Scopro Alice Rivaz, questa autrice definita da Annie Ernaux sorella di femminismo.
Un estratto dal suo libro La pace degli alveari, (Paginauno edizioni, 2019)
“Credo di non amare più mio marito. E pensare che tutta la mia famiglia immagina sia l’uomo della mia vita, dato che ho penato così tanto e così a lungo per lui, ho lavorato per lui, a causa sua. Ma è da questo che si misura forse l’amore? Io non credo. Quel che misura, ciò di cui è testimonianza non è piuttosto una certa obbedienza a un destino? Obbedienza, sì, il termine più vero di quello di amore e che a poco a poco lo sostituisce, quando le squame cominciano a caderci dagli occhi e osiamo chiamare gli esseri e i sentimenti con il loro vero nome, quando quelli che chiamiamo mio marito ci appaiono per ciò che realmente sono, forse traghettatori che non sanno quel che fanno, però lo fanno affinchè dietro di loro, nella loro ombra, imbarcate con loro in questo passaggio da una riva all'altra, non ci sia dato di conoscere in solitudine i mulinelli, la spuma delle onde, affinchè non restiamo senza compagno, e senza testimone durante la traverata. Ma com’è difficile vedere un semplice compagno in colui che tanto a lungo è stato qualcos’altro. E poi! Che razza di compagno! Lui che è per l’appunto così poco tagliato per vivere con noi, lui che non apprezza le nostre stesse cose, non desidera le nostre stesse cos’è attirato da ciò che non amiamo, indifferente e talvolta ostile verso quel che amiamo. Quanto gli preferirei a questo punto la compagnia di un’amica, di una madre. Il fatto è che loro appartengono a una specie diversa dalla nostra. L’avevo capito già da piccola. E’ tra di loro che dovrebbero trascorrere la vita, inseguire il proprio destino. Del resto solo tra loro sono sono davvero felici, davvero autentici, senza di noi”.
Nessun commento:
Posta un commento