Si parlava di letture, di scrittura, di immaginazione, di mostre e di arte.
“Immaginazione, fantasia: ma niente di simile al favolismo delle fate: niente mille-e-una-notte. Piuttosto che di fiaba, abbiamo sete di avventura. La vita più quotidiana e normale, vogliamo vederla come un avventuroso miracolo: rischio continuo, e continuo sforzo di eroismi o di trappolerie per scamparne. L’esercizio stesso dell’arte diviene un rischio d’ogni momento. Non esser mai certi dell’effetto. Temere sempre che non si tratti d’ispirazione ma di trucco. Tanti saluti ai bei comodi del realismo, alle truffe dell’impressionismo. (…) Ecco la regola di vita e d’arte per cent’anni ancora: avventurarsi di minuto in minuto, fino al momento in cui o si è assunti in cielo o si precipita”.
Mi sembrano calzanti queste parole di Bontempelli (chi mi segue sa quanto amore nutra per questo scrittore, per questo rivoluzionario e per questo critico) in un periodo dell'anno dove si fanno conti e bilanci e qualcosa sembra sempre non quadrare.
“In uno di quegli anni incerti tra giovane e uomo, fui per una notte pellegrino”.
E in uno di questi anni incerti ho finito di scrivere quei fogli bianchi di cui parlavo qui. Ora so di cosa si tratta. So qual è il nucleo di quello che è diventato un libro. Non so quando vedrà la luce, forse è ancora presto.
Nessun commento:
Posta un commento