In occasione dell'uscita del
nuovo libro di Simonetta Neri, Viaggiatrici alla Cascata delle Marmore. Nel
giardino della natura (Minerva, 2022) pubblico l'intervista dello scorso anno a
proposito del libro Le viaggiatrici del Grand Tour edito da Il Mulino nel 2020 (scritto
con Attilio Brilli).
Intorno al 2005 ebbi la fortuna
di frequentare il corso accademico sulla storia dell’editoria italiana del
professore e critico letterario Gian Carlo Ferretti. Fu uno dei corsi più
intensi di quegli anni per vivacità culturale ed eleganza letteraria e ne conservo,
tuttora, un ricordo appassionato. Ebbene, conversare con Simonetta Neri, già
traduttrice, professoressa e scrittrice, ha smosso quei ricordi vivissimi circa
l’editoria italiana, ricordi attraversati da quel romanticismo proprio di chi,
come la ragazza che ero nei primi anni 2000, si affaccia per la prima volta al
mondo delle lettere e delle arti. Dal piacevole incontro è nata questa
intervista, che inizia con il lavoro sulla scrittura sull’ultima fatica
letteraria di Neri scritta con il professor Attilio Brilli, Le viaggiatrici del
Grand Tour. Storie, amori, avventure pubblicata dalla casa editrice Il Mulino
nel 2020. Leggere questo libro, tenendo d’occhio le opere letterarie che lo
attraversano, direttamente e indirettamente, offre molti vantaggi, primo fra
tutti una completa panoramica sul ruolo della donna in relazione al viaggio e
all’ambiente circostante tra la fine del Settecento e l’Ottocento.
Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure pubblicato dalla casa editrice Il Mulino nel 2020 è il libro scritto con il professor Attilio Brilli, esperto di letteratura di viaggio. Come è nato il libro, quale lavoro, in termini di ricerche e raccolta documenti, ha implicato e come ti sei mossa nei confronti del materiale letto e analizzato?
Possiamo dire che tutto ha inizio nel 2002 quando, con il professor Brilli, esperto di letteratura di viaggio, pubblicai, con la collaborazione di Gabriella Tomassini, Il fragore delle acque. La cascata delle Marmore e la valle di Terni (24 Ore Cultura) nell’immaginario occidentale una guida che ha varcato i confini della provincia. Il fragore delle acque ci diede modo di presentare la cascata così come è apparsa ai viaggiatori del Gran Tour quale una delle mete dei giovani rampolli dell’Europa del nord che suscitava grande emozione da un punto di vista naturalistico e non solo. Io e Gabriella Tomassini siamo state chiamate a collaborare a un’opera che potesse raccogliere tutte le voci di viaggiatori che avevano visitato la Cascata delle Marmore. Notammo, allora, che molti erano nomi di donne e questo ci incuriosì per quel tempo lontano. Successivamente abbiamo collaborato ad altri progetti, quali traduzioni e volumi, senza scordare il lavoro fatto sui viaggiatori e viaggiatrici in visita alla Cascata. Abbiamo continuato a raccogliere sempre più informazioni su queste donne in viaggio. Ci siamo concentrati sia sulle personalità ma soprattutto sulle opere, quindi il lavoro successivo ha rappresentato la raccolta di opere che spesso non erano in commercio (da questo punto di vista il reperimento di documenti online oppure tramite biblioteche sia nazionali sia inglesi o americane è stato preziosissimo). Alla fine, abbiamo raccolto molto materiale. Dopo aver lavorato a lungo su questo materiale si è pensato di creare un libro che ha coinvolto circa un altro anno e mezzo di lavoro sulle viaggiatrici del Gran Tour la cui ambientazione è tra Settecento e Ottocento.
Viaggio e donne. Quale similitudine hai rintracciato, durante gli studi e la preparazione del libro, tra il viaggio (fisico e interiore) e l’universo femminile?
Le donne in viaggio erano donne
già particolari; non si può confrontare il viaggio del primo Novecento fino ad
arrivare ai giorni nostri con il viaggio delle donne del Settecento. Queste
ultime erano donne che avevano cultura e aspiravano a dimostrare la loro
preparazione e il loro desiderio di approfondire lo spirito che le animava
verso la conoscenza. Inoltre, erano donne che desideravano dimostrare la loro
autonomia, desideravano uscire dagli schemi fissi che, da sempre, avevano
relegato la donna entro un cerchio, un giardino molto stretto. Erano donne
eccentriche, orgogliose di essere considerate quali donne che potevano
affrontare un viaggio in carrozza e anche capaci di esprimere idee. Non erano
donne che si limitavano a scrivere ciò che accadeva durante la giornata ma
davano opinioni sulla bellezza estetica del luogo, sulle persone che
incontravano, sui sistemi politici e governativi dei vari stati, come ad
esempio giudizi su Napoleone. Quasi tutte queste donne appartenevano a un
livello sociale elevato. Questo discorso si può aprire a tante considerazioni:
ci basterà ricordare Lady Blessington che ha sofferto la segregazione del
proprio corpo, di nascosto incontrava una maestra per poter leggere, poi il
padre l’ha venduta in cambio di pochi soldi, il primo marito ha fatto lo stesso
e questa catena di dolore non si è più spezzata. Blessington è diventata
succube dell’onnipotenza del patriarcato, tuttavia è riuscita a diventare una
gran dama di spirito, appassionata della poesia di Byron tant’è che arrivata in
Italia, a Genova, ripercorre tutti i luoghi da lui visitati. Vite avventurose,
quelle di queste donne, dove l’esperienza drammatica viene superata dal
desiderio di conoscenza e rivalsa verso il maschio dominante.
Un nome tra tutte: Mary Shelley.
Lei rappresenta la donna in perpetuo viaggio, la donna più carismatica del suo tempo e profondamente pre-romantica, la donna che riesce a sprigionare quella forza di sentimento che forse nessun’altra aveva espresso in quel periodo. Mary Shelley è anche la donna fuga, in perpetua fuga, per non accantonare mai i suoi desideri, colei che fugge in Francia al seguito di Percy Bysshe Shelley per poi rientrare in Inghilterra. I suoi continui viaggi, compresa la visita in Italia, accrescono la sua creatività. Le sue prime produzioni non vengono direttamente firmate con il suo nome e questa è una caratteristica delle donne del Grand Tour le quali, quando pubblicano, non firmano o non usano il proprio vero nome. Mary Shelley, che per tutta la vita ha avuto un rapporto tormentato e ricco di incomprensioni con il padre e provata dalle numerose umiliazioni in società, riesce a riscattarsi anche e soprattutto attraverso la scrittura.
Si tratta quindi di donne che, nonostante le difficoltà sociali e sentimentali, sentono il bisogno di imporre la loro voce, di diventare visibili.
Esatto. Tutte le sedici donne
descritte, pur nelle loro diversità, riescono a dimostrare la loro
emancipazione, costruendo la loro identità fuori da quel cerchio nel quale il
patriarcato voleva relegarle. Oltre a Mary Shelley potrei citare Madame de
Stael che scrive Corinne: or Italy, libro-monumento della letteratura femminile.
Donne anticipatrici del femminismo.
Diciamo che si tratta di donne
non così attratte dal femminismo ma ne diventano l’espressione senza averne la
bandiera, il loro essere donna è in se stesse. Con loro inizia a riconoscersi
la donna quale essere pensante non solo in funzione della famiglia, al servizio
del marito e dei figli. La donna non è più colei che è costretta a studiare le
maniere per prepararsi alla società ma è tanto di più.
E questa capacità di esprimere loro stesse vien scoperta soprattutto durante i viaggi in Italia.
L’Italia è la terra amata e
sognata che, difatti, rappresenta il luogo di realizzazione completa della loro
formazione culturale e di un modo di vivere libero e drammatico. Fondamentale
per queste donne in viaggio è l’incontro con dame senza trucco e senza
parrucche, che ridono liberamente come nella corte di Napoli. Questi incontri
destabilizzano le dame d’Inghilterra così abituate al rigore. L’Italia è anche
il Paese dove è possibile la ricerca dell’indipendenza politica (ad esempio con
la conoscenza dei giovani carbonari: queste dame nutriranno una grande simpatia
per questi giovani che si stavano preparando a creare un’altra visione
dell’Italia). Infine, il nostro Paese è patria dell’arte e del mondo antico con
i suoi resti e reperti storici: la bellezza del paesaggio e la natura
incontaminata saranno elementi fondanti per le opere e gli animi di queste
donne in viaggio. Da questo punto di
vista si può sottolineare la diversità di sguardo sul paesaggio tra l’uomo e la
donna: mentre l’uomo descrive magistralmente il paesaggio ma la sua
osservazione tende alla sopraffazione, la natura deve piegarsi al suo sguardo;
la donna, al contrario, si immerge totalmente, si getta nel paesaggio e sa
leggere il messaggio della natura (stupenda è l’immagine di Mary Shelley che
legge nel foro romano). Per la donna la vicinanza con la natura e il paesaggio
italiano rappresentano la possibilità di esprimere se stesse apertamente.
E a proposito dello sguardo femminile sul paesaggio e sulla natura, come puoi descriverci il tuo sguardo e il tuo rapporto con la tua terra anche alla luce delle tue pubblicazioni sulla Valnerina e sull’Umbria?
Sono nata nella Valnerina e c’è
un amore di conoscenza e di crescita che mi lega a questa terra. Ho scritto una
guida su Terni, conosco la città molto bene da un punto di vista storico, dalle
civiltà più antiche fino alla contemporaneità in cui è immersa Terni, una
contemporaneità caratterizzata dall’attesa di trovare qualche realizzazione
diversa. Spinta da un amore che ho ereditato dalla mia famiglia e anche da uno
studio costante, mi sono accorta che la nostra è una terra amata da chi è in
viaggio, una terra dove i viaggiatori e le viaggiatrici di tutti i tempi
trovano la libertà nel contatto stretto con la natura. La bellezza di alcuni
luoghi, come la Cascata delle Marmore, ci fa comprendere quei concetti, di
meraviglia e stupore, tali che ammirare proprio questi luoghi, e il loro
splendore così mutevole, ci porta a riflettere sul continuo mutare umano sempre
uguale ma al tempo stesso diverso.
Proprio sulla Cascata delle Marmore e sulle donne in viaggio, Simonetta Neri ha dato alle stampe Viaggiatrici alla Cascata delle Marmore. Nel giardino della natura pubblicato da Minerva Edizioni.
Protagoniste di questo libro, le viaggiatrici del Grand Tour si sono dimostrate le interpreti più sensibili del grandioso spettacolo costituito dalla Cascata delle Marmore. Intrepide, vi giungevano da Terni, risalendo la Valnerina a bordo di calessi o in groppa a muli, e una volta giunte alla meta contemplavano il flusso poderoso delle acque sul quale proiettavano le loro più intime sensazioni. Furono costoro attente osservatrici di un ambiente paesaggistico, al cui fascino hanno cooperato l’esuberanza della natura e l’ingegno dell’uomo, e descrissero con ricchezza di dettagli e profonda sensibilità uno scenario di sublime bellezza costituito da acque irruenti, aspre montagne e piccoli borghi incantati. La capacità delle viaggiatrici di analizzare l’impareggiabile vegetazione che abbraccia, rimanendone irrorata, il precipitare delle acque è sorprendente e non ha riscontro nel più frettoloso sguardo maschile. Nel 1869 Elisabetta Fiorini Mazzanti affermava che visitare la Cataratta del Velino è desiderio di chi è sensibile al bello della natura, ma molto di più lo è per l’artista che dipinge questo stupendo scenario, o per il botanico il quale rimane estasiato da una vegetazione assai rara che, nata in questo microclima, contribuisce non poco alla ricchezza naturalistica del luogo. Teste coronate e colte viaggiatrici di ogni parte del mondo hanno consolidato con i loro scritti il mito della Cascata come spettacolo paesaggistico, creazione storica e fonte di energia pulita, facendo nascere nel lettore d’oggi il desiderio di visitare una grandiosa caduta d’acque che per secoli è stata una tappa essenziale del viaggio in Italia.