Intervista a Paolo Pedroni: il pop surrealismo italiano sbarca a Londra

Archetipi, influenze mitologiche e simbolismo: il pop surrealismo di Paolo Pedroni affonda le radici in una ricerca narrativa estetica densa di significati, una ricerca del collettivo che parte dalla sfera personale.
Paolo Pedroni, uno dei maggiori esponenti italiani del pop surrealismo, si racconta in una intervista che è riflessione sulla sua carriera e, al tempo stesso, sull'ascesa del suo essere artista contemporaneo e rappresentante della corrente pop surrealista nazionale. 


Su questo sito non sei nuovo. Sono stati già scritti alcuni articoli sulla tua arte e sul tuo modus operandi soprattutto come uno degli esponenti italiani del pop surrealismo. L'ultima intervista risale al 2013: che cosa è cambiato da allora nel tuo modo di concepire e illustrare il pop surrealismo e nel tuo rapporto con la pittura digitale e a olio?
P.P: In realtà non mi sono mai soffermato ad analizzare i cambiamenti, credo e spero ci sia stata un’evoluzione sopratutto in termini di concetto: nelle opere di oggi provo ad illustrare scene che possono risultare meno immediate ma il cui intento è proprio quello di spingere lo spettatore a porsi ancora più domande e indagare più a fondo.

Nel 2015 hai collaborato con lo stilista Juun J che ha realizzato un'intera collezione con capi sui quali sono state stampate alcune delle tue opere. La presentazione ufficiale della collezione è avvenuta a Parigi a gennaio del 2015 in occasione della settimana della moda. Come è nata questa collaborazione e quali sono le sensazioni che hai provato vedendo dei modelli sfilare "indossando" le tue opere?
P.P: Tutto è successo molto velocemente. ho semplicemente trovato una mail di richiesta da parte loro, ho provato ad indagare su come e quando Juun J avesse scoperto le mie opere ma ho ricevuto risposte vaghe, quindi non so esattamente come questa collaborazione sia nata. È stato un susseguirsi di emozioni mai provate culminato appunto con la sfilata a Parigi... surreale!


Sempre restando all'evento di Parigi: credi che l'esperienza che hai vissuto sia un esempio di come l'arte pittorica possa entrare, in modo totalizzante e appagante, nella vita delle persone e quali sono gli strumenti che l'artista ha a disposizione per realizzare questo obiettivo, secondo la tua personale esperienza?
P.P: Sicuramente questa collaborazione è un esempio di come l’arte pittorica può contaminare altri campi della creatività. Quando c’è l’incontro di più artisti per la realizzazione di progetti, di qualsiasi tipo, è come se gli stessi si mettessero in risalto a vicenda... è come se il proprio messaggio si amplificasse.
Per quanto riguarda gli strumenti, credo che purtroppo o per fortuna, la rete sia il mezzo più potente ed immediato... una grande vetrina virtuale dove non è difficile imbattersi in cose interessanti.

Nella nostra ultima intervista dicevi a proposito del pop surrealismo: "Penso che sia un grande, grandissimo contenitore di talenti, forse l'unica pecca è la forte caratterizzazione del suo immaginario. Tutti, me compreso ovviamente, abbiamo dei riferimenti chiari e precisi che ci inducono a seguire spesso la stessa direzione. La difficoltà sta nel cercare di rendersi originali, unici e nel riuscire a comunicare qualcosa nonostante le similitudini tra gli stili". Sei ancora d'accordo con questa affermazione oppure è cambiato qualcosa nella tua persona e, in generale, nel panorama pop surrealista italiano ed estero?
P.P: Credo che la situazione oggi sia molto diversa. Molti artisti italiani (e non) hanno intrapreso percorsi alternativi. Grazie alla rete abbiamo accesso ad un numero infinito di contenuti ed immagini che volenti o nolenti immagazziniamo ed è molto più facile crescere ed evolversi.

Poison Toffee Apples è stata la tua prima personale tra la fine del 2015 e gennaio del 2016 alla Dorothy Circus Gallery, un evento speciale che ti ha riconfermato tra gli artisti di punta del panorama pop surrealista non solo italiano. Quali sono stati gli elementi caratterizzanti di quell'esposizione? Ho percepito la mostra come un momento di svolta nella tua carriera artistica, è esatta questa affermazione?
P.P: Si direi che Poison Toffee Apples è stato un punto di svolta, per la prima volta mi sono trovato di fronte ad un tema da sviluppare e raccontare in tante sfaccettature. Il concetto sul quale poggiava l’intera mostra è quello dell’accettazione: si “parla” di diversità e amor proprio, di orgoglio e solitudine. E' stato un vero e proprio percorso.



Nella primavera dello scorso anno ti abbiamo visto alla Dorothy Circus Gallery insieme a Camilla D'Errico (artista che amiamo e della quale abbiamo parlato più volte tra le pagine di questo sito). Quali sono gli elementi che, a tuo parere, vi accomunano?
P.P: La doppia personale con Camilla D’Errico è stato un onore e un piacere. Viste insieme le opere calzavano a pennello, sicuramente un punto in comune è che entrambi siamo dei sognatori e questo traspare nelle opere. 








Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti e progetti per il futuro?
P.P: Ad aprile presenterò presso la sede londinese della Dorothy Circus Gallery alcune opere ispirate all’ultimo pezzo “Meteora” già esposto nella stessa galleria. Altri progetti bollono in pentola ma è ancora presto per parlarne...


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Paolo Pedroni nasce a Brescia nel maggio 1983 e sin dall’infanzia coltiva la passione per il disegno.
Il primo vero approccio con l’arte è stato con il Writing e con la Street Art, il mezzo erano i colori spray e le tele i muri delle periferie.
Per educare l’innata propensione al disegno e la passione per l’arte frequenta il Liceo Artistico Vincenzo Foppa della sua città dove al quinto anno partecipa al concorso di scenografia del teatro sociale di Brescia vincendo il primo premio.
Paolo successivamente si diplomerà  all’Istituto Europeo di Design nel 2005.
Pur lavorando nel campo dell’architettura d’interni non ha mai perso di vista la passione per il disegno e la pittura, che lo hanno portato a scoprire la pittura digitale grazie alla quale ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo del pop surrealismo e ad esporre i propri lavori in gallerie Italiane e Internazionali.
Nel 2011 le prime mostre collettive in Italia e nel 2012 inizia la sua collaborazione alla grafica dei tre volumi che raccontano la storia della Dorothy Circus Gallery.
Non dimenticando ne rinnegando l’arte digitale, nel 2014 riscopre la pittura ad olio.
All’inizio del 2015 collabora con lo stilista Sud Coreano Juun J, il quale realizza diversi capi per la stagione FW 15/16 utilizzando alcune opere digitali: The Creator, End of Illusion, Carillon, Applause e Clown. La collezione è stata presentata a Parigi al Palais de Tokio durante la settimana della moda il 23 gennaio 2015.

Per approfondimenti, invitiamo alla consultazione del sito: http://www.paolopedroni.com



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