L'esplorazione umana, a tratti anatomica, del maschio che si forma in una società dove virilità e pienezza emotiva sembrano essere agli antipodi di uno stesso universo è la materia dell'ultimo libro di Francesco Piccolo.
Francesco Piccolo, L'animale che mi porto dentro |
Il maschio che si svela al lettore, che cresce e si forma di pagina in pagina, è un maschio che rifugge quell'universo che Piccolo tenta di esaminare con gli strumenti che la storia gli offre e che spesso coincidono solo con i suoi stessi sensi.
Eppure, per quanto possa scappare, il maschio che vediamo crescere alla fine si abbandona al codice della virilità, perché il bisogno di appartenenza è più forte di qualsiasi gratificazione emotiva.
Perché esiste un codice dei maschi; quasi tutte le sue voci sono difficili da ripetere in pubblico, eppure non c’è verso di metterle a tacere. Tanti anni passati a
cercare di spegnere quel ronzio collettivo per poi ritrovarsi ad ascoltarlo, nel proprio intimo, nei momenti piú impensati. «Dentro di me continuerò sempre a chiedermi: siete contenti di me? sono come mi volevate?».
Il ritmo del libro è cadenzato da analisi letterarie che sfiorano la saggistica. Storia e critica creano un ensemble lirico che, a mio parere, racchiude il piacere di questa lettura. Quando Piccolo abbandona le vesti di scrittore per abbracciare la vena cinematografica che gli appartiene, è in quel momento che ci regala delle pagine di acuta riflessione che meritano, pertanto, la lettura dell'intero romanzo.
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