La strada. Dove si crea il mondo, Maxxi Museum
La strada. Dove si crea il mondo
Fino al 28 aprile 2019
www.maxxi.art | #LaStradaAlMAXXI
Più di 140 artisti e oltre 200 opere per comporre il racconto multiculturale, poliglotta, colorato, spaventoso, stimolante, assordante delle strade di tutto il mondo, il vero grande laboratorio di discussione, creazione, confronto, dove si inventa l’era contemporanea.
Sono scesi in strada con invasioni, sorprese, disturbi, irruzioni, ribellioni; hanno
coinvolto le persone, le comunità, hanno offerto nuovi punti di vista. Sono stati gli artisti, a partire dagli Anni Sessanta, a credere che la strada fosse il nuovo campo di battaglia intellettuale, sociale e politico.
Fino al 28 aprile 2019 il MAXXI dedica a tutti loro, ma anche ad architetti, urbanisti, designer, La Strada. Dove si crea il mondo la mostra a cura di Hou Hanru insieme allo staff curatoriale e di ricerca del museo, capace di trasformare il MAXXI in una intensa e a tratti caotica scena cittadina.
Oltre 200 opere di più di 140 artisti per descrivere uno spazio che non è soltanto una infrastruttura
fondamentale costruita dall’uomo, ma un luogo attraversato da molteplici significati, a volte vittima di bombardamenti visivi e fisici - insegne, pubblicità, telecamere di sorveglianza, immondizia – territorio di sperimentazione di pratiche di sharing e nuove tecnologie, vetrina di progetti nati dalle esigenze delle comunità che la vivono.
Con La Strada il MAXXI diventa una strada-museo, capace di coniugare opere, azioni, eventi e ricerche artistiche, architettoniche, urbanistiche e tecnologiche, concepite da una comunità creativa internazionale, ampliando la ricerca condotta già nel 2017 per la Bi-City Biennale of Urbanism/Architecture di Shenzhen con la quale il museo ha collaborato, sulle esperienze artistiche più iconiche che hanno reinterpretato le funzioni e le identità della strada negli ultimi vent’anni. In questo modo il museo si fa portavoce di una riflessione sul futuro della vita urbana e della società civile, e sulla funzione delle istituzioni artistiche e culturali.
Partendo dalla convinzione che questo spazio sia il luogo in cui si crea il mondo, esso viene analizzato come manifesto della vita contemporanea, scenario e punto di vista privilegiato dell’esperienza del quotidiano, un paesaggio in cui la comunità creativa e quella cittadina danno vita a una nuova comunità e a un nuovo mondo di creatività urbana.
Street Politics (Resistance, Protest, Occupy, Manifest, Feminism and the Carnevalesque…) è il
tema principale della prima parte della mostra, in cui la strada viene descritta non solo come luogo di
celebrazioni e feste, ma anche spazio in cui si dà voce alle tensioni sociali, una arena di protesta e di
resistenza al controllo da parte del potere.
Su un grande muro trovano posto lavori come quelli di Andrea Bowers composti da disegni e copertine di stampa di protesta antirazziale, la grande tela Tutto il resto è noia di Andrea Salvino la cui ricerca è spesso dedicata ai lati oscuri e violenti della storia italiana recente; i collage femministi di Marinella Senatore che ha fatto delle parate cittadine uno dei tratti tipici della sua ricerca, i Demonstration Drawings di Rirkrit Tiravanija e The Devil You Know una stella a cinque punte composta con i lampeggianti delle macchine della polizia di Kendell Geers, artista che alla protesta politica e sociale dedica tutto il suo lavoro sin dagli anni Ottanta. Legati a questo tema anche I lavori di Yang Jiechang e Pak Sheung-Chuen che affrontano ricordi e riflessioni legate agli eventi di Piazza Tienanmen nel 1989 e al Movimento degli Ombrelli per la democrazia a Hong Kong di quattro anni fa; e ancora Sam Durant con Proposal for Public Fountain, offre una riflessione su tematiche sociopolitiche e culturali della storia americana utilizzando una personale interpretazione di
monumento pubblico, mentre Moe Satt con tagli operati nella seta di ombrelli tipici birmani che compongono l’opera Parasol Alternative, disegna una metafora dell’instabile condizione del popolo del Myanmar.
Il nucleo Good Design (Innovation, Limitation and Freedom) comprende opere che dipingono la strada come piattaforma ideale in cui sperimentare innovazioni tecnologiche legate alla comunicazione, la vita, la mobilità. In strada sono stati condivisi approcci e conoscenze che hanno reso possibile non solo una nuova forma di design ma anche nuove condizioni di sostenibilità ambientale e sociale. Tra i lavori legati a quest’area Ciclomóvil di Pedro Reyes,i Velodream di Patrik Tuttofuoco prototipi per una nuova forma di veicoli cittadini sostenibili, e tra gli altri i video di Carsten Nicolai future past perfect e Cao Fei RMB City.
Legato a questo tema anche Macchine d’artista un grande muro di immagini che raccoglie la TOP50 della riflessione artistica sulla protagonista della strada: l’automobile. Partendo dalla creazione di Andy Warhol per BMW nel 1979, questa raccolta comprende le versioni di 40 artisti internazionali di un’icona epocale in termini di mobilità, status sociale e immaginario. Olafur Eliasson, Lucy + Jorge Orta, Nam June Paik, Paola Pivi, Erwin Wurm, Sisley Xhafa e molti altri, ci restituiscono la mistica della mobilità, la critica socioeconomica, la coesistenza fra tecnologia e fai da te, l’ironia e la dimensione della creatività.
Ultimo tema affrontato dalla mostra è MAPPING (Planned / Unplanned, Built / Un-built) in cui vengono evidenziate le caratteristiche comuni tra la ricerca artistica contemporanea e quella architettonico – urbanistica oggi caratterizzata da progetti verticali, sopraelevazioni, sottopassaggi, attraversamenti futuristi o utopici spesso in contrasto con lo spazio costruito e l’utopia urbana della strada come elemento ordinatore.
A questo tema si lega anche, inevitabilmente la questione dei flussi di uomini e merci che proprio nella strada trovano una delle criticità più evidenti. Tra i lavori legati a questi temi Free Post Mersey Tunnel una struttura disordinata composta da tubi di metallo di Rosa Barba, o In extremis (Fragments of Death) il pavimento di asfalto costellato da forme di gatti investiti da automobile di Zhao Zhao.
Accanto a questi i video di Daniel Crooks, Map Office e Zhu Jia. Due timeline che raccontano la strada anche dal punto di vista storico, approfondiscono ulteriormente il tema: RETHINKING THE CITY che racconta la sua evoluzione da un punto di vista architettonico e urbanistico, un itinerario che da fine Ottocento arriva alle visioni post moderniste che comprende ad esempio immagini storiche, il Piano per Algeri di Le Corbusier, immagini di Las Vegas Studio (1966-71) dall’archivio di
Robert Venturi e Denise Scott Brown, il Sistema disequilibrante di Ugo La Pietra e No-Stop City (1970- 1974) di Archizoom. Dedicata invece alla ricerca artistica dagli anni Sessanta ai Novanta del Novecento, periodo cruciale per la formazione della visione attuale, è la timeline Stories of the street in cui materiali documentari diventano una serie di racconti a fumetti realizzati per l’occasione da Liu Qingyuan, dedicati alle vicende emblematiche di alcuni dei protagonisti di queste pratiche, da Vito Acconci a Daniel Buren.
Fino al 28 aprile 2019
www.maxxi.art | #LaStradaAlMAXXI
Più di 140 artisti e oltre 200 opere per comporre il racconto multiculturale, poliglotta, colorato, spaventoso, stimolante, assordante delle strade di tutto il mondo, il vero grande laboratorio di discussione, creazione, confronto, dove si inventa l’era contemporanea.
Sono scesi in strada con invasioni, sorprese, disturbi, irruzioni, ribellioni; hanno
coinvolto le persone, le comunità, hanno offerto nuovi punti di vista. Sono stati gli artisti, a partire dagli Anni Sessanta, a credere che la strada fosse il nuovo campo di battaglia intellettuale, sociale e politico.
Fino al 28 aprile 2019 il MAXXI dedica a tutti loro, ma anche ad architetti, urbanisti, designer, La Strada. Dove si crea il mondo la mostra a cura di Hou Hanru insieme allo staff curatoriale e di ricerca del museo, capace di trasformare il MAXXI in una intensa e a tratti caotica scena cittadina.
Oltre 200 opere di più di 140 artisti per descrivere uno spazio che non è soltanto una infrastruttura
fondamentale costruita dall’uomo, ma un luogo attraversato da molteplici significati, a volte vittima di bombardamenti visivi e fisici - insegne, pubblicità, telecamere di sorveglianza, immondizia – territorio di sperimentazione di pratiche di sharing e nuove tecnologie, vetrina di progetti nati dalle esigenze delle comunità che la vivono.
Con La Strada il MAXXI diventa una strada-museo, capace di coniugare opere, azioni, eventi e ricerche artistiche, architettoniche, urbanistiche e tecnologiche, concepite da una comunità creativa internazionale, ampliando la ricerca condotta già nel 2017 per la Bi-City Biennale of Urbanism/Architecture di Shenzhen con la quale il museo ha collaborato, sulle esperienze artistiche più iconiche che hanno reinterpretato le funzioni e le identità della strada negli ultimi vent’anni. In questo modo il museo si fa portavoce di una riflessione sul futuro della vita urbana e della società civile, e sulla funzione delle istituzioni artistiche e culturali.
Partendo dalla convinzione che questo spazio sia il luogo in cui si crea il mondo, esso viene analizzato come manifesto della vita contemporanea, scenario e punto di vista privilegiato dell’esperienza del quotidiano, un paesaggio in cui la comunità creativa e quella cittadina danno vita a una nuova comunità e a un nuovo mondo di creatività urbana.
Street Politics (Resistance, Protest, Occupy, Manifest, Feminism and the Carnevalesque…) è il
tema principale della prima parte della mostra, in cui la strada viene descritta non solo come luogo di
celebrazioni e feste, ma anche spazio in cui si dà voce alle tensioni sociali, una arena di protesta e di
resistenza al controllo da parte del potere.
Su un grande muro trovano posto lavori come quelli di Andrea Bowers composti da disegni e copertine di stampa di protesta antirazziale, la grande tela Tutto il resto è noia di Andrea Salvino la cui ricerca è spesso dedicata ai lati oscuri e violenti della storia italiana recente; i collage femministi di Marinella Senatore che ha fatto delle parate cittadine uno dei tratti tipici della sua ricerca, i Demonstration Drawings di Rirkrit Tiravanija e The Devil You Know una stella a cinque punte composta con i lampeggianti delle macchine della polizia di Kendell Geers, artista che alla protesta politica e sociale dedica tutto il suo lavoro sin dagli anni Ottanta. Legati a questo tema anche I lavori di Yang Jiechang e Pak Sheung-Chuen che affrontano ricordi e riflessioni legate agli eventi di Piazza Tienanmen nel 1989 e al Movimento degli Ombrelli per la democrazia a Hong Kong di quattro anni fa; e ancora Sam Durant con Proposal for Public Fountain, offre una riflessione su tematiche sociopolitiche e culturali della storia americana utilizzando una personale interpretazione di
monumento pubblico, mentre Moe Satt con tagli operati nella seta di ombrelli tipici birmani che compongono l’opera Parasol Alternative, disegna una metafora dell’instabile condizione del popolo del Myanmar.
Il nucleo Good Design (Innovation, Limitation and Freedom) comprende opere che dipingono la strada come piattaforma ideale in cui sperimentare innovazioni tecnologiche legate alla comunicazione, la vita, la mobilità. In strada sono stati condivisi approcci e conoscenze che hanno reso possibile non solo una nuova forma di design ma anche nuove condizioni di sostenibilità ambientale e sociale. Tra i lavori legati a quest’area Ciclomóvil di Pedro Reyes,i Velodream di Patrik Tuttofuoco prototipi per una nuova forma di veicoli cittadini sostenibili, e tra gli altri i video di Carsten Nicolai future past perfect e Cao Fei RMB City.
Legato a questo tema anche Macchine d’artista un grande muro di immagini che raccoglie la TOP50 della riflessione artistica sulla protagonista della strada: l’automobile. Partendo dalla creazione di Andy Warhol per BMW nel 1979, questa raccolta comprende le versioni di 40 artisti internazionali di un’icona epocale in termini di mobilità, status sociale e immaginario. Olafur Eliasson, Lucy + Jorge Orta, Nam June Paik, Paola Pivi, Erwin Wurm, Sisley Xhafa e molti altri, ci restituiscono la mistica della mobilità, la critica socioeconomica, la coesistenza fra tecnologia e fai da te, l’ironia e la dimensione della creatività.
Ultimo tema affrontato dalla mostra è MAPPING (Planned / Unplanned, Built / Un-built) in cui vengono evidenziate le caratteristiche comuni tra la ricerca artistica contemporanea e quella architettonico – urbanistica oggi caratterizzata da progetti verticali, sopraelevazioni, sottopassaggi, attraversamenti futuristi o utopici spesso in contrasto con lo spazio costruito e l’utopia urbana della strada come elemento ordinatore.
A questo tema si lega anche, inevitabilmente la questione dei flussi di uomini e merci che proprio nella strada trovano una delle criticità più evidenti. Tra i lavori legati a questi temi Free Post Mersey Tunnel una struttura disordinata composta da tubi di metallo di Rosa Barba, o In extremis (Fragments of Death) il pavimento di asfalto costellato da forme di gatti investiti da automobile di Zhao Zhao.
Accanto a questi i video di Daniel Crooks, Map Office e Zhu Jia. Due timeline che raccontano la strada anche dal punto di vista storico, approfondiscono ulteriormente il tema: RETHINKING THE CITY che racconta la sua evoluzione da un punto di vista architettonico e urbanistico, un itinerario che da fine Ottocento arriva alle visioni post moderniste che comprende ad esempio immagini storiche, il Piano per Algeri di Le Corbusier, immagini di Las Vegas Studio (1966-71) dall’archivio di
Robert Venturi e Denise Scott Brown, il Sistema disequilibrante di Ugo La Pietra e No-Stop City (1970- 1974) di Archizoom. Dedicata invece alla ricerca artistica dagli anni Sessanta ai Novanta del Novecento, periodo cruciale per la formazione della visione attuale, è la timeline Stories of the street in cui materiali documentari diventano una serie di racconti a fumetti realizzati per l’occasione da Liu Qingyuan, dedicati alle vicende emblematiche di alcuni dei protagonisti di queste pratiche, da Vito Acconci a Daniel Buren.
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