla discussione nelle loro "biografie social" si definivano (e si definiscono tuttora) social media manager.

Ma allora, chi sono i Social Media Manager?

Mi appello alla memoria riportando le mie parole sull'argomento:

"Credo che ci sia confusione  tra social media manager e attività redazionale sui social network. Secondo la mia esperienza il social media manager è colui al quale viene affidata, da una azienda, il marketing e la comunicazione sul web e sui canali social. Di solito l'azienda si aspetta dal social media manager un risultato misurabile e si aspetta che incrementi la notorietà e il volume della community nonché la reputazione dall'azienda, di un marchio, di un prodotto, di un servizio, ecc... Il social media manager è dunque colui che crea e organizza una strategia di comunicazione/marketing sul web, che coordina eventualmente un team di redattori dedicato alle attività sui vari Social network e/o blog, che contatta eventualmente vari influencer del settore e che misura con strumenti appositi i risultati, il tutto senza uscire dal budget che gli è stato assegnato. Scrivere post su facebook, gestire un account twitter già avviato, fa tutto parte, invece, di una strategia già decisa a priori e già avviata. Rientra, quindi, nella normale attività redazionale, seppur più specialistica".


#Pasocial: il Social Media Manager per la Pubblica Amministrazione

Il Social Media Manager è una figura ormai diventata centrale non solo all'interno di aziende ma anche nella pubblica amministrazione poiché attraverso determinate strategie è possibile instaurare con i cittadini relazioni e coinvolgimento circa attività e servizi, ma anche arricchire la rosa degli stessi servizi e informazioni con modalità del tutto innovative. 

I relatori hanno portato la loro esperienza, raccontato le strategie, mostrato i numeri e i dati ai quali sono arrivati, hanno messo quindi a disposizione degli addetti ai lavori presenti in sala un ricco ventaglio di spunti di riflessione per il proprio lavoro. 

Moderatore dell'intera giornata, Francesco Di Costanzo,  direttore di cittadiniditwitter.it.

#Pasocial: il programma dell'evento


I relatori presenti in sala erano parecchi e rappresentavano le realtà che nella pubblica amministrazione si sono contraddistinte per applicazione di strategie di social media management.

Proverà a raccontarvi la giornata attraverso i miei tweet e quelli di altri miei colleghi che hanno seguito l'evento in sede.














Concludo con un pensiero...



Altri approfondimenti

 Gli stati generali della comunicazione (sessione del mattino) a cura di Patrizia Coluccia

lunedì 9 novembre 2015

TEDxAssisi: il primo TEDx umbro raccontato da chi l'ha vissuto


Negli ultimi anni ho imparato a ragionare per dati. Analisi, report e monitoraggi sono il mio pane quotidiano. Succede, poi, che ti fermi, esci dal tuo ufficio, incontri una persona e capisci che, a volte, i dati non sono tutto.
E' quello che è successo durante la giornata dedicata al TEDxAssisi. Organizzato da Matteo Piselli, Serena Agneletti, Daniela Buglione e Federica Cesarini, il TEDxAssisi si è svolto il 5 novembre a Palazzo Monte Frumentario ed è stato il primo TEDx umbro che ha visto la semplicità muovere le idee che sono state diffuse dagli speaker (non a caso l'organizzazione ha scelto l'hashtag #backtosimplicity).

TEDxAssisi: le aree tematiche 

  • 4 aree tematiche (Learning, GLocal, Sharing, Resilience), 
  • 12 speaker (Raniero Regni, Antonia Colasante, Eugenio Vitanza, Robin Good, Eva de Marco, Fabio Zaffagnini, Cristina Rigutto, Marianna Marcucci, Sonia Montegiove, Elena Brescacin, Andrea Tittarelli e Leonardo Cenci),
  • 13 membri della Social Crew, guidata da Giusy Congedo, (la sottoscritta, Serena Brenci Pallotta, Carlos Bellini, Francesco Zuccaccia, Giorgia Bachiorri, Valeria Amendola, Matilde Bandera, Elisa Di Toro, Giulia Paciello, Chiara Simonato, Michela Pia, Concetta Lapomarda, Iolanda Tilli, Luigi Izzo e Diletta Ballarani),
  • un centinaio di persone all'evento e un pubblico di interessati in streaming.
Ritornano i numeri ma insieme a quelli c'è stato un vortice di emozioni che ha coinvolto ogni persona presente in quella sala e sono sicura anche chi ha partecipato da lontano.

TEDxAssisi: Raniero Regni, Antonia Colasante e Eugenio Vitanza per Learning

Con Raniero Regni sono tornata indietro di parecchi anni, esattamente al liceo quando studiavo la pedagogia montessoriana e credevo che il mio futuro sarebbe stato quello di comunicare la vita ai bambini.


Antonia Colasante ci ha invece insegnato la metodologia Lego e la sua relazione con lo storytelling. 

Mentre con Eugenio Vitanza entriamo, invece, nel mondo della realtà virtuale.


TEDxAssisi: Robin Good, Eva De Marco e Fabio Zaffagnini per GLocal

Dopo una pausa caffé, si ritorna agli speech con Robin Good che apre la seconda area tematica della giornata: GLocal.


E' il momento di Eva di Marco. Il suo intervento presenta delle parole chiave che saranno poi alla base degli speech successivi: condivisione, emozioni, tecnologia, locale, crowfunding:



La semplicità continua con l'intervento di Fabio Zaffagnini.

TEDxAssisi: Cristina Rigutto, Marianna Marcucci, Sonia Montegiove per Sharing

Vi ho pocanzi parlato di alcune parole chiave che con Eva De Marco ritornano, con sfumature differenti, in storie differenti ma comunque cariche di emotività. Cristina Rigutto inaugura la terza area tematica, Sharing, partendo proprio da una delle parole chiave di De Marco: la condivisione come valore insito nelle cose.



Semplicità e condivisione delle idee. Si continua con Marianna Marcucci e Invasioni Digitali.


Sonia Montegiove chiude l'area Sharing.


TEDxAssisi: Elena Brescacin, Andrea Tittarelli, Leonardo Cenci per Resilience

Elena Brescacin mi ha colpito per la sua forza e per la semplicità con la quale è riuscita a raccontare la tematica.


Andrea Tittarelli racconta l'agricoltura sociale e il progetto La Semente.


Leonardo Cenci non ha potuto essere presente al TEDxAssisi ma ha inviato un breve ma intenso video.




E' con il messaggio di Leonardo Cenci che voglio chiudere questo racconto, sperando di avervi trasmesso se non tutte le emozioni che ho provato, almeno una parte!

Link di approfondimento

http://www.tedxassisi.com/

Lo storify sul workshop dedicato all'utilizzo di Hootsuite per raccontare un evento sui social https://storify.com/HootsuiteIT/hootupassisi-come-si-racconta-live-un-evento-usand #HootUpAssisi


domenica 18 ottobre 2015

La "Molteplicità" di Italo Calvino

Chi è ciascuno di noi se non una combinazione d'esperienze, d'informazioni, di letture, d'immaginazioni? Ogni vita è un'enciclopedia, una biblioteca, un inventario d'oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.


I. Calvino, Lezioni americane.



Fonte Immagine: http://italies.revues.org/4577

venerdì 16 ottobre 2015

Oltre la notizia per un giornalismo di qualità [Esperimenti & Riflessioni]



Giornalismo
. Cosa sta cambiando e quali potrebbero essere gli scenari futuri. Se ne parla da tempo. Da quando le piattaforme di social networking e i blog hanno rivoluzionato la figura del giornalista così come abbiamo sempre inteso tale professione almeno fino alla fine degli anni novanta, se ne parla da quando il web è diventato contenitore di notizie free, se ne parla da quando il lettore ha cambiato e così il suo modo di approcciarsi alla notizia.

Se i lettori vanno oltre la notizia

La notizia, nell'accezione tradizionale, non desta più quella curiosità che poteva avere un tempo (neanche troppo lontano). Il suo valore viene meno proprio perché si può trovare quella stessa notizia ovunque, basta cercare sul web senza troppi sforzi sulla query da digitare. Da questo punto di vista, lo stesso Facebook offre filo da torcere alle testate giornalistiche. 

Se è vero che le notizie sono a portata di click, è anche vero che il lettore vuole qualcosa in più, necessita di una storia, di un approfondimento. Non gli basta conoscere il fatto, vuole capire cosa c'è dietro. E' quanto emerge da uno studio della University of Pennsylvania riferendosi al New York Times. 

Siamo immersi in quella che Mat Yurow chiama "a new era of original journalism". Questo non significa che scompariranno le notizie, che non ci sarà più spazio per il fatto nudo e crudo. Le notizie, come contenuto di rapido consumo, continueranno la loro esistenza ma accanto a queste si sta già facendo strada, da tempo e sotto forma di esperimenti editoriali, un modo di fare giornalismo che prevede (e richiede) "an investment in our best assets — our writers. Not just reporters of events, but imaginative storytellers, original thinkers, and content creators who understand what readers want".

Blendle: quando il lettore paga per il giornalismo di qualità 


Blendle, piattaforma olandese lanciata nel 2014, è oggi uno degli esperimenti editoriali più interessanti da monitorare. Conquistato il mercato olandese e alle prese con il mercato tedesco, Blendle offre la possibilità di accedere al giornalismo di qualità solo se paghi. 

Funziona? Evidentemente sì, tanto che affermano: "We don’t sell a lot of news in Blendle. People apparently don’t want to spend money on something they can get everywhere for free now. People do spend money on background pieces. Great analysis. Opinion pieces. Long interviews. Stuff like that. In other words: people don’t want to spend money on the ‘what’, they want to spend money on the ‘why’".

Nessuna pubblicità, nessun clickbait. Questo è il modello di business della piattaforma editoriale Blendle. 

I parametri tradizionali sono importanti ma in Blendle c'è di più:

"In The Netherlands, journalists now have access to two important extra metrics for their stories:
1. How much revenue did the stories generate in micropayments?
2. How many people asked for a refund after reading the stories?"

Quale previsione per il futuro del giornalismo?

Difficile prevedere uno scenario futuro plausibile, troppe le dinamiche che intervengono e mutano in continuazione. Tuttavia si può sicuramente affermare la necessità di insegnare alle nuove generazioni il funzionamento, l'utilità e l'applicazione degli strumenti che un giornalista digitale deve conoscere
Accanto alle competenze è fondamentale una forma mentis aperta ai cambiamenti (anche repentini), che si adatta ai contesti e che sa muoversi e destreggiarsi in molte situazioni.  

domenica 11 ottobre 2015

Internet Festival. Forme di Futuro. Pisa, 8 - 11 ottobre 2015.



Si conclude oggi l'edizione 2015 Internet Festival tenutosi a Pisa. Conferenze, dibattiti, panel, workshop che hanno avuto il merito di approfondire lo scenario digitale contemporaneo.

Quando si può parlare di innovazione e quali sono i processi che accrescono l'innovazione? E' proprio questa l'epoca delle delle grandi trasformazioni? Qual è il ruolo delle PMI e delle PA in questo contesto? Il digitale può reinventare gli spazi culturali, crearne di nuovi e riabilitare quelli esistenti avvicinando anche le nuove generazioni?

La vita delle opere: dalle fonti al digitale. Presentazione del prototipo di app

Il digitale al servizio della cultura. Di questo (e di molto altro) si è parlato nel panel tenuto da Miriam Failla sul progetto La vita delle opere.
Come si legge nel sito, "il Progetto La vita delle opere: dalle fonti al digitale. Progetto pilota per la ricerca e la comunicazione nei musei della storia conservativa delle opere d’arte è stato elaborato da Antonella Gioli (Università di Pisa), responsabile e coordinatore scientifico, Maria Beatrice Failla (Università degli Studi di Torino), Chiara Piva (Università Ca’ Foscari di Venezia), ricercatrici e docenti nell’ambito del settore disciplinare L-ART/04 (Museologia, Storia della critica e del restauro) ed è stato finanziato dal MIUR nell’ambito dei Progetti di Ricerca di Rilevante interesse Nazionale (PRIN) per gli anni 2014-2017".

Il progetto pone al centro del suo studio due sfide culturali di primaria importanza per i poli museali e per i fruitori di storia dell'arte:
  • indagare sulla storia conservativa di un'opera d'arte

  • utilizzare la tecnologia digitale per trasmettere la conoscenza della storia dell'arte e il patrimonio culturale del Paese 

Nell'ambito del discorso dell'utilizzo della tecnologia per raccontare la storia dell'arte, vi è la progettazione e realizzazione dell'app presentata proprio all'Internet Festival.



L'utilizzo dei social media nei musei italiani

A corredo di questo panel vi è un approfondimento, scritto da Maria Elena Colombo a settembre di quest'anno, sulle figure professionali che la cultura digitale ha introdotto anche nei poli museali nonostante il nostro Paese abbia accolto (e stia tuttora accogliendo) con fatica questi mutamenti sociali e professionali direi inevitabili.

Alcuni dati sullo scarno utilizzo delle piattaforme di social networking li potete trovare in questa presentazione in occasione di un incontro formativo per operatore museale della cultura e del turismo 3.0.

Non solo. Nell'articolo di Maria Elena Colombo si parla anche di "identificazione di un codice etico e deontologico" come passo avanti nel consolidamento dell' utilizzo degli strumenti che la tecnologia ci mette a portata di click ma anche delle figure professionali chiamare a maneggiare tali strumenti.

Un invito alla lettura per chiarire termini sui quali spesso si dibatte e offrire spunti di riflessione per gettare le basi di un dibattito concreto che dal virtuale riesca a trovare applicazione nel reale.

domenica 4 ottobre 2015

#Digit15. 2 - 3 ottobre Prato. L'algoritmo di Twitter



Workshop operativo e interessante quello tenuto da Andrea Boscaro, con introduzione di Marco Renzi, sull'algoritmo di Twitter.
Marco Renzi approfondisce il tema digitale è cultura, a partire da una breve trattazione su quello che rappresenta Twitter nel panorama italiano, il presunto calo (che solo i dati nei prossimi mesi potranno confermare o smentire) e il rapporto tra Twitter e Facebook.

Andrea Boscaro ci proietta nel mondo di Twitter presentando i vari componenti dell'algoritmo:
Come si legge nel blog di Twitter, "At Twitter, Cassovary forms the bottom layer of a stack that we use to power many of our graph-based features, including “Who to Follow” and “Similar to.” We also use it for relevance in Twitter Search and the algorithms that determine which Promoted Products users will see. Over time, we hope to bring more non-proprietary logic from some of those product features into Cassovary". 

Si passa quindi ai fattori dell'algoritmo di Twitter

Bounce-Back 

Twitter, a differenza di Facebook, non tiene conto della frequenza di rimbalzo ovvero di quegli utenti che, cliccando sul link ritornano sul social network. Tuttavia se vogliamo migliorare la performance del nostro sito dobbiamo ambire a far rimanere il nostro utente sulla pagina e a navigare dentro al sito.

Commenti Negativi

Anche in questo caso, a differenza di facebook, Twitter non tiene conto della penalizzazione che proviene da una menzione negativa. Tuttavia è importante sapere quante menzioni abbiamo ricevuto e di che tipo sono queste menzioni, perciò uno strumento che potrebbe venirci in aiuto è Twitchup.

Fattore Temporale

Quando twittare? Anche qua i tool ci vengono in aiuto. Andrea Boscaro ne elenca alcuni tra cui Tweriod.com

Affinità

Come riportato da Boscaro, questo è forse uno dei fattori più importanti (e interessanti). Su Facebok abbiamo la funzione di "mirino" per le pagine. Twitter ancora deve ancora perfezionarsi.


Story Bumping, Last Actor (e Peso)

Questi sono fattori presenti in Facebook e per spiegare questi due fattori vi invito alla lettura sui Facebook Update di Marketing Land, sottolineandovi questa frase introduttiva: "The changes are emblematic of Facebook’s ongoing challenge to make the News Feed a “personalized newspaper” for each user. Facebook’s user base continues to grow, those users are making more connections, more brands are creating Facebook Pages and pushing content, etc. — making the News Feed something of a complicated balancing act".

Il panel prosegue con cenni di content distribution e content marketing



Concludo con una frase di Boscaro che apre innumerevoli spunti di riflessione: "Più tecnologia, più fattore umano".

Approfondimenti

#Digit15. 2 - 3 ottobre Prato. Best practice per l'editoria digitale



Il panel successivo dopo l'approfondimento su Periscope, vede l'editoria digitale al centro del dibattito. Roberta Di Sabatino, Vittorio Pateris e Pierluigi Vaccaneo calcano la scena del workshop.

Quando si parla di innovazione e digitale in relazione all'editoria e alla produzione di libri abbiamo sostenitori e detrattori della causa. Di Sabatino, partendo dalla sua esperienza in campo professionale, ha cercato di fare ordine raccontando l'impatto del digitale sulla filiera editoriale

Si passa quindi al discorso delle sperimentazioni nel campo dell'editoria digitale. Prende la parola Pierluigi Vaccaneo, Direttore della fondazione Cesare Pavese, nonché protagonista di queste sperimentazioni che investono la letteratura tutta.
Da dove è nata l'idea di @Twletteratura? Vaccaneo ha guardato a quello che già stavano facendo da tempo negli Stati Uniti e ha applicato questo esperimento partendo da Cesare Pavese con La Luna e i falò, per poi estendere il discorso ad altri classici.




Tra i progetti futuri, Pierluigi Vaccaneo presenta @betwyll e @libricity




Approfondimenti 

#Digit15. 2 - 3 ottobre Prato. Periscope: narrare gli eventi in diretta tv



La seconda giornata di #Digit15 si apre con un panel operativo presieduto da Alberto Puliafito e Guido Scorza sull'utilizzo di Periscope per il mondo giornalistico (e non solo).

Parto da questo tweet, che non rappresenta la prima slide mostrata da Puliafito ma è quella che, a mio parere, riassume molto di quanto si è detto durante la prima giornata:
Il nodo è trarre vantaggio dalle nuove possibilità. Il che mi riporta con la memoria a un paio di riflessioni che avevo fatto tempo fa in seguito alla lettura di alcuni articoli sulla figura del giornalista digitale (riflessioni poi riprese da Granieri in un suo articolo per la Stampa).

Tra le nuove possibilità abbiamo (anche) Periscope. Come usarlo? Per cosa? E quale sarà il rapporto con il giornalismo, lo ucciderà?




La parola passa quindi a Guido Scorza che da subito pone una domanda provocatoria introducendo, così, il diritto d'autore:

Si pone il problema di cosa posso filmare. Problema che investe il soggetto ma anche l'audio.

Un terzo problema riguarda la scelta dell'hashtag (argomento che verrà approfondito con Andrea Boscaro nel panel dedicato all'algoritmo di Twitter):




Approfondimenti - I Workshop della prima giornata di #Digit15

sabato 3 ottobre 2015

#Digit15. 2 - 3 ottobre Prato. Se le notizie si trovano sui social



Il workshop Journalism for the future cede il posto alle due ore di confronto e approfondimento sul tema digitale è cultura tenuto da Pier Luca Santoro e Marco Renzi. 

Se le notizie si trovano sui social è il titolo del workshop di Santoro e Renzi che si apre con alcune considerazioni dello stesso Marco Renzi:
  • Il mestiere del giornalista non è cambiato. Il digitale ha mutato il paradigma e le dinamiche entro cui si muove tale professione
  • Dentro al digitale siamo tutti giornalisti
  • Il mobile concede a tutti di entrare nel web
Da queste considerazioni parte la riflessione di Pier Luca Santoro il quale, dopo aver illustrato lo scenario di riferimento dei social network nel nostro Paese, ci proietta nel mondo dei social media e nel rapporto tra questi ultimi e gli utenti




Viene poi analizzato il ciclo di diffusione di una notizia:


In questo scenario la condivisione del lavoro giornalistico assume un significato ben preciso ovvero la sua professione viene proiettata in uno spazio aperto e senza limiti.


E da questa immagine esplicativa è stato approfondito il ruolo del social media editor nelle redazione giornalistiche 





Fonti e Approfondimenti 

venerdì 2 ottobre 2015

#Digit15. Prato 2 - 3 ottobre. Journalism for the future



Dopo il workshop di Luca Attias, Michele Melchionda e Gianni Dominici, L'amministrazione come è e come dovrebbe essere, il festival nazionale del giornalismo digitale tenutosi oggi (prima giornata) a Prato presso la camera di commercio ha proseguito con un approfondimento dal titolo Journalism for the future

Presieduto da Paolo Piacenza, Danilo Fastelli e Marianna BruschiJournalism for the future rappresenta una finestra su quanto è stato presentato a @ONAConf, la conferenza tenutasi a Los Angeles dal 24 al 26 settembre. 



Piacenza ci presenta quindi un piano per l'engagement, traendo spunto da tre personalità giornalistiche di spicco:



Un esempio valido di giornalismo sui social è @reportedly di @acarvin



La parola passa quindi a Danilo Fastelli che travolge il suo pubblico con una frase complessa:



L'obiettivo del giornalismo (ma non solo) è offrire un servizio utile. Per questo la figura del community manager è fondamentale per individuare le comunità,  i gruppi d'interesse e dare voce alla loro causa. Un prodotto giornalistico che è stato presentato a @ONAConf è la newsletter, percepita come prodotto di qualità che offre esperienze concrete ai vari pubblici, rispondendo ai loro bisogni ed esigenze.

Entra in scena Marianna Bruschi che presenta dei tool importanti per una redazione giornalistica (ma i destinatari si potrebbero estendere).