Gli amori di Suzanna Andler di Benoît Jacquot: dal 21 aprile al cinema l'opera di Marguerite Duras
«La parola conta più della sintassi. È soprattutto la parola, senza articoli, che viene e si impone. A seguire il tempo grammaticale, ad una certa distanza».
Per Marguerite Duras non c'è una parola per tutto, non sempre si possono esprimere gli slanci emotivi, l'ebrezza dei sentimenti. Lo vediamo con Lol V. Stein, il suo silenzio si traduce in una «parola-assenza, un buco scavato al centro di un altro buco dove tutte le altre parole sarebbero state sepolte», lo vediamo con la storia della sua infanzia nel libro L'amante «nessuna parola per questo, era troppo presto. Niente conteneva il significato pieno e contraddittorio». Duras affronterà la ricerca dell'universalità della parola anche poco prima di morire «i libri organizzati, regolamentati, conformi. La funzione di revisione che molto spesso lo scrittore ha nei confronti di se stesso. Lo scrittore, poi, diventa il suo stesso poliziotto. (...) Ci sono generazioni di scrittori che fanno libri pudici ma anche libri affascinanti, tuttavia senza estensione. Senza silenzio. In altre parole: senza un vero autore. Libri per il giorno, per hobby, per viaggiare. Ma non libri che si incrostano di pensieri e raccontano il lutto oscuro di ogni vita, il luogo comune di ogni pensiero».
Per entrare nelle parole, nell'assenza della grammatica durassiana è necessario sporcarsi le mani.
«Ritrovarsi in una buca, in fondo a una buca, in una solitudine quasi totale e scoprire che solo la scrittura ti salverà».
Tra i molti che hanno lavorato con lei e seguito questo suo violento rifiuto della sintassi per elevare la parola a testimonianza suprema, quasi inarrivabile, di un impegno verso gli altri (trattasi di impegno politico, sociale e femminista) e verso se stessa, si ricorda Benoît Jacquot, amico e assistente di Duras dagli anni Settanta fino alla sua morte. Oggi Jacquot porta sul grande schermo Gli amori di Suzanna Andler, nelle sale italiane dal 21 aprile e distribuito da Wanted Cinema, la sua personale rivisitazione dell'opera scritta da Marguerite Duras.
Quello che segue è la storia di un'amicizia, quella tra Benoît Jacquot e Marguerite Duras, senza la quale oggi non potremo vedere uno dei soggetti più interessanti della produzione durassiana, Suzanna Andler. L'articolo è uscito sulla rivista letteraria LuciaLibri.
È il 1972 quando un giovane
assistente alla regia e documentarista per la televisione francese suona il
campanello della casa in rue du Dr. Grellière, al civico 1, di Neauphle-le-Château.
Si tratta di un vecchio cottage ricoperto di edera, quattordici stanze che
affacciano, in parte, su un grande giardino. Al primo piano si trova, tra le
altre, la camera da letto che posa lo sguardo sul parco. È qui che
Marguerite Duras trascorrerà le sue giornate, immersa nel silenzio della
campagna di Yvelines. Sono luoghi cari a Duras, paesaggi accarezzati dalla
forza della memoria e dall'energia del quotidiano. È qui che si riconcilia con
i dolori dell'infanzia. Lunghe passeggiate la porteranno a visitare il borgo di
Mareil-le-Guyon e il suo piccolo cimitero, i viali alberati di La
Queue-Les-Yvelines.
Lui si chiama Benoît Jacquot, ha
poco più di vent'anni e sta girando un documentario su Lacan. Lei gli apre la
porta di casa, lo guarda di sottecchi e si lascia andare a un sorriso.
Sorrideranno entrambi prima ancora di presentarsi, come due che ci conoscono da
tempo. È così che Jacquot scoprirà il silenzio di quella casa. Scriverà, Duras,
alcuni anni dopo: «Entrare in quel silenzio era come entrare nel mare, era
insieme felicità e un ben preciso stato di abbandono a un pensiero in divenire,
era un modo di pensare o forse non pensare (…) e già, di scrivere». Tra queste
mura vivranno tutte le donne dei suoi libri e dei suoi film.
Da tempo Marguerite Duras cerca
qualcuno che possa affiancarla nella regia. Non è rimasta soddisfatta dei film
tratti dai suoi libri e così ha vestito i panni della cineasta con La Musica
(1967), Détruire, dit-elle (1969), Jaune le soleil (1971). «Le
era stato detto che avevo apprezzato questi suoi film, la loro forza nuova e
singolare. Lei era alla ricerca di qualcuno per aiutarla nei prossimi, un
braccio destro, come mi ha poi rivelato». E così è stato. Benoît Jacquot
trascorrerà molte ore nella casa a rue du Dr. Grellière, al civico 1, di Neauphle-le-Château
diventando così il braccio destro di Duras nei film Nathalie Granger
(1972), La Femme du Gange (1974), India Song (1975).
Durante il tempo trascorso, i due
parlano animatamente e con trasporto di tutti gli aspetti che riguardano il
cinema. Sono questi momenti a provocare un cambiamento nell'allora giovane
assistente, un cambiamento che ha investito tanto il suo modus operandi
futuro quanto il suo rapporto con Marguerite Duras. Lui ascolta lo sfogo di
Duras su ciò che il cinema rappresenta per lei e per la sua esistenza in cambio
continua tra loro «a regnare la fiducia».
Dopo India Song, Jacquot
si isolerà nella scrittura chiudendosi in una delle quattordici stanze della
casa a Neauphle-le-Château. Sublimazione, astrazione, rifugio. Calarsi nella
scrittura per dare vita alle sue prime sceneggiature: L'Assassin musicien
(1976) e Les Enfants du placard (1977).
Dopo le prime
stesure, Jacquot continuerà a mantenere i rapporti con Duras. Si sentiranno al
telefono quasi tutti i giorni. Sarà proprio una di queste mattine che lei lo
pregherà di andarla a trovare a Trouville, nel suo appartamento che affaccia
sul mare della Normandia.
Qui, un paio di estati dopo, Helene Bamberger realizzerà un reportage fotografico sotto la guida di Marguerite Duras. «Ci siamo subito piaciute e abbiamo iniziato a girare con l'auto di mio padre, una vecchia Peugeot arrugginita. Nell'estate degli anni '80 guidavo io. Gli anni dopo, era Yann. Siamo andate dove voleva. Spesso negli stessi luoghi (Fatouville, Quilleboeuf, Cormeilles, Antifer, Etretat, Jumièges) entro un raggio di cento chilometri intorno a Trouville. Ogni luogo aveva un altro nome e un'altra storia: il ponte Tancarville attraversava il Mekong, le saline sono diventate risaie, abbiamo attraversato le foreste del Canada».
Duras ha questa forza. Attira
chiunque le stia accanto. Ed è quello che accade anche a Benoît Jacquot a Neauphle-le-Château
poi a Trouville. Due anni prima di morire, durante un incontro nell'appartamento
a Trouville, Jacquot chiederà a Duras come mai, tra tutti i film che sono stati
tratti dai suoi libri e tra tutti i soggetti da lei stessa sceneggiati e
diretti, l'unico testo di cui non ha mai voluto parlare è stato quello di Suzanna
Andler (pubblicato nel maggio del 1968 e rappresentato a teatro a Parigi sul
finire del 1969. Insoddisfatta, Duras decide di riproporlo per il cinema nel
1976 con il titolo Baxter, Vera Baxter. Anche in quest'ultimo caso,
l'opera non ottiene il riconoscimento della critica e del pubblico).
Incalzata dalle domande di
Jacquot sul motivo della ritrosia, Duras vorrò sapere il perché di tanta
insistenza. Sarà a questo punto che Benoît Jacquot capirà di essere immerso nel
mondo durassiano tanto da intravedere in quel testo, Suzanna Andler, ciò
che nessuno aveva ancora visto. Jacquot immagina una rivisitazione del soggetto
trascendendo i codici del théâtre de boulevard. «E allora fai un film, usa il
mio testo e fai un film come vuoi tu».
«Marguerite Duras è venuta a
mancare poco dopo. Io non ho più fatto il film Suzanna Andler. Un amico
comune, a cui Duras aveva detto della mia promessa, me lo ha ricordato di
recente e questo è il motivo intimo del mio desiderio insito nella scelta di
questo soggetto».
Gli amori di Suzanna Andler,
nelle sale italiane dal 21 aprile e distribuito da Wanted Cinema, esprime la personale
rivisitazione da parte di Benoît Jacquot dell'opera scritta da Marguerite
Duras. Alla maniera durassiana, Jacquot porta sullo schermo quella donna
nascosta raccontata da Duras, «nascosta dietro la sua classe, nascosta dietro
la sua fortuna, dietro tutti i sentimenti convenzionali e le idee ricevute (…)
ho cercato di lasciarla andare, di darle la libertà». Se Duras annulla i punti
di riferimento del cinema tradizionale, sovvertendo le basi del linguaggio
cinematografico per arrivare, come dirà a Michelle Porte, ad una grammatica
primitiva, molto semplice, quasi elementare: un cinema che ricomincia da capo, Benoit
Jacquot si pone «dietro alle parole, alla ricerca di Suzanna Andler», mettendo
il cinema in una posizione di dialogo libero con le sue stesse strutture. «Vorrei»,
dirà Jacquot, «con la complicità di attori di alto livello, trovare quella
geometria sentimentale» che sta alla base del suo modo di fare cinema.
Rimodulazione delle regole, interpretazione, riscrittura delle stesse a partire
dalle immagini e dai dialoghi. Ed è questo che potremo vedere al cinema dal 21 aprile con il soggetto di Suzanna Andler.
Una villa
disabitata sul mare. Saint-Tropez, nel cuore dell'inverno. Suzanna Andler (interpretata
da una struggente Charlotte Gainsbourg) modula i suoi pensieri e la mente va
ora al marito, Jean Andler, ricco, di buona famiglia e profondamente infedele, ora
all'amante, più giovane di Suzanna.
Moglie, madre,
donna, amica e amante. Chi Suzanna Andler? Il volto di Charlotte Gainsbourg si
riflette nelle vetrate della villa. Da lontano, lo scroscio delle onde, il
richiamo dei gabbiani. La luce è fioca, sta mutando. Sopraggiunge il tramonto.
Immersa in una cornice onirica, proprio come se stesse vivendo un sogno, Suzanna
si scopre nell'impossibilità di affrancarsi da una vita che sembra non
appartenerle.
Insieme a Charlotte Gainsbourg, Niels Schneider, Julia Roy e Nathan Willcocks contribuiscono a mantenere in equilibrio il poema lirico di Duras mentre la macchina da presa di Jacquot cattura gli attori in una continua sospensione tra luci e distanze, spostando l'attenzione ora sull'avvicinamento dei corpi ora sugli sguardi ponendo al centro «le voci dietro alle parole».
Forte dell'amicizia con
Marguerite Duras, Benoît Jacquot decide di tenere fede alla promessa portando
sullo schermo un personaggio femminile conturbante e universale perché è giunto
il momento che si conosca la forza atemporale di Suzanna Andler.
Gli amori di Suzanna Andler
Festival / Film Awards
2021 International Film Festival Rotterdam
2021 Torino Film Festival
TITOLO ORIGINALE: Suzanna Andler
REGIA: Benoit Jacquot
GENERE: Drammatico
CON: Charlotte Gainsbourg, Niels Schneider, Nathan Willcocks, Julia Roy
PRODUZIONE: Francia 2020
DURATA: 91 min.
SUPPORTI PROIEZIONE: DCP, BLU-RAY DISC, DVD, MP4
LINGUA: Doppiato e Versione Originale (Francese) sott. ita
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