lunedì 29 giugno 2020

A una certa ora di un dato giorno il romanzo di Mariantonia Avati edito da La Nave di Teseo

Questo articolo è uscito sulla rivista LuciaLibri. 

Arriva un momento nella vita in cui tutti, prima o poi, si scontrano con la realtà dell’Amore che non sempre coincide con la sua stessa idea. L’Amore brucia voracemente, come ricorda Barthes nei Frammenti di un discorso amoroso, attraverso quell’ardore si consuma in modo rapido e inesorabile. Se il tempo si accanisce sull’esperienza amorosa, che cosa resta una volta consumata? Difficile rispondere tuttavia Barthes ci viene, ancora una volta, in aiuto con la struggente immagine dell'”amorosa quiete delle tue braccia” ovvero la ricerca, continua e incessante, per ritrovare la pienezza: «l’appagamento esiste, e io lotterò senza tregua per ottenerlo di nuovo». Eppure, l’amore, ci ricorda Proust, è estensione dell’essere amato «a tutti i punti dello spazio e del tempo che ha occupati e che occuperà»: in parte inafferrabile è colui (o colei) che amiamo. Così appare Luca agli occhi di Emma nella storia raccontata da Mariantonia Avati, A una certa ora di un dato giorno (192 pagine, 17 euro) edito da La Nave di Teseo.



Inaccessibile, impenetrabile, oscuro, a tratti incomprensibile: Luca è l’uomo dentro al quale perdersi, nei suoi occhi Emma rivede le sofferenze e le angosce della sua infanzia. Luca è l’occasione di Emma per riscattarsi dal dolore, per mettere la parola fine al suo passato. Elaborare il lutto di un padre assente anche nella presenza, mai totalmente suo, mai conosciuto fino in fondo, la valigia sempre pronta per essere riempita, il lavoro e gli impegni prima della famiglia. Sempre lontano, fino a scomparire del tutto nell’estate del sedicesimo compleanno di Emma. «La gente cambia, sparisce, e non tutti lo fanno morendo». Le parole di Alice Munro accompagnano Emma nel corso degli anni. Seppur cresciuta, Emma non riesce a distaccarsi dall’idea che, talvolta, l’amore assume molte forme e non sempre la realtà coincide con l’idea che ci siamo fatti.

Luca rappresenta una svolta nella vita di Emma. Anche Luca ha sofferto: la perdita prematura del fratello, i sensi di colpa e le difficoltà quotidiane, l’abuso di droghe. Luca capisce di aver trovato in Emma la persona che può condividere le sue vette senza inorridire dei suoi abissi. E gli abissi di Luca sono profondi. Emma non li teme, li vuole conoscere, vuole sondare le profondità del suo essere, aiutarlo a salvarsi per riscattare se stessa dal dolore più grande. Dalla loro unione nasce Federico, il figlio che verrà preservato dalla tragicità di un amore malato e tossico.

Nel tempo Luca ha tentato di indebolire Emma per rafforzarsi. L’ha usata come usava le sostanze stupefacenti. Quando sono iniziati i ricatti morali? Quando è diventato palese che Luca stava investendo Emma di un compito che, forse, neppure un lungo percorso psicologico e un adeguato sostegno sarebbero bastati per mettere la parola fine alle sofferenze di una intera vita? A che punto della loro storia Emma ha scoperto se stessa, liberandosi dal fardello del passato e da un presente che la stava annientando come donna e come persona?


Mariantonia Avati ci consegna una storia tormentata fatta di vuoti e abissi, di cose taciute e nascoste, di segreti che non trovano pace neppure nel silenzio della nostra memoria. Avati ci consegna una storia in cui rinascita e resurrezione sono possibili, perché se è vero che nessuno si salva da solo è altresì vero che la salvezza nasce dal coraggio con il quale cerchiamo dentro di noi (e non fuori) ciò di cui abbiamo realmente bisogno.


Puoi leggere questo articolo anche sulla rivista LuciaLibri: Avati e la salvezza possibile… cercando dentro di noi

lunedì 22 giugno 2020

FarSi Rivista: La Fondazione Premio Napoli incontra le riviste e i litblog italiani

Informazioni:

FarSi Rivista: ciclo d'incontri sulla divulgazione e critica letteraria
A cura di: Chiara Ghidini e Francesco Morra
Da giovedì 25 giugno a giovedì 16 luglio
Webinar: Incontri sui canali social Fondazione Premio Napoli: YoutubeFacebook e Twitter


Comunicato Stampa

La Fondazione Premio Napoli organizza una rassegna su un ciclo di incontri e confronti con le riviste e litblog italiani, ai fini di una riflessione sulla critica e divulgazione letteraria. Il progetto voluto come momento di apertura e dialogo permanente dal presidente della Fondazione Premio Napoli, avv. Domenico Ciruzzi, è curato dalla giurata Chiara Ghidini e dal bookblogger Francesco Morra. Gli appuntamenti saranno webinar, e quindi esclusivamente online, sugli account social della fondazione, fruibili sia in diretta che in differita e avranno per protagonisti in questa prima fase: Nazione indiana, La balena bianca, Il rifugio dell’Ircocervo, L’indiscreto, minima & moralia, Altri animali e antinomie.

Ogni incontro avrà come protagonista una rivista o blog, con un suo rappresentante di redazione che interloquisce con un esponente della fondazione. Questo primo momento di ascolto partirà giovedì 25 giugno e si concluderà giovedì 16 luglio.

Avvocato Domenico Ciruzzi, Presidente della Fondazione Premio Napoli

“Questa iniziativa – afferma il Presidente della Fondazione Premio Napoli, l’avvocato Domenico Ciruzzi – rappresenta un importante momento di confronto e dialogo con le riviste letterarie che hanno aderito e che svolgono un ruolo essenziale nella divulgazione della critica letteraria. Mi auguro che questo momento rappresenti l’inizio di un’interazione permanente tra le attività della Fondazione, riviste e blog letterari, a sostegno della cultura e della sua diffusione. Un sentito ringraziamento va alla giurata Chiara Ghidini e al bookblogger Francesco Morra per l’impegno profuso nell’organizzazione della rassegna”.

Di seguito il calendario dei primi sette appuntamenti:

  • Giovedì 25 giugno ore 14,00  Nazione Indiana. Interviene Andrea Raos  e dialoga con Chiara Ghidini
  • Venerdì 26 giugno ora 17,00 La Balena Bianca. Interviene Giacomo Raccis e dialoga con Ermanno Paccagnini
  • Giovedì 2 luglio ore 17,00 Il rifugio dell’Ircocervo. Interviene Giuseppe Rizzi e dialoga con  Francesco Morra
  • Venerdì 3 luglio ore 17,00 L’indiscreto. Interviene  Francesco D’Isa e dialoga con Alfredo Guardiano e Chiara Ghidini
  • Giovedì 9 luglio ore 16,30  Minima&Moralia. Interviene  Simone Tribuzio e dialoga con  Chiara Ghidini
  • Sabato 11 luglio ore 10,30 Altri animali. Interviene  Leonardo Ducros  e dialoga con Carmen Petillo
  • Giovedì 16 luglio ore 15,00 Antinomie. Interviene Andrea Cortellessa e dialoga con Domenico Ciruzzi, Ermanno Paccagnini e Alfredo Guardiano

La Fondazione Premio Napoli: storia e attività social 

La Fondazione Premio Napoli è un Ente morale, costituito con D.P.R. 5 giugno 1961. Lo scopo della Fondazione è quello di incoraggiare la produzione culturale italiana e, soprattutto, di favorire la lettura e il dibattito culturale e civile nella città, nella provincia e nell’intera area regionale, disponendole e incoraggiandole, con adeguati strumenti organizzativi, al dialogo con il resto del mondo e, in particolare, con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. La Fondazione promuove la ricerca nel campo della letteratura e, in generale, delle scienze umane e sociali e si adopera per la promozione dell’immagine internazionale della città di Napoli e dell’intero territorio Campano.

Nato nel 1954, il Premio Napoli ha insignito prestigiosi autori della storia culturale contemporanea. Costituisce un unicum nel panorama culturale italiano, sia perché, a differenza di altri riconoscimenti promossi da privati, è promosso da una Fondazione costituita da soggetti pubblici (Comune di Napoli, Regione Campania, Città metropolitana, Camera di Commercio), sia perché animato da migliaia di “giudici lettori”. 

Per coinvolgere un pubblico sempre più social, la Fondazione ha attivato i canali Facebook (che conta più di 6mila iscritti), Twitter (gli hashtag ufficiali sono #PremioNapoli e #PN19), Instagram, Telegram, LinkedIn e Goodreads, il social network dedicato ai libri. La Fondazione si avvale anche della collaborazione di una vasta rete di bookblogger e booktuber con progetti quali “Blogger leggono il Premio Napoli”.

lunedì 15 giugno 2020

L'infinito di amare. Due vite, una notte di Sergio Claudio Perroni

L'infinito di amare. Due vite, una notte è il libro al quale Sergio Claudio Perroni ha dedicato molti anni della sua vita. Scritto, riscritto, ampliato, ripreso. La storia si aggiunge alla storia. L'infinito di me, si legge nella dedica a Cettina Perroni. Ho pensato all'infinito proustiano e, allo stesso tempo, alla finitudine rintracciabile nella Recherche, ho pensato all'intreccio tra corpo e mondo narrato da Merleau-Ponty. Ho pensato a questo quando ho visto il libro di Perroni accanto al quadro di Squarcia dell'89: le trame corrono sulla tela, si intrecciano, si mescolano, si incontrano e si uniscono per poi perdersi e ritrovarsi dando nuova luce al loro iniziale incontro. E questa è solo una delle tante, innumerevoli e infinite possibilità di noi. E dell'amore.

Così introduco il libro sulla pagina Instagram della rivista LuciaLibri, mentre sul sito della rivista ne parlo in rapporto all'esplorazione linguistica ed emotiva che fanno, di questo romanzo, un gioiello della letteratura italiana: L’infinito altrove di Perroni: scrivere e amare


Ne “L’infinito di amare”, libro postumo di Sergio Claudio Perroni che si sviluppa attraverso il ricordo di un momento d’amore e passione tra due amanti, c’è una profonda conoscenza e una ineguagliabile capacità di esplorazione linguistica ed emotiva. E un rapporto fra scrittura e amore che ricorda l’ultima Duras.

Se penso al rapporto tra scrittura e amore, tra necessità della scrittura e bisogno inesauribile di amare, riaffiora l’immagine della produzione ultima di Marguerite Duras quando i suoi scritti diventano occasione di riflessione sulla scrittura, sul senso della parola poetica, sul legame tra la parola e l’immagine: una riflessione che porta alla fusione tra testi scritti e interviste.

La scrittura che arriva da un altrove non identificabile, che proviene dall’ascolto del proprio io, un ascolto che parte dall’esterno e non dall’interno è un altro affascinante aspetto della scrittura durassiana. Si può forse parlare di una continua rifrazione della parola durassiana verso una pluralità di significati: ogni evocazione è caratterizzata da innumerevoli significati non ascrivibili ad una entità simbolica ed unitaria. Si tratta di raggi infiniti e in questa immensità risiede l’ammaliante potere comunicativo di Duras.

«Il piacere assoluto di scrivere senza pensare a niente» sono state le parole di Sergio Claudio Perroni a Cettina Caliò consegnandole parte di quello che, anni dopo, sarebbe diventato il romanzo pubblicato da La Nave di Teseo, L’infinito di amare – Due vite, una notte (128 pagine, 13 euro). Leggendo il libro di Perroni, mi sono nutrita della voce di Duras e della sinfonia delle sue parole, della tendenza a rifrangere immagini e suoni, volti e oggetti verso un’entità sfaccettata, i raggi infiniti ai quali si faceva cenno poc’anzi e che riguardano una profonda conoscenza e una ineguagliabile capacità di esplorazione linguistica ed emotiva.

L’infinito di amare si sviluppa attraverso il ricordo di un momento d’amore e passione tra due amanti. Gli abbracci, gli sguardi, i risvegli, le attese accadono in uno spazio e in un tempo non circoscritti ad un preciso accadimento. Il ricordo dilata e sfuma ogni singola immagine. Una parvenza di temporalità è data dalla suddivisione del romanzo in tre momenti definiti come “Oggi”, “Ieri”, “Domani”. L’impianto narrativo memoriale costituisce l’ossatura del libro tuttavia la storia sfugge a qualsiasi categorizzazione oltrepassando i limiti dello spazio e del tempo. La parola scritta si fa lirica, trasfigura la sua stessa essenza, trascende la sua forma per farsi espressione di un flusso continuo di pensieri ed emozioni.

In uno spazio senza perimetro, in un tempo senza limiti, dalla grammatica emotiva dei ricordi si materializza una storia dilatata da infinite epifanie nelle quali ritroviamo lo scrittore, il narratore, l’uomo ma anche il lettore, colui che si nutre della storia, colui che ha bisogno di cibarsi delle parole e di quelle infinite immagini rifratte su infinite entità. Il tempo della lettura può coincidere con il tempo di recupero della storia. Non sempre ci è dato sapere l’apporto di finzione al racconto, tuttavia, quello che possiamo carpire, nelle infinite rifrazioni che Perroni (ci) ha consegnato, è che, citando Duras, dans la reprise des temps par l’imaginaire que le souffle est rendu à la vie.



Puoi trovare questo articolo anche sulla rivista LuciaLibri. Continua la lettura su LuciaLibri

mercoledì 10 giugno 2020

I finalisti del Premio Strega 2020 e il vincitore del Premio Strega Giovani

Il 9 giugno in diretta streaming dalla Sala del Tempio di Adriano sono stati annunciati i finalisti di questa edizione del Premio Strega e il vincitore del Premio Strega Giovani.
Hanno espresso il proprio voto esclusivamente online 592 tra persone singole e voti collettivi, su 660 aventi diritto (400 Amici della domenica, ai quali si aggiungono 200 voti espressi da studiosi, traduttori e intellettuali italiani e stranieri selezionati da 20 Istituti italiani di cultura all’estero, 40 lettori forti selezionati da 20 librerie indipendenti distribuite in tutta Italia, 20 voti collettivi espressi da scuole, università e gruppi di lettura, tra cui 15 circoli costituiti presso le Biblioteche di Roma).


Come specificato sul sito del Premio Strega e anche in diretta ieri sera, quest'anno accedono alla seconda votazione sei libri anziché cinque secondo l’art. 7 del regolamento di votazione: "Se nella graduatoria dei primi cinque non è compreso almeno un libro pubblicato da un editore medio-piccolo (così definito secondo la classificazione delle associazioni di categoria e le conseguenti valutazioni del comitato direttivo), accede alla seconda votazione il libro (o in caso di ex aequo i libri) con il punteggio maggiore, dando luogo a una finale a sei (o più) candidati".
  1. Sandro Veronesi, Il colibrì (La nave di Teseo) con 210 voti (leggi la recensione)
  2. Gianrico Carofiglio, La misura del tempo (Einaudi) con 199 voti
  3. Valeria Parrella, Almarina (Einaudi) con 199 voti (leggi la recensione)
  4. Gian Arturo Ferrari, Ragazzo italiano (Feltrinelli) con 181 voti (leggi la recensione)
  5. Daniele Mencarelli, Tutto chiede salvezza (Mondadori) con 168 voti (leggi la recensione e l'intervista)
  6. Jonathan Bazzi, Febbre (Fandango Libri) con 137 voti
Di seguito i voti degli altri candidati: Marta Barone, Città sommersa (Bompiani) 142 voti, Giuseppe Lupo, Breve storia del mio silenzio (Marsilio) 126 voti, Silvia Ballestra, La nuova stagione (Bompiani) 122 voti, Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax) 109 voti, Gian Mario Villalta, L’apprendista (SEM) 93 voti, Alessio Forgione, Giovanissimi (NN Editore) 90 voti.

Daniele Mencarelli con il romanzo Tutto chiede salvezza (Mondadori) è il vincitore della settima edizione del Premio Strega Giovani, promosso dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e da Strega Alberti con il contributo della Camera di Commercio di Roma e in collaborazione con BPER Banca. 

lunedì 8 giugno 2020

Premio Strega 2020: la cinquina in diretta streaming il 9 giugno dalle 18.30




Il 9 giugno sul sito di Rai Cultura e su quello del Premio Strega a partire dalle 18.30 in diretta streaming dalla Sala del Tempio di Adriano saranno annunciati i cinque finalisti dell'edizione del Premio Strega 2020. La votazione dei giurati avverrà telematicamente. I dodici candidati presenti saranno intervistati da Loredana Lipperini. Sempre in serata verrà annunciato dal presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico il vincitore del Premio Strega Giovani 2020, scelto da una giuria di studenti tra i 16 e i 18 anni.


Di seguito i nomi dei dodici candidati e alcune recensioni


Silvia Ballestra con La nuova stagione edito da Bompiani proposto da Loredana Lipperini

Marta Barone con Città sommersa edito da Bompiani proposto da Enrico Deaglio

Jonathan Bazzi con Febbre edito da Fandango Libri proposto da Teresa Ciabatti

Gianrico Carofiglio con La misura del tempo edito da Einaudi proposto da Sabino Cassese



Giuseppe Lupo con Breve storia del mio silenzio edito da Marsilio proposto da Salvatore Silvano Nigro



Remo Rapino con Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio edito da Minimum fax proposto da Maria Ida Gaeta


Gian Mario Villalta con L’apprendista edito da SEM proposto da Franco Buffoni

martedì 2 giugno 2020

Storia individuale e collettiva nel romanzo di Gian Arturo Ferrari, Ragazzo italiano

Il processo creativo alla base delle produzioni di Gian Arturo Ferrari si muove sui binari del racconto, prende le mosse dalla catalogazione, dall'archiviazione e dalla conservazione di storie che meritano di essere tramandate. L'osservazione e la riflessione unite all'esperienza: Ferrari ce lo dimostra già in Libro, edito da Bollati Boringhieri nel 2014, un "ragionamento filosofico su cosa sia un libro, e una riflessione su cosa diventerà il libro". Il racconto personale che diventa racconto collettivo, occasione per analizzare l'avvento del digitale e l'importanza delle parole da parte di chi ha avuto (e ha tuttora) un ruolo fondamentale nel settore editoriale e umanistico. Lo stesso amore per il racconto, per la narrazione di una storia individuale che rispecchia la storia collettiva italiana lo ritroviamo nel suo primo romanzo Ragazzo italiano edito da Feltrinelli, nella dozzina del Premio Strega 2020. 


L'Italia del dopoguerra è l'ambientazione da cui prende le mosse Ragazzo italiano. La particolare attenzione di Ferrari ai risvolti psicologici della guerra sui bambini e sugli adulti e all'asprezza di quel periodo storico mette in luce la dicotomia che accompagnerà il lettore durante tutta la lettura: le privazioni emotive ed umane che tutti, grandi e piccini, vivevano in quel periodo, erano contaminate dal bisogno di ricostruire. Una ricostruzione storica che investe tanto l'Italia quanto le singole persone e famiglie che dalle macerie volevano innalzarsi gettando le basi per una nuova società e per un nuovo sentire. 

Inizia in questo contesto un viaggio umano che porta il lettore a conoscere il protagonista, Ninni, l'infanzia trascorsa tra Zanegrate, in Lombardia, e Querciano, in Emilia Romagna. La madre "rimasta una ragazza" gli trasmette l'amore per i libri e per il cinema. Ninni capisce fin dal subito che leggere è un modo per costruire altri mondi, per viaggiare e scoprire. Il padre, invece, è un uomo "di tempi e metodi" che di tanto in tanto esce "da quella specie di nebbia velenosa" che lo avvolge. La nonna è amorevole e lo riempie di attenzioni, le sue storie sono intrise dei ricordi vividi della guerra (come l'aereo Pippo), nei suoi racconti magia e realtà si confondono.

Seguiamo la storia famigliare di Ninni (Piero) ma soprattutto partecipiamo alla sua crescita, le difficoltà scolastiche, le tiepide amicizie, Querciano assume sempre più le sembianze di un rifugio lontano da certe angherie vissute a scuola. Più tardi, le prime infatuazioni sulle note dei versi di Cardarelli, il liceo classico e l'antifascismo, gli anni del benessere e del boom economico che spostano le vacanze condensandole nel caldo e afoso mese di agosto, infine uno sguardo sulla città di Milano, la sua moderna vivacità e le sue contraddizioni.

In questo racconto individuale e collettivo al tempo stesso, osserviamo come la ricostruzione del dopoguerra possa scorrere anche nelle vene dei giovani come Piero, che lontano dal giogo famigliare e dai pregiudizi riescono a costruirsi il proprio posto nel mondo, trovando la loro famiglia e la loro casa. La loro patria. Che non è "un luogo, ma un modo di essere".