mercoledì 20 novembre 2024

L'autobiografia in movimento di Deborah Levy. Cose che non voglio sapere

Cose che non voglio sapere è il primo volume dellautobiografia in movimento di Deborah Levy pubblicato da NNeditore, un’opera di rara intensità e profondità che intreccia memoria, riflessione personale e analisi del processo creativo. Scritto come una risposta intima e femminista al celebre saggio di George Orwell "Perché scrivo", questo memoir, romanzo-saggio, si articola in quattro sezioni che ripercorrono momenti chiave della vita dell’autrice, esplorando il significato della scrittura, dell’identità e della resilienza. 


Attraverso la lente di esperienze personali (dall’infanzia in Sudafrica durante l’apartheid alla vita adulta in Europa), Levy racconta di come le pressioni politiche, culturali e familiari abbiano plasmato la sua voce di donna, poi diventata voce narrativa in dialogo continuo con le voci di altre donne e scrittrici che, nel tempo, l'hanno plasmata: Virginia Woolf, Simone De Beauvoir, Marguerite Duras. La prosa di Levy, lirica e incisiva, alterna ricordi vividi e riflessioni più ampie, con immagini potenti che emergono quasi fossero fotogrammi intrisi di emozione. 



Levy esplora cosa significhi essere donna, scrittrice e madre in un mondo che spesso cerca di mettere a tacere queste identità. Personale e politico si intrecciano in queste pagine, mostrando come i traumi collettivi (il razzismo e il patriarcato) diventeranno parte delle fragilità individuali per poi trasformarsi in momenti da cui affrancarsi. 


L’urgenza di scrivere come atto di sopravvivenza e affermazione: questo dimostra Levy attraverso il gesto della sua scrittura che non rimane isolato ma si collega a qualcosa di più grande che gira attorno a lei, a una Storia collettiva nella quale tutti siamo coinvolti.


lunedì 18 novembre 2024

bell hooks, Feminist Theory: From Margin to Center

--Voce alle Donne--


“La marginalità è un luogo radicale di possibilità, uno spazio di resistenza. Questa marginalità, che ho definito come spazialmente strategica per la produzione di un discorso contro-egemonico, è presente non solo nelle parole, ma anche nei modi di essere e di vivere. Non mi riferivo, quindi, a una marginalità che si spera di perdere – lasciare o abbandonare – via via che ci si avvicina al centro, ma piuttosto a un luogo in cui abitare, a cui restare attaccati e fedeli, perché di esso si nutre la nostra capacità di resistenza. Un luogo capace di offrirci la possibilità di una prospettiva radicale da cui guardare, creare, immaginare alternative e nuovi mondi. Non si tratta di una nozione mistica di marginalità. E’ frutto di esperienze vissute


bell hooks, Feminist Theory: From Margin to Center, 1984