Premio Strega 2020: vince Sandro Veronesi con Il Colibrì edito da La Nave di Teseo
Sandro Veronesi con Il Colibrì edito da La Nave di Teseo ha vinto il Premio Strega 2020. Ad annunciare il vincitore, Giorgio Zanchini in diretta su Rai3 dal Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma.
Di seguito la recensione al romanzo Il Colibrì, quando ancora si trovava nella dozzina:
Un momento di esitazione può provocare un cedimento il quale rivelerà una crepa emotiva. Nel tempo, la crepa coinvolgerà le parti strutturali dell'esistenza. È nello spazio di queste ferite che lasciano "il cuore troppo aperto" che si inserisce l'esistenza di Marco Carrera nel libro di Sandro Veronesi, Il Colibrì (La Nave di Teseo). In fondo alla pagina, tra suggestivi debiti letterari, si scorge la prova stilistica più autentica del realismo narrativo italiano.
L'architettura dialoga con le opere precedenti mostrando, in questo romanzo, la volontà di unire gli elementi che da sempre caratterizzano le opere di Veronesi. Una commistione di materiali testuali rielaborati in un libro che procede per accelerazioni temporali e slanci emotivi. Dallo studio di Marco Carrera nel 1999 si passa a una delle tante lettere d'amore scritte dal protagonista nel 1998 e inviate a Luisa, lettere che nel tempo diventeranno mail, testimonianze di un amore che affonda le radici negli anni Ottanta, attraversa i decenni, sembra muoversi ma resta fermo. Cristallizzato nella sua imperfetta dimensione, ammantato dai dubbi, dalle incertezze, dalla mancanza di coraggio, l'amore tra Marco e Luisa è solo una delle tante realtà che corrono sui binari del tempo e dello spazio in questo romanzo.
Altre storie segnano Marco Carrera, come gli accadimenti della sua infanzia, quando da bambino osservava la sua famiglia senza vederla realmente, senza cogliere ciò che sua madre e suo padre erano nella realtà. Una quotidianità anch'essa cristallizzata nel tempo e tale resterà nonostante gli anni e le vicissitudini.
E che dire dell'amico Duccio Chilleri? Che dire del fragore degli aerei e del bisogno di Marco di scappare, di sottrarsi a una vita che talvolta non riesce a riconoscere come tale, nella quale lui occupa uno spazio senza riempirlo veramente, senza viverlo fino in fondo?
Marco Carrera da sempre vive sospeso: dall'alto guarda l'esistenza, la sua stessa esistenza, scorrere e accadere, dipanarsi e rovesciarsi, rimettersi in sesto e distruggersi nuovamente. E quando la bruma dell'oblio è troppo densa per essere ignorata, quando Marco sta per cederle tutto, mente e cuore, si chiede (e chiede a Luisa, sua amante, sua confidente, sua... nonostante il tempo, gli anni, la vita di mezzo e in mezzo) "ma il male – hai presente? Ha dei circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?".
Mentre la storia volge al termine, abbracciando un futuro prossimo a noi, è impossibile non avvertire il peso che le ali del colibrì devono sopportare durante l'esistenza. Come può, un essere così esile, librarsi nell'etere portando un tale fardello? Ci vuole coraggio per stare al mondo e Marco Carrera ce lo dimostra, pagina dopo pagina, ricordandoci che il dolore provato non impedisce di "godere dei momenti in cui tutto sembra perfetto".
Di seguito la recensione al romanzo Il Colibrì, quando ancora si trovava nella dozzina:
Un momento di esitazione può provocare un cedimento il quale rivelerà una crepa emotiva. Nel tempo, la crepa coinvolgerà le parti strutturali dell'esistenza. È nello spazio di queste ferite che lasciano "il cuore troppo aperto" che si inserisce l'esistenza di Marco Carrera nel libro di Sandro Veronesi, Il Colibrì (La Nave di Teseo). In fondo alla pagina, tra suggestivi debiti letterari, si scorge la prova stilistica più autentica del realismo narrativo italiano.
L'architettura dialoga con le opere precedenti mostrando, in questo romanzo, la volontà di unire gli elementi che da sempre caratterizzano le opere di Veronesi. Una commistione di materiali testuali rielaborati in un libro che procede per accelerazioni temporali e slanci emotivi. Dallo studio di Marco Carrera nel 1999 si passa a una delle tante lettere d'amore scritte dal protagonista nel 1998 e inviate a Luisa, lettere che nel tempo diventeranno mail, testimonianze di un amore che affonda le radici negli anni Ottanta, attraversa i decenni, sembra muoversi ma resta fermo. Cristallizzato nella sua imperfetta dimensione, ammantato dai dubbi, dalle incertezze, dalla mancanza di coraggio, l'amore tra Marco e Luisa è solo una delle tante realtà che corrono sui binari del tempo e dello spazio in questo romanzo.
Altre storie segnano Marco Carrera, come gli accadimenti della sua infanzia, quando da bambino osservava la sua famiglia senza vederla realmente, senza cogliere ciò che sua madre e suo padre erano nella realtà. Una quotidianità anch'essa cristallizzata nel tempo e tale resterà nonostante gli anni e le vicissitudini.
E che dire dell'amico Duccio Chilleri? Che dire del fragore degli aerei e del bisogno di Marco di scappare, di sottrarsi a una vita che talvolta non riesce a riconoscere come tale, nella quale lui occupa uno spazio senza riempirlo veramente, senza viverlo fino in fondo?
Marco Carrera da sempre vive sospeso: dall'alto guarda l'esistenza, la sua stessa esistenza, scorrere e accadere, dipanarsi e rovesciarsi, rimettersi in sesto e distruggersi nuovamente. E quando la bruma dell'oblio è troppo densa per essere ignorata, quando Marco sta per cederle tutto, mente e cuore, si chiede (e chiede a Luisa, sua amante, sua confidente, sua... nonostante il tempo, gli anni, la vita di mezzo e in mezzo) "ma il male – hai presente? Ha dei circuiti preferenziali, il male, o si accanisce a caso?".
Mentre la storia volge al termine, abbracciando un futuro prossimo a noi, è impossibile non avvertire il peso che le ali del colibrì devono sopportare durante l'esistenza. Come può, un essere così esile, librarsi nell'etere portando un tale fardello? Ci vuole coraggio per stare al mondo e Marco Carrera ce lo dimostra, pagina dopo pagina, ricordandoci che il dolore provato non impedisce di "godere dei momenti in cui tutto sembra perfetto".
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