In occasione della Giornata
internazionale delle donne nella Matematica, che si celebra il 12 maggio (data
scelta dall’International Mathematical Union nel 2019, per ricordare la
matematica iraniana Maryam Mirzakhani nata a Teheran il 12 maggio 1977 e scomparsa
prematuramente il 15 luglio 2017), ripropongo un mio articolo di
approfondimento dedicato alle donne nella scienza: il gender gap e
l’emarginazione della voce femminile.
Raccontare le donne nella scienza
significa immergersi in una storia di emarginazione femminile. La questione
sottende un gender gap che, se sul piano etimologico, linguistico e semantico
ha assunto velleità differenti rispetto ai secoli passati (basti pensare alle
forme femminili dei nomi nelle professioni spesso relegate in posizioni
subalterne, non ufficialmente riconosciute oppure utilizzate con valenza
dispregiativa), sul piano sociale e culturale il divario continua a dimenticare
la voce e il corpo femminile.
«Donna, alle donne è ornamento il
silenzio». È il monito di Aiace che, probabilmente, riprende la nota
espressione proverbiale, «ornamento per la donna è il parlare poco».
Volendo restare nel passato,
l’avvento del Cristianesimo ha contribuito ad una sorta di esclusione della
donna dalla vita sociale poiché essere inferiore, seconda all’uomo (difatti si
tramanda che il corpo femminile serve all’uomo affinché quest’ultimo non si
senta solo).
Silenzio, obbedienza e fedeltà,
come si ravvisa da queste testimonianze classiche, sono qualità che
accompagneranno la donna durante tutto il periodo medioevale. Alla donna spetta
il ruolo di angelo del focolare. Nonostante lo scorrere dei decenni, il sapere
scientifico-matematico è pressoché inaccessibile alle donne.
L’era della rivoluzione
scientifica non incide sulla marginalità della donna che, al contrario, viene
ampiamente sostenuta e argomentata da molti filosofi: Kant asserisce come la
mente solida e laboriosa sia propria dell’uomo e che, pertanto, le donne non
possono in alcun modo capire e conoscere le scienze matematiche; analogamente
Rousseau è un ardito sostenitore della frivolezza e della volubilità dell’animo
femminile che, di conseguenza, non può accedere alla matematica e alla scienza.
L’assenza delle donne nella
scienza riflette una carenza del pensiero: la società ragiona in termini
maschili e parla una lingua maschile, si adegua alla volontà del maschio e
insegna alle donne, da tempi immemori, il silenzio. Quante sono le figure
femminili che, nella storia, hanno imparato il silenzio? Tacita, Penelope,
Maria… figure mitiche, ancelle di padri-padroni, mariti onnipotenti e
onnipresenti, figure alle volte private del volto e del corpo. Nicoletta
Polla-Mattiot ha ridato voce a queste figure nel suo recente saggio, Singolarefemminile. Perché le donne devono fare silenzio (Mimesis Edizioni, 2019): un
viaggio nel tacere femminile, scelto e imposto, cercato e subito, e nelle donne
che lo incarnano: eroine letterarie, personaggi reali o d’immaginazione,
archetipi in cui risuona il destino comune e pur tuttavia l’esperienza
singolare femminile.
I primi nomi di donne nella
scienza sfuggiti all’obliterazione compaiono nel Settecento: Gabrielle Émilie
Le Tonnelier de Breteuil, matematica, fisica e letterata francese, e Maria
Gaetana Agnesi, anch’essa matematica (autrice di due volumi), filosofa,
teologa, accademica (le venne offerta la cattedra di matematica all’Università
di Bologna), traduttrice, donna di grande cultura, spirito libero fino alla morte.
Negli stessi anni, è da ricordare
l’italiana Laura Bassi, ricercatrice e docente. Nel 1749, Bassi fondò presso la
sua abitazione a Bologna una Scuola di Fisica Sperimentale. Il centro di
ricerca divenne famoso in molti Paesi dell’Europa tanto che nel 1776 il Senato
le conferì la cattedra di Fisica sperimentale presso l’Istituto delle Scienze
(fondato nel 1714 a Bologna da Luigi Ferdinando Marsili).
In uno studio articolato, Jenny
Boucard e Isabelle Lémonon parlando delle donne nella scienza (dalla matematica
alle scienze astratte) hanno analizzato come per tutto il Settecento e parte
dell’Ottocento, era radicatala convinzione secondo la quale l’estromissione
delle donne dallo studio delle materie scientifiche e matematiche fosse
indispensabile al fine di salvaguardare la salute e l’integrità fisica delle
donne stesse.
Dobbiamo attendere la fine
dell’Ottocento per vedere la prima donna insignita del dottorato di ricerca in
matematica: Sofja Kovalevskaya, di origini russe.
L’obliterazione femminile continuerà
a rimanere invariata fino ai primi del Novecento. Successivamente, sono tanti i
nomi che hanno ricoperto (e ricoprono tuttora) ruoli di spicco in campo
scientifico. Solo per citarne alcuni: Grete Hermann, scienziata, filosofa,
politica e docente; Grace Murray Hopper, docente universitaria (dopo aver
ottenuto il dottorato di ricerca in matematica a Yale), voce di spicco del
panorama informatico americano e internazionale; Amalia Ercoli Finzi,
accademica, scienziata e ingegnere aerospaziale al Politecnico di Milano;
Albina Messeri, botanica, ricercatrice e docente universitaria; Marie Curie,
premio Nobel per la fisica e premio Nobel per la chimica; Luciana Bianchi,
professoressa e dirigente di ricerca al Dipartimento di Fisica e Astronomia
della Johns Hopkins University a Baltimora; Margherita Hack, una delle più
grandi astrofisiche e scienziate della storia italiana nonché accademica e
divulgatrice scientifica; Rita Brunetti, fisica italiana; Lydia Monti, nominata
ordinario di Chimica farmaceutica e tossicologica dell’Università di Siena nel
1940, di cui è stata preside dal 1958 al 1960; Elena Cattaneo, tra i massimi
esperti italiani e punto di riferimento internazionale nello studio delle
cellule staminali e delle malattie neurodegenerative; Fabiola Gianotti, fisica
italiana e direttrice generale del CERN di Ginevra; Rita Levi Montalcini,
insignita del premio Nobel in area scientifica.
Impossibile fare un elenco
esaustivo di tutte le donne nella scienza dimenticate, volutamente o meno,
dalla Storia. A dare loro voce, oltre alla già citata Nicoletta Polla-Mattiot,
ricordiamo anche il volume di Elisabetta Strickland (professoressa ordinario di
Algebra presso l’Università di Roma Tor Vergata), Scienziate d’Italia.
Diciannove vite per la ricerca (Donzelli, 2011) il cui intento ha una doppia
natura «rendere un tributo al lavoro caparbio delle scienziate italiane e alla
loro straordinaria intelligenza, e riflettere sul ruolo della donna nella
ricerca e sui principali ostacoli alla parità nel mondo scientifico».
Per bambini e adolescenti vi è la
collana pubblicata da Editoriale Scienza e dedicata alle donne nella scienza,
biografie illustrate e sapientemente raccontate in cui il percorso
professionale «si intreccia con quello delle vicende personali e degli affetti,
nonché con gli interessi, le passioni e i sentimenti che animavano queste
scienziate».
Di più recente pubblicazione è il
saggio di Caroline Criado Perez, tradotto nel 2020 da Carla Palmieri per
Einaudi. Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati
alla mano: è il titolo del libro di Criado Perez che ci pone difronte a una
verità allarmante: «le storie che ci raccontiamo riguardo al nostro passato, al
presente e al futuro sono tutte contrassegnate da una presenza-assenza che ha
la sagoma di un corpo femminile. È il gender data gap, la mancanza di dati di
genere». «È importante chiarire sin d’ora che l’assenza di dati di genere»
precisa Criado Perez «non è sempre malevola, e neppure premeditata. Spesso è
solo la conseguenza di un modo di pensare che esiste da millenni e che, in un
certo senso, è un modo di non pensare».
Alla fine di ogni giornata ci si chiede che cosa ne sia rimasto. E anche oggi, ci chiediamo se la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza e la Giornata internazionale delle donne nella Matematica abbiano contribuito a gettare le basi per la costruzione, vera e concreta, della parità di genere, affinché il corpo femminile non sia più costola di uno maschile, affinché non vi siano più donne costrette a costruirsi o “inventarsi” una stanza tutta per sé, affinché nessun uomo debba più spiegare le cose alle donne mettendole a tacere, affinché nessuna donna sia più costretta o invitata a fare un passo indietro. In una frase sola, ci chiediamo se queste giornate abbiano contribuito all’uguaglianza di genere affinché il nostro sesso non sia più secondo a nessuno.
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