--Voce alle Donne--
“Le tenebrose risonanze della parola comunista si confondono, nella mia infanzia tra guerra fredda e ricostruzione, alla sensazione dell’ineguagliabile calura della campagna, in cui ogni estate dei conoscenti di famiglia ci ospitavano: fara di scirocco dove d’improvviso si spegneva il sibilo dell’insetto, mentre i lavoranti stagionali continuavano a raccogliere cotone dalle basse pianticelle, o a completare, foglia dopo foglia, i lunghi filari di tabacco da appendere ai telai ed essiccare al sole; talvolta un estemporaneo gioco per me, ignara – nella circoscritta temporalità dell’infanzia in cui la conoscenza della vita coincide con l’immediata, e impotente, esperienza di essa – delle loro dure condizioni lavorative, così come nulla sapevo delle lotte contadine di quegli anni in Sicilia. Dei comunisti, invece, e della Russia seppi subito, da mio padre, grande lettore di giornali, al ritorno dall’ufficio dove ogni giorno si recava con mezzi di fortuna – un passaggio su un carretto, l’autobus e spesso a piedi – ci riferì che la Madonna piangeva a Siracusa; per colpa dei comunisti, aggiunse: terrifica parola che qualche anno dopo sentii ripetere con orrore e sgomento dalle suore dove, con grandi sacrifici alimentari di tutta la famiglia, andavo a scuola”.
Di Concetta e le sue donne, Maria Attanasio