lunedì 31 agosto 2020

Gli affamati: l'esordio narrativo di Mattia Insolia edito da Ponte alle Grazie

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista LuciaLibri.


Il romanzo sorprendente di uno scrittore giovanissimo, eppure già maturo
Teresa Ciabatti


Quando ho saputo dell'uscita del romanzo d'esordio di Mattia Insolia, Gli affamati (Ponte alle Grazie), erano i tempi dei festival e degli eventi letterari, tempi che, a pensarci oggi, sembrano lontanissimi. Il Covid ha rimesso in discussione il settore culturale italiano e quello editoriale ha subito di gran lunga gli effetti negativi di uno scenario già di per sé bistrattato. Ed è così che le settimane si susseguivano e l'uscita del romanzo veniva posticipata. 

È passato più di un mese dalla lettura del libro di Mattia Insolia e questo tempo sospeso, fatto di paesaggi, vedute dall'alto e immersioni, mi ha dato la possibilità di riflettere sui protagonisti del suo romanzo, Paolo e Antonio, i fratelli Acquicella. Si potrebbe dire che questo periodo mi ha aiutato a conoscerli meglio, a vedere nei loro gesti d'ira la solitudine di cui forse in tanti soffriamo ma pochi hanno la capacità di mettere a fuoco dandole un nome. Ho avuto modo di capire cosa si cela dietro la paura di Antonio per la bellezza e cosa nasconde Paolo dietro al carattere burbero e violento. Mi sono fermata e ho ascoltato le loro grida e i loro pianti, ho teso la mano al loro modo di amare, impetuoso e irruento, lacerante per quanto possa rappresentare l'esternazione di un sentimento giovanile, abbandonico poiché riassume il distacco traumatico dai genitori. 

I fratelli Acquicella sono giovani. Cresciuti nello spazio geografico claustrofobico di Camporotondo, un paesino del sud Italia, abitano in una casa circondata dai rifiuti, il degrado della terra riflette la solitudine delle loro anime. Perché è questo che sono Paolo e Antonio, rispettivamente ventidue e diciannove anni. Due anime che vagano alla ricerca di qualcosa (o qualcuno) che possa sfamare il vuoto che li attanaglia, alleviare la ferita atavica che si portano appresso, toccare la radice del loro dolore. A nulla servono i compagni di discoteche e bevute, se non come riempitivo, pedine da utilizzare per oltrepassare il limite.

Orfani di padre e abbandonati dalla madre, Antonio e Paolo sanno di poter contare solo su loro stessi e sulla forza della loro unione. L’eredità paterna è un macigno che mina e atterrisce i ricordi di Antonio, mentre per Paolo è un mostro che si impadronisce del suo corpo sfuggendo a qualsiasi controllo. Una storia famigliare torbida e pesante che incide continue sofferenze nella vita dei due giovani nonostante i loro vacui sforzi per tenere lontani i fantasmi del passato. Sarà dalle macerie di questa storia che cercheranno di farsi strada i fratelli Acquicella, “malati di desiderio (…) bruciati di incanti e meraviglie”. 

Di Insolia si è già detto molto. Eppure, a me piace pensare che, al netto di ogni paragone, quello da cui non si può prescindere sia il coraggio di una scrittura lontana dai tabù che si muove su un terreno vischioso e umido, una scrittura che riesce a rappresentare il sesso e la violenza con una naturalezza senza eguali lasciando allo sguardo del lettore qualsiasi forma di giudizio. Non solo. Insolia ha la capacità di scavare nel quotidiano trasformando ogni momento in una serie di fotogrammi iper-realistici dai quali il lettore si sente travolto. 

Affamati o meno, continuiamo a seguire Insolia lasciandoci saziare dalle sue storie.  

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Per leggere l'articolo su LuciaLibri: Anime alla ricerca, la scrittura senza tabù di Insolia 

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